Fluidodinamica


Gli argomenti esposti in questa relazione sono:

Relazione: Fisica Tecnica - Anno 1999/2000 - Lezione di martedi 09/11/1999 ore 14:30-16:30

Relatore: Albertini Diego


Definizioni generali

In questo primo paragrafo esplicheremo quelle che sono le basi della fluidodinamica, partendo appunto dalla definizione di tale disciplina. La fluidodinamica è la scienza che studia il movimento dei fluidi, sostanze le quali molecole sono talmente poco legate che esse tendono a scivolare le une sulle altre, adattandosi perciò alle dimensioni del contenitore in cui sono. Partiamo quindi con una classificazione sufficientemente rigorosa di quello che secondo noi possono essere considerati i fluidi (fig.0).

I fluidi possono essere ricondotti facilmente nello studio ai principi teorici del moto dei corpi rigidi o, meglio,dei punti materiali. Infatti i fluidi presentano caratteristiche del tutto simili ai solidi, un esempio può essere la viscosità interpretabile nei solidi come attrito, oppure la densità anche presente nei solidi, e così via. Un fluido nel suo moto attraverso una tubatura è soggetto ad inerzia di moto, questo è il caso del fenomeno del colpo d'ariete (fig.1).

Esso è il fenomeno per il quale chiudendo improvvisamente un rubinetto, si può sentire un rumore sordo altrettanto improvviso. Esso è causato dalla pressione del fluido in moto che, non trovando più sfogo verso l'esterno, arriva di colpo alla valvola di chiusura sbattendo nel vero senso della parola contro l'ostacolo provocando un ritorno sonoro. Le principali caratteristiche dei fluidi sono in linea di massima (e senza lunghe e tediose spiegazioni):

Comunemente lo studio della fluidinamica assume per semplicità di descrizione del fenomeno, che il fluido sia stazionario, incomprimibile, non viscoso ed irrotazionale. Tale situazione è ovviamente un'astrazione matematica irrealizzabile in pratica.

Viscosità

La viscosità è quel fenomeno che appare come l'attrito che permane tra le molecole di un fluido in movimento, il quale limita la fluidità e la mobilità delle particelle al suo interno. Nel fluido ideale è ovviamente nulla. Ad esempio il mercurio ha una grande densità ma una bassa viscosità, infatti toccandone una goccia essa si divide istantaneamente in più parti; l'aria invece ha bassa densità e viscosità, come infatti si può intuire; il vetro infine è un fluido estremamente viscoso.

Supponiamo ora di misurare la velocità del vento in punti a diversa altezza rispetto un piano orizzontale, il profilo dei dati di velocità ottenuti è del tutto simile a quello in figura (fig.2)

Il vento è di fatto un fluido, la sua velocità decresce in altezza poichè esso è come se tentasse di portare con se in terreno; opera cioè sul piano una forza che implica un certo impiego di energia, rallentando così il flusso del vento. Tale flusso appare ora come a fogli, o meglio, di tipo laminare. E' semplice il calcolo di questa forza, se infatti supponiamo di isolare una piccola zona di terreno A, possiamo definire lo sforzo di taglio (fig.3).

Lo sforzo ha formula ed unità di misura:

Una sfera ferma in un fluido in movimento è soggetto a tale forza che tende a portarla con se. Tale forza è la scomposizione attraverso la normale passante per il centro geometrico della sfera, lo sforzo totale è la somma vettoriale di ogni contributo; tale sforzo è nullo nei due punti equatoriali mentre appare massimo nei punti sulla perpendicolare alla sfera (fig.4).

Il coefficiente di viscosità (o meglio la viscosità dato che, avendo unità di misura, non è un coefficiente ma una grandezza misurabile) è data dal rapporto tra lo sforzo complessivo su un corpo e la derivata della velocità del flusso, intesa questa come la differenza infinitesima di velocità tra due piani paralleli l'uno sull'altro distanti dx. Ecco ora in tabella alcuni utili valori di viscosità trovati sperimentalmente per diversi fluidi.

Fluido Viscosità in [N sec/m²]
Glicerina (20°C) 1.5
Olio lubrificante da motore (0°C) 0.11
Olio lubrificante da motore (20°C) 0.03
Sangue (37°C) 0.004
Acqua (20°C) 0.001
Acqua (90°C) 0.00032
Benzina (20°C) 0.00029
Aria (20°C) 0.000018
CO2 0.000015

Per una trattazione migliore delle forze in gioco in un fluido analizziamo la legge di Newton.

Legge di Newton

Definiamo la legge di Newton come: Lo sforzo tangenziale t è uguale, a meno di costante, alla derivata della velocità del fluido che scorre su tale superficie. In formula abbiamo:

Ricordiamo che µ è il coefficiente di viscosità, esso è dipendente dalle condizioni del sistema in luogo soprattutto della temperatura. Nel Sistema internazionale le unità di misura sono:

Importante strumento per ricavare sperimentalmente il valore di viscosità di un fluido è il viscosimetro (fig.5).

Tale strumento usato da Newton ha un funzionamento abbastanza semplice. Un cilindro, di cui sono note le dimensioni, viene collegato ad un motore sull'asse dello stesso, si conoscono anche le caratteristiche elettriche di quest'ultimo. Il cilindro viene quindi inserito in una tazza termostatata, cioè di cui si mantiene inalterata la temperatura tramite un circuito di riscaldamento, e nella quale vi è il fluido del quale si vuole conoscere la viscosità (tra le pareti della tazza e il cilindro vi è una distanza d costante). Poi si pone in rotazione il cilindro e si misura il tempo nel quale si raggiunge la velocità di regime di rotazione. In pratica la difficoltà di rotazione del motore è indice della viscosità del fluido. Più precisamente calcoliamo la velocità come:

Quindi per calcolare lo sforzo torcente si applica la formula:

Da qui il calcolo della viscosità è semplice. Sono diversi i tipi di fluidi, si tende cioè a classificare i tipi di fluido secondo la legge di Newton. Sono fluidi newtoniani quelli descritti da una legge lineare, sono invece detti fluidi dilatanti quelli aventi caratteristica non necessariamente passante per l'origine ma superiore alla mediana di Newton, mentre infine sono pseudoplastici i materiali la cui caratteristica è inferiore alla curva di Newton. (fig.6)

I fluidi non Newtoniani sono caratterizzati, in caso di mescolamento con ulteriori materiali, da un comportamento ad isteresi, cioè la curva tende a seguire un cammino di ritorno diverso dalla prima curva caratteristica (fig.7).

Esperienza e numero di Reynolds

Alla base dello studio del moto dei fluidi c'è l'esperienza di Reynolds. Egli dimostrò come fosse il comportamento di un fluido alle diverse velocità dello stesso, cioè egli studiò per primo il comportamento turbolento del fluido (fig.8).

Un fluido che scorre in una conduttura ha un comportamento fortemente dipendente dalla velocità di scorrimento. Costruiamo una conduttura nella quale inseriamo un ugello che lasci una sostanza di colore diverso dal fluido, misuriamo ora la velocità di inizio del moto lungo il tubo. Noteremo che, ad una contenuta velocità, il fluido colorato resta distinto dal fluido principale, scorrendo laminarmente fino all'uscita del condotto. Supponendo di poter aumentare la velocità del fluido, vediamo come ad un certo punto il fluido colorato tenda ad "impazzire" mescolandosi caoticamente con il primo. Questo è il comportamento turbolento. Esso è imprevedibile in luogo di descrizione matematica, ma osservabile dall'inizio in cui comincia. Un numero detto appunto numero di Reynolds, descrive tramite valori di soglia quando un fluido si comporta come turbolento. Abbiamo infatti:

Calcolando quindi il numero di Reynolds per ogni fluido in moto, si può prevedere quando esso cominci a diventare turbolento (valori tra 2300 e 4000), quindi prevenire il fenomeno. La turbolenza provoca di fatto un notevole rallentamento del flusso con ovvi disagi in sede di dimensionamento di impianti che prevedono moto di fluidi. Parallelamente un fluido turbolento ha una notevole capacità di trasporto di calore, esso infatti si distribuisce in buona approssimazione uniformemente nel fluido permettendo quindi un facile trasporto (utilissimo negli impianti di riscaldamento), cosa che non succede in regime laminare dove il nucleo del flusso riceve per ultimo il calore indotto. Importanti sono anche le condutture (fig.9):

La diversa geometria della conduttura può essere infatti causa di falici turbolenze, soprattutto se sono presenti scabrezze od imperfezioni dei tubi. Come si era precedentemente analizzato, anche per le tubature è importanti la viscosità del fluido, infatti si può notare come siano diversi i profili di velocità del fluido laminare, più lenti in prossimità dei bordi e più veloci sull'asse del condotto (fig.10) (assumiamo il tubo perfettamente cilindrico).

I profili delle velocità sono dapprima a carattere parabolico, poi via via a velocità maggiori le lamine attorno all'asse tendono a livellare la propria velocità creando uno pseudo tronco di cono, ed avvicinandosi di fatto a regime turbolento. Importanti sono anche le dimensioni del tubo: si calcola, in sede di progetto, che si debba avere un rapporto lunghezza tubo/sezione pari ad 1/10 il numero di Reynolds che si vuole ottenere (sia esso laminare o turbolento).

Problema di Poiseuille

In un tubo di flusso per semplicità di calcolo nella teoria vengono omesse quelle che sono le inevitabili perdite. Discostandoci ora da quelli che sono i problemi di turbolenza e supponendo quindi il regime laminare troviamo dall'equazione di continuità di Bernoulli, assumendo il sistema isolato dall'esterno, in regime stazionario, con un fluido newtoniano costituito da un tubo perfettamento orizzontale a sezione costante, impone che la pressione di ingresso del fluido sia uguale a quella di uscita. In realtà la situazione è diversa (fig.11).

Poiseuille studiò quelle che chiamiamo le perdite di carico, cioè quei fenomeni dipendenti dalla geometria del sistema, scabrezza dei tubi, temperatura e così via, che impediscono che resti invariata la pressione di un fluido nelle stesse ipotesi del caso ideale (v. sopra). Calcoliamo ora la differenza di pressione ingresso-uscita con il bilancio delle forze:

Invertendo ora la formula ed integrando:

Si è quindi risaliti al profilo della velocità di cui si parlava prima. Calcoliamo ora la velocità media del fluido, integrando ancora, questa volta sul raggio del tubo come indicato in figura (fig.12).

Otteniamo invertendo la relazione per la differenza di pressione:

Importante è infine il parametro di perdita calcolato come la differenza di pressione del sistema fratto la densità del fluido che dentro vi scorre. Abbiamo:

Notiamo ancora come siano basilari i parametri di progetto quali scabrezza del tubo, direttamente dipendenze dal tipo di materiale di cui è costruito, e dalle dimensioni del condotto.


Bibliografia e fonti integrative

Fisica I - 4ª edizione - Hallyday Resnick Krane.

Appunti di Fisica Tecnica - Copy and Press.

Appunti tratti direttamente a lezione dal relatore.

Software

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