FRANCESCO
MANOTTI mat. 120939
lez. del 18/10/01 h. 16.30-18.30
Energia : definizione ed esempi
Argomento
di questa piccola relazione sarà l' energia, della quale analizzeremo
alcune sue forme ed aspetti, vedendone poi la applicazione pratica nella risoluzione
di problemi affrontati in classe.
Dare
una definizione di energia non è semplice, ma in generale possiamo dire
che l'energia è una grandezza fisica che si definisce come la capacità di
compiere lavoro. E' d' obbligo però prendere questa definizione con cautela,
cercando di interpretarla a seconda delle varie forme nelle quali si presenta
l' energia e delle situazioni del caso. Possiamo ancora aggiungere che l'
energia “non si crea e non si distrugge”, è quindi una grandezza data, finita:
i processi che “usano“ o “producono“ energia in realtà si limitano solo a
modificarne l'aspetto, a trasformarla o degradarla da una forma più o meno
pregiata ad un' altra.
Unità di misura dell' energia è
il Joule, simbolo “ J “, che si dimensiona come kg·m² / s².
Sempre
legato al concetto di lavoro e facilmente confondibile con quello di energia vi
è quello di potenza. Tale grandezza può essere intesa come “ velocità
con la quale si fornisce lavoro ”, ossia quantità di lavoro su unità di tempo:
infatti moltiplicando la potenza per il tempo otteniamo la quantità di lavoro
entrata in causa nell’ intervallo di tempo considerato.
Unità di misura della potenza è
il Watt, simbolo “ W “, che si dimensiona come kg·m² / s³.
Avendo
gia parlato due volte di lavoro ricordiamo cosa intendiamo per lavoro [
simbolo “ L “ ed unità di misura sempre il Joule ] . Supponendo
di avere un punto al quale viene applicata una forza e grazie ad essa lo stesso
si muove dalla posizione A a quella B noi definiamo il lavoro come il prodotto
scalare istante per istante ( il lavoro è quindi uno scalare !!! ) fra il
vettore forza ed il vettore spostamento. Nel caso più generale il lavoro è dato
dalla somma di infiniti contributi infinitesimi dL = F·ds [ds spostamento infinitesimo] e perciò nella sua scrittura più
generale si può esprimere come
Questo
vale nel caso generico, ma noi spesso tratteremo forze costanti e traiettotie
rette così che la formula che esprime il lavoro ne risulta notevolmente
semplificata
L = F·s·cos q
dove
“s” indica ancora lo spostamento e q l’ angolo fra la direzione dello
spostamento e quella della forza.
Ora per meglio capire come si differenziano lavoro, energia e
potenza possiamo dire che una forza che sposta un oggetto compie un lavoro, un
oggetto incendescente ha in se tanta energia ( sotto forma di calore ) da poter
compiere un certo lavoro ed un motore ha una potenza tale da poter fornire un
tot di lavoro ogni unità di tempo.
Durante
il corso delle lezioni le forme di energia che maggiormente studieremo sono
quelle che ora andremo a trattare. Ci occuperemo quindi di:
ENERGIA MECCANICA
ENERGIA CINETICA
ENERGIA POTENZIALE
ENERGIA INTERNA
ENERGIA
MECCANICA
In classe, mediante un esempio, abbiamo visto come il concetto di energia meccanica e quello di lavoro meccanico vadano di pari passo, tanto da calcolare l' energia meccanica dell' evento considerato come il lavoro che si è compiuto nel nostro oggetto protagonista dell'esempio. Consideriamo quindi un gas, chiuso in contenitore con coperchio mobile, al quale gas viene fornito calore e di conseguenza fatto fare lavoro mediante la sua espansione, causa dello spostamento del coperchio mobile. L'energia meccanica di tali avvenimenti è espressa dal lavoro fatto per innalzare il coperchio mobile e, tale lavoro, è stato da noi calcolato prima mantenendo il gas a pressione costante, poi togliendo questo vincolo.
Stando
il coperchio del contenitore in quiete deve esserci equilibrio tra la forza peso
“ Fg " che il grave esercita sul
coperchio spingendolo verso il basso e la pressione del gas che impedisce allo
stesso di adagiarsi sul fondo del contenitore. Prendendo come “ M “ la massa
del grave e come “ g “ la accelerazione di gravità, possiamo dire che la forza
peso che agisce sul coperchio è:
Fg = M·g
D'
altra parte a tale forza corrisponde la forza Fp
associata alla pressione del gas all' interno del contenitore, quindi la forza
peso che agisce sul coperchio è uguale (data la condizione di equilibrio) alla
forza associata alla pressione del gas da cui ( ricordando che p = F/S quindi F
= p·S, dove S è la superficie sulla quale si applica la forza )
Fg = M·g
= p·S = Fp
Fornendo
ora calore al gas ne ottengo la espansione che provoca l' innalzarsi del coperchio
mobile di una distanza “ x “. La pressione del gas non è cambiata perchè,
valendo ancora la uguaglianza precedente, “ M “,“ g “ ed “ S “ sono rimasti
invariati: possiamo allora affermare che il lavoro L, prodotto della forza per
lo spostamento “ x “, sarà dato da
L = F·x ossia L = p·S·x
Notando
però che “ S·x “ non è altro che la misura di quanto sia cambiato il volume del
gas arrivo a concludere che, in caso di pressione costante:
L = p·DV
Volendo
ora rappresentare la trasformazione su un piano (p,v) [ un piano (p,v) o piano
di Clapeyron non e altro che un riferimento cartesiano che vede sull' asse
delle ascisse la pressione “ p “ e su quello delle ordinate il volume specifico
“ v “ ; tale piano è particolarmente usato e comodo per la rappresentazione
delle trasformazioni dei gas ] ed interpretando “ geometricamente “ la
conclusione alla quale siamo giunti non possiamo che notare come il lavoro sia
rappresentato dall' area del rettangolo individuato dalla curva che descrive la
trasformazione e dalle proiezione delle ascisse agli estremi su di essa.
Proviamo ora a sostituire il grave con una molla avente agli estremi il coperchio mobile del mio contenitore ed un vincolo assolutamente immobile.
Consideriamo ancora il nostro coperchio in quiete e vediamo che la molla di costante elastica “ k “ ha uno spostamento “ x “ dalla sua posizione di riposo pari a “ x9 “. Ricordando la legge della forza di una molla che mi dice che una molla esercita una forza Fel pari al prodotto della sua costante elastica “ k “ per l' allungamento “ x “, ottengo che sono in presenza di una forza elastica " F9el " che in modulo vale: [ consideriando ideale la molla e prendendo per buono anche il caso della compressione ]
F9el = k·x9
Per
analoghi motivi col caso precedente in questo momento mi troverò in presenza di
una pressione iniziale “ p9 “ del gas pari a:
p9 = k·x9·S , dove S è sempre la superficie del coperchio
Una volta riscaldato il gas, ottenuta la dilatazione ed il rispettivo innalzamento del coperchio mi troverò la molla con una lunghezza “ x0 ” rispetta alla sua lunghezza di riposo, il che mi conduce a dire che sono in presenza di una forza
F0el = k·x0
Ed una pressione finale “ p0 “ pari a:
p0 = k·x0·S
Estendendo l' interpretazione geometrica anche a questo caso, volendo quindi disegnare l' andamento della trasformazione su un piano (p,v) ed approfittando della linearità della espressione della forza elastica ottengo un grafico del tipo:
La figura che si ottiene non è altro che un trapezio rettangolo e la formula per calcolarne l'area ci aiuta a calcolare il lavoro specifico " l " che qui è stato fatto
l
= 1/2·(p9 + p0 )·(v0 - v9
)
dove
v9 e v0 sono il volume specifico del gas prima e
dopo l' assorbimento del calore
Vediamo ora di approfondire il discorso del calcolo del lavoro fatto da un fluido, perchè se ci dovessimo trovare davanti ad una generica curva sul piano (p,v) ora come ora non sapremmo come comportarci. La soluzione è che il lavoro compiuto durante una trasformazione qualsiasi è uguale all’ area sottesa alla curva che descrive la trasformazione in un piano (p,v). Questo coincide con la formula generale del lavoro: quando noi dobbiamo calcolare l’area sottesa ad una curva ne calcoliamo l’ integrale
l = ò p(v) dv
dove volume iniziale e finale sono gli estremi di integrazione
E’
bene osservare però che tale espressione del lavoro è utile solo quando sia
nota in ogni suo punto la funzione p(v) situazione che accade in linea di
massima solo in presenza di trasformazioni reversibili o quasistatiche (
trasformazioni così "lente" da poter essere prese come
"cammino" di infiniti stadi di equilibrio) oppure quando la pressione
sia tenuta costante o comunque vincolata ad una grandezza nota ( è il caso
dell'esempio precedente)
Di
seguito uno specchietto con calcolato il lavoro che si ha nelle principali
trasformazioni (per il calcolo si deve fare riferimento al primo principio
della termodinamica)
Trasformazione |
Lavoro |
ADIABATICA [no scambio calore] |
L
= -DU = m·cv·DT |
ISOTERMA [T
costante] |
L = Q = m·R·T·ln(DV) |
ISOCORA [V
costante] |
L
= 0 |
ISOBARA [p
costante] |
L = p·DV |
Dove
“m” e “cv” sono rispettivamente massa e calore specifico a volume
costante
ENERGIA CINETICA
E' da considerarsi tale
quell' energia associata ad un corpo in movimento.
Trascuraiamo
il calcolo esplicito dell’ energia cinetica che ha un corpo in movimento [è
riportato di seguito in appendice] e concentriamoci su cosa la energia cinetica
significhi.
Ad ogni corpo in movimento è
associata una energia, simbolo Ecin, Ek o K, il cui
valore è:
Ecin = 1/2·M·v2
Dove
“ M ” è la massa del corpo in questione e “ v “ la sua velocità.
Se
dovessimo calcolare l’ energia cinetica di un corpo di massa 100 kg che si
muove ad una velocità di 5 metri al secondo diremmo che tale corpo ha un
energia cinetica pari a 1250 Joule [1/2·100·52 = 1250]
Ancora
una volta ci troviamo in stretto contatto con il concetto di lavoro, infatti,
come si evince dalla dimostrazione in appendice al capitolo, il lavoro che
viene compiuto su un corpo è uguale alla sua variazione di energia cinetica,
ossia alla differenza della sua energia cinetica calcolata prima e dopo l’
evento
L = DEcin = Ecin,finale
– Ecin,iniziale = 1/2·M·v2fin – 1/2·M·v2in
= 1/2·M(v2fin – v2in)
Per intenderci: se un corpo viaggia ad una certa velocità e dopo
l’intervento di una forza viaggia ad una velocità superiore il lavoro compiuto
da tale forza sul corpo e pari alla sua variazione di energia cinetica, che si
calcola come abbiamo visto.
Concludo con due osservazioni:
-Notiamo
anche come lo spostamento sia una condizione indispensabile perchè si abbia
energia cinetica: se non c'è spostamento non può esserci lavoro ed a maggior
ragione i termini DEcin
e Ecin vengono ad essere nulli. Attenzione perchè non è vero il
viceversa, nel senso che può esserci spostamento senza però esserci lavoro da
parte di qualche forza: è il caso di un punto che si muove a velocità costante,
infatti i due termini Ecin iniziale e finale risulterebbero uguali
annullando il termine DEcin espressione del lavoro.
-E'
bene anche sottolineare come l' energia cinetica di un corpo dipenda solo dalla
sua massa e dalla sua velocità e non dipenda affatto dal modo in cui esso sia
giunto a tale velocità o dal tempo che vi abbia impiegato; sostanzialmente la Ecin
è indipendente dalla storia passata del corpo in questione. In definitiva
qualunque corpo di massa “ M “ e velocità “ v “ ha la capacità, fermandosi, di
compiere un lavoro pari alla sua energia cinetica, ossia un lavoro pari a
1/2·M·v² Joule.
Di seguito una piccola appendice
con i calcoli per giungere alla formula Ecin = 1/2·M·v2
Appendice
Per calcolare la energia cinetica dobbiamo ancora partire dal concetto di lavoro, più precisamente partiamo dalla definizione di lavoro infinitesimo associato ad uno spostamento dx
dL = Ft· dx, dove Ft è la componente della forza tangente alla traiettoria.
Ora è possibile sostituire la forza “ Ft “ con un' espressione equivalente
dL = M·at· dx
dove “ M “ è la massa del corpo e “ at “ è la accelerazione tangenziale cioè quella secondo la componente tangenziale della forza. Andiamo ora a far sparire il termine “ at “ sostituendolo con la sua definizione
dL = M·(dv/dt)·dx , dove “ v “ e “ t “ sono tempo e velocità,
dalla precedente
dL = M·(dx/dt)·dv,
ma “ dx/dt “ non è altro che la definizione di velocità, quindi possiamo scrivere:
dL = M·v·dv.
Quello che abbiamo ottenuto è un legame esplicito tra il lavoro infinitesimo e la variazione infinitesima del modulo della velocità. Procediamo quindi col calcolo esplicito del lavoro andando a calcolare l'integrale associato alla formula appena trovata; andiamo allora ad integrare la precedente tra “ A “ e “ B “, ipotetici estremi di un cammino finito.
Il lavoro viene ad essere uguale alla variazione della quantità “ 1/2·M·v2 “ che noi andremo a chiamare energia cinetica del punto materiale, simbolo Ecin, Ek o K . Viene quindi ad essere
L = Ecin,B – Ecin,A
= DEcin
Ecin = 1/2·M·v²
dove
il simbolo “ D “ rappresenta la differenza fra il
valore Ecin calcolato prima in “ B “ poi in “ A “, estremi del
cammino.
ENERGIA
POTENZIALE
L'
energia potenziale che un corpo possiede può essere intesa come quella quantità
di lavoro che il corpo potrebbe fornire data la sua posizione.
L' esempio che tutti noi più spesso abbiamo sotto gli occhi e che
maggiormente interessa il nostro corso è quello fornitoci dalla forza di
gravità: un corpo ha tanta più potenzialità di fornire lavoro, tanto più si
trova ad una quota elevata.
Noi
abbiamo quantificato l’energia potenziale gravitazionale [simbolo Epot ]di
un corpo che si trova ad una certa quota mediante la formula: [in
appendice la dimostrazione]
Epot = M·g·z
dove “M”
rappresenta la massa del corpo in questione, “g” l’ accelerazione di gravità e
“z” la quota alla quale si trova il corpo.
Abbiamo
anche visto come ci sia ancora un intenso legame col concetto di lavoro, cioè:
L = - DEpot
che
vuol dire che se il punto di arrivo si trova ad una quota inferiore rispetto a
quella di partenza il lavoro della gravità è positivo e la Epot del corpo diminuisce; contrariamente se
il punto di arrivo è ad una quota più alta rispetto a quella di partenza il
lavoro della gravità è negativo, cioè è stato "speso" ( o meglio si è
trasformato in) per aumentare la Epot corpo.
Dalla
formula dell’ energia potenziale gravitazionale [e come si può notare dalla
dimostarzione in appendice] vediamo che l’unico riferimento alla posizone del
corpo è quello della sua quota e quindi anche per calcolare il lavoro della
gravità l’ unico dato sulla posizione
del corpo da prendere in considerazione è appunto la quota: in poche parole un corpo può fare tutti gli spostamenti che vuole, alla fine
il lavoro fatto dalla forza di gravità (e ovviamente anche la sua energia
potenziale gravitazionele) dipenderà solo dalla sua variazione di quota.
Forze
di questo tipo, ossia quelle per cui il lavoro non dipende dal percorso, sono
dette forze conservative
Volendo ora generalizzare noi convenzionalmente chiamiamo energia
potenziale una “ funzione delle coordinate “ di un corpo della quale non esiste
una formula generale per calcolarne il valore perchè esso dipende dalla
particolare forza conservativa cui essa si riferisce. Noi abbiamo visto come la energia
potenziale della forza peso ( o in linea di massima energia potenziale
gravitazionale: per intenderci quella legata alla forza di gravità ) sia
uguale a “ M·g·z “ , mentre, per esempio, la energia potenziale di una molla, o
meglio, di un punto vincolato ad una molla è pari a “ 1/2·k·x² “ ( dove “ k “ è
la costante elastica della molla ed “ x “ l' allungamento ): sta di fatto però che in ogni caso per tutte le forze
conservative vale sempre la relazione
L = – DEpot
Vale
la pena di soffermarci un attimo sulle conclusioni che abbiamo fino ad ora
raggiunto e cercare di inserirle in un discorso d' insieme. Se ci troviamo solo
sotto l' azione di forze conservative su uno spostamento da “ A “ a “ B “
valgono entrambe le relazioni
L = Epot,A – Epot,B = – DEpot e
L = Ecin,B – Ecin,A = DEcin
dalle quali è facile dedurre
che
Epot,A + Ecin,A = Epot,B + Ecin,B
il
che significa che la somma dell' energia cinetica e
potenziale di un punto materiale che si muove sotto l' azione di forze
conservative resta costante durante il moto. Possiamo chiamare
questa somma energia meccanica “ Emec
“ del punto e scrivere il teorema della conservazione dell' energia
meccanica in presenza di sole forze conservative
Emec = Epot + Ecin = costante
Solitamente
però non si è mai in presenza di sole forze conservative ( si pensi solo alla
forza di attrito, la più classica delle forze dissipative ) e succede che il
lavoro totale “ Ltot “ è dato dalla somma del lavoro delle forze
conservative “ Lcon “ e da quello delle forze non conservative “ Ldis
“
Ltot = Lcon + Ldis
Esprimo
ora “ Ltot “ come differenza di energia cinetica ( ricordiamo che questa relazione è sempre vera,
indipendentemente dal fatto che le forze siano conservative o meno )
e “ Lcon “ come meno differenza di energia potenziale ottenendo
Ecin,B – Ecin,A
= Epot,A – Epot,B + Ldis
Portando
a primo membro “ Ldis “ e ricordando che abbiamo definito la
quantità “ Ecin,A + Epot,A “ come “ Emec,A “
dalla precedente ricavo
Ldis =
Emec,B – Emec,A = DEmec
Concludiamo quindi
che in presenze di forze non conservative l' energia meccanica non si conserva
e la sua variazione è uguale al lavoro delle forze non conservative.
Appendice
Su un generico spostamento dalla posizione “ A “ alla posizione “ B “ il lavoro è dato dall' integrale della forza secondo lo spostamento lungo il cammino. Intendendo “ s “ lo spostamento e Fg la forza di gravità ho che
Posso
però fare uscire dal segno di integrale la forza, essendo essa costante, ed
esprimerla in funzione della massa “ M “ del mio punto e della accelerazione di
gravità
L'
integrale è così più risolto e risulta essere uguale a:
rB – rA = rA,B
Tolto
l'integrale mi trovo ad avere che
L = M·g ·rA,B
espressione che può essere estremamente semplificata se teniamo conto del fatto che l' unica componente non nulla di “ g “ è quella lungo l'asse “ z “, di conseguenza il prodotto scalare diventa semplicemente
(M·g)Z·(rA,B) = – M·g·(z2 – z1) [indipendente dal cammino !!!]
dove
“ zB “ e “ zA “ mi rappresentano la quota al punto “ B “ e “ A “ ed il
segno meno davanti a tutto è quello di “ g “ orientato in maniera
antiparallela rispetto all' asse “ z “
definendo la quantità “ Epot = Mgz “ energia potenziale della forza peso dalla precedente espressione del lavoro ottengo
L = – ( Epot,B
– Epot,A ) = – DEpot
____________________
Esempio
Andiamo
ora a vedere un esempio classico al fine di meglio comprendere i legami fra
energia cinetica ed energia potenziale: quello del pendolo. Tale esempio è da
considerarsi significativo premettendo che si considerano trascurabili tutti
gli attriti ed osservando che l' unica forza che compie lavoro è quella di
gravità ( conservativa !! ) dal momento che la tensione del filo è sempre
perpendicolare alla traiettoria del mio punto materiale che oscilla.
Assumendo nulla, in coerenza col problema da trattare, l' energia potenziale del mio punto materiale di massa M alla quota minore della sua traiettoria e massima in quello alla quota maggiore andiamo a studiarne le caratteristiche energetiche del moto
-Punto alla quota maggiore (
punto di inversione del moto ) [ denominato punto “ A “ ]. Qui avrò massima
energia potenziale, dal momento che il punto alla quota più alta raggiungibile
ed energia cinetica minima visto che in questo punto la direzione del moto si
inverte ed ho velocità nulla
Epot,A = M·g·zM ,
Ecin,A = 0
-Punto alla quota minore [ denominato punto “ S “ ]. Contrariamente qui avrò energia potenziale minima dal momento che ci troviamo nel punto più basso della traiettoria; mentre per quanto riguarda la velocità ci accorgeremo che è dove si verifica la velocità maggiore dal momento che tutta le energia potenziale del punto si sarà trasformata in energia cinetica.
Epot,S = 0 ,
Ecin,S = 1/2·M·vs²
-Punto
generico [ denominato “ P “ ]. Qui energia potenziale e cinetica saranno
assolutamente generiche.
Epot,P = M·g·zG ,
Ecin,P = 1/2·M·vp²
Dal teorema della conservazione
dell' energia meccanica, che posso applicare grazie alle premesse fatte,
ottengo che
Emec,P = Emec,A = Emec,S Þ M·g·zG + 1/2·M·vp² = M·g·zM = 1/2·M·vs²
Ora, nota la massima quota zM
alla quale arriva il pendolo sappiamo determinarne la velocità istantanea in
funzione della sua quota generica zG
Insito nella formula appena
trovata vediamo che la velocità sarà massima [ vmax
]quando massima sarà la differenza (zM – zG) , ossia quando zG
avrà valore minimo, cioè quando coinciderà con z0 .
Esempio
Un altro esempio classico può
essere quello offertoci dal calcolo della velocità con la quale un corpo cade
da una certa altezza “ h “: trascurando gli attriti e preso al suolo un valore
nullo dell'energia potenziale gravitazionale consideriamo una massa “ M “che,
partendo in quiete, inizia una caduta libera.
-Nel
punto di partenza “ P “ ho massima energia potenziale ed energia cinetica
nulla, dal momento che il grave si trova in quiete e deve ancora cominciare la
caduta
Epot,P = M·g·h ,
Ecin,A = 0
-Nel
punto di arrivo “ S “ il corpo ha trasformato la sua energia potenziale in
energia cinetica nel rispetto del teorema della conservazione dell' energia meccanica,
dal momento che vi erano le premesse per applicarlo
Epot,S = 0 ,
Ecin,S = 1/2 M·v2s
Applico
ora il teorema della conservazione dell' energia meccanica e trovo il valore
della velocità del corpo nel momento in cui tocca il suolo
Una volta raggiunto il suolo
però il corpo si ferma, quindi viene a mancare l' energia cinetica associata
alla velocità finale, tale energia non sparisce, infatti è quella presente nei
numerosi e complessi processi di deformazione, surriscaldamento ect, che un corpo subisce in seguito ad un urto.
Oss.
Dai due precedenti esercizi si deve notare come
la velocità di un corpo, in presenza di solo forze conservative, dopo una
perdita di quota “H” sia sempre uguale a
indipendentemente
dal cammino, infatti sia il pendolo che il corpo in caduta libera, pur non
avendo descritto traiettorie uguali, hanno rispettato la precedente formula che
è infatti diretta conseguenza delle equazioni del moto di Newton
ENERGIA INTERNA
Durante
il corso noi ci occuperemo spesso di fluidi e delle loro trasformazioni, di
conseguenza avremo spesso a che fare con la loro energia interna. Sperimentalmente
si trova sempre verificato che se un sistema compie una trasformazione dallo
stato A allo stato B, scambiando calore “ Q “ e lavoro “ W “ con l' ambiente, “
Q “ e “ L “ dipendono dalla trasformazione che congiunge i due stati
termodinamici, mentre la differenza “ Q - L “ risulta indipendente
dalla trasformazione. Si può pertanto scrivere quello che è il primo
principio della termodinamica
Q – L = DU [ “ Q “ e “ L “ sono il calore ed il lavoro scambiati durante la trasformazione ]
dove
la quantità “ U “ è definita come “ energia interna “ ed il
termine sta ad indicare la intima dipendenza della stessa con la composizione,
le caratteristiche e le proprietà della sostanza alla quale è abbinata. La
indipendenza della variazione di energia interna dalla trasformazione che
unisce due diversi stati fa si che si possa parlare di funzione di stato
la cui variazione è uguale agli scambi energetici del sistema con l' ambiente
che lo circonda.
Tramite
un particolare calcolo, che per il momento esula dalle prerogative di questo
corso, è possibile dimostrare che l' energia interna è funzione solo della
temperatura. Trascurando allora questi calcoli vediamo come si possa
arrivare intuitivamente alla stessa conclusione, cioè esaminiamo la cosiddetta
espansione libera di Joule.
Sia
dato un contenitore rigido adiabatico fornito di due camere, collegate mediante
una valvola, in una delle quali vi è contenuto il nostro gas ideale alla
temperatura T1, mentre nell'altra è fatto il vuoto. Una
volta aperta la valvola il gas si distribuirà uniformemente in maniera
spontanea su tutto lo spazio disponibile.
Durante
la trasformazione abbiamo che non vi è scambio di lavoro o di calore per le
caratteristiche del contenitore, quindi
Q = 0 , W = 0 Þ DU = 0
Dal
primo principio della termodinamica abbiamo concluso che nell’ espansione
libera l' energia interna è rimasta costante, ma lo sono rimaste anche le
variabili termodinamiche? Il volume è cambiato, come anche la pressione, ma
andando a misurare la temperatura, vediamo che il nostro gas si trova
esattamente alla stessa temperatura di partenza. Possiamo allora giungere alla
seguente conclusione: poiché nel processo la temperatura del gas non cambia,
mentre variano pressione e volume perché la trasformazione è isoterma, cioè pin·Vin
= pfin·Vfin, l’ energia interna deve essere funzione
soltanto della temperatura. Attenzione che il risultato così ottenuto è valido
solo per i gas ideali.
Se
ora volessimo andare a calcolare esplicitamente quanto sia il valore della
variazione di energia interna in una trasformazione dobbiamo usare un piccolo
escamotage ed introdurre la nozione di calore specifico a volume costante
[ cv ] definito come la quantità di calore per unità di massa necessaria a
fare aumentare di un grado la temperatura di un dato fluido a volume costante:
in pratica la quantità di calore “ Qv “ che una massa “ M “ di fluido ha
scambiato passando, a volume costante, dalla temperatura “ T1 “ alla
temperatura “ T2 “ è data dalla relazione
Qv
= M·cv·( T2 – T1
)
Il
piccolo escamotage di cui prima consiste nel considerare due stati di
equilibrio “ A “ e “ B “ e calcolarne da DU, che deve essere uguale per
ogni trasformazione si scelga dal momento che la abbiamo assunta come funzione
di stato, mediante una particolare coppia di
trasformazioni: una isocora ( volume costante ) ed una isoterma ( temperatura
costante )
Per la particolarità delle
trasformazioni scelte, sul tratto AC, quello della trasformazione isocora, ho
che
LAC = 0 , dal momento che DV = 0
e QAC = M·cv·DT ,
dalla precedente
Dal primo principio della
termodinamica deduco quindi che
DUAC = QAC – LAC = M·cv·DT
Nel secondo tratto della
trasformazione però la temperatura resta costante, quindi
DUCB = DUAC = DUAB = M·cv·DT
che, riferita al caso
generale, si traduce con
DU = M·cv·DT
Ricapitolando abbiamo detto che la energia interna “ U “ è una
funzione di stato che dipende solo dalla temperatura del fluido e che tale
energia, oltre a rappresentare il bilancio energetico di una trasformazione, è
intimamente legata alla natura del fluido in questione ed è calcolabile (ove “
cv “ sia costante) secondo la formula precedente.
__________________
Concludo la mia relazione
riportando qui di seguito due esercizi visti in classe riguardo quest' ultimo
argomento.
Esercizio
Viene fornito lavoro meccanico
con una potenza “ P “ pari a 0.5 CV per un tempo “ t “ di 20 minuti ad una massa “ M “ pari a
100 kg di acqua racchiusa in un contenitore adiabatico. Sapendo che il calore
specifico “ ca “ dell' acqua è pari a 4187 J/kgK,
calcolare la variazione di temperatura e di energia interna
Dal
momento che mi trovo in condizioni di adiabaticità, non avviene alcuno scambio
di calore, di conseguenza, secondo il primo principio della termodinamica, la
variazione di energia interna mi dipenderà solo dal lavoro meccanico fornito al
sistema
Q = 0 , DU = – L
Andiamo
ora a calcolare il lavoro scambiato pari alla potenza per l'intervallo di
tempo, ricordando di introdurre i giusti fattori di conversione.
L = P · t =
(0.5 ×735)Watt · (20 × 60)s = 441000 J
Dal momento che questo è lavoro che viene fornito al sistema deve essere considerato negativo, quindi la DU risulta positiva, esattamente come ci si aspettava
DU = – (– 441000 J ) = 441000 J
Ora che conosciamo la DU ricaviamo facilmente la DT utilizzando la formula: DU = M·cv·DT
DT
= DU / (M·cv) = ( 44100 J ) / (100kg · 4187J/kgK ) =
1.05 K
Esercizio
In un
contenitore adiabatico una massa d' acqua “ M “ pari a 100 kg viene riscaldata
da una resistenza elettrica “ R “ con una resistenza di 2 W attraversata da una corrente elettrica
avente una intensità “ i “ pari a 6 A per 5 minuti. Se dovesse essere fornito
tanto lavoro meccanico, atto ad innalzare la temperatura dell' acqua del
contenitore della stessa quantità della quale si è innalzata con la resistenza
elettrica, mediante la discesa di un tratto “ z “ di un grave di massa “ m “
uguale a 100 kg, quanto dovrebbe misurare questo tratto “ z “ ?
Posso
anche non calcolare la temperatura e ragionare solo in termini di energia
interna, dal momento che questa è funzione di stato e dipende solo dalla
temperatura. La variazione di energia interna dovuta al riscaldamento mediante
la resistenza è uguale alla sola quantità di calore che la stessa cede
all'acqua, dal momento che non viene compiuto alcun lavoro da parte del fluido.
Ricordando allora che la potenza elettrica è data dal prodotto della resistenza
per il quadrato dell' intensità di corrente posso scrivere
DU = Q – L = Qelett. = R·i²·t = 2W ×36A² × 300s = 2160 J
Þ DU =
2160 J
Se il riscaldamento avvenisse
mediante la caduta del grave non ci sarebbe scambio di calore ed, essendo la
forza di gravità una forza conservativa, potrei scrivere
DU = Q – L = – Lmecc = DEpot = m·g·z Þ DU
= m·g·z
Combinando le due precedenti
ottengo:
z = DU /
(m·g) = (2160 J ) / (100kg · 9,8m/s²) = 2,2 m