ENTALPIA ED ENTROPIA

 

       ENTALPIA:

         L’entalpia è una funzione di stato di un sistema ed esprime la quantità di energia che esso può scambiare con l'ambiente. Ad esempio, in una reazione chimica, l'entalpia scambiata dal sistema consiste nel calore assorbito o rilasciato nel corso della reazione. In un passaggio di stato, come la trasformazione di una sostanza dalla sua forma liquida a quella gassosa, l'entalpia del sistema è il calore latente di evaporazione. In un semplice processo di variazione della temperatura, l'entalpia scambiata dal sistema per variazioni unitarie di temperatura è data dalla capacità termica a pressione costante. La definizione formale dell'entalpia è:

 

  (-1-)                                         H = U + pV 

 

dove U rappresenta l'energia interna del sistema, p la pressione, e V il volume. Essendo H una forma di energia, l'unità di misura adottata nel Sistema Internazionale è il joule.

       Poiché sia U, come p e V dipendono unicamente dallo stato del sistema, anche H dipende unicamente dallo stato; essendo U e V grandezze estensive, anche l’entalpia è una grandezza estensiva; si ha quindi, per un corpo omogeneo:

 

  (-2-)                                                H = P×h 

 

essendo P il peso del corpo ed h l’entalpia specifica, la cui unità di misura adottata nel Sistema Internazionale è il joule su chilogrammo.

       Per capire meglio il concetto di entalpia e per tracciare le caratteristiche fondamentali di tale grandezza fisica  si consideri il seguente esperimento:

Supponiamo di avere una pentola, dotata di coperchio, al cui interno vi sia dell’aria alla temperatura di 20°C ed alla pressione di 1 BAR.

       Supponiamo ora di porre tale pentola sul fuoco e di bloccare il coperchio, tramite dei blocchi, mantenendo quindi al suo interno un volume costante (PROCESSO ISOCORO). Col passare del tempo il gas aumenterà di temperatura e, quindi, vi sarà un conseguente aumento di pressione:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


                                                         -Figura 1-

 

 

 

       Per il primo principio, essendo il lavoro esterno nullo, si avrà:

 

  (-3-)                                               U2 – U1 = Q 

 

quindi

 

  (-4-)                                               MCv(T2 - T1) = Q 

 

dove M è la massa del gas e Cv la capacità termica specifica a volume costante.

       Quindi in una trasformazione a volume costante, detta ISOCORA, il calore   scambiato è uguale alla variazione di energia interna.

       Supponiamo adesso di togliere i blocchi, cioè lasciamo il sistema libero di espandersi. A differenza di prima, la trasformazione si evolverà a pressione costante (PROCESSO ISOBARO),ma vi sarà un aumento di volume da parte del gas, e un conseguente lavoro esterno dato dall’area sottesa dalla linea di trasformazione:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


-Figura 2-

 

 

 

 

  (-5-)                                               L = p(V2 – V1) 

 

       Dal Primo Principio si ha il seguente bilancio energetico:

 

  (-6-)                                U2 – U1 = Q – L = Q – p(V2 – V1) 

 

ed essendo, a pressione costante, la quantità di calore fornita per andare da T1 a T2 pari a:

 

  (-7-)                                               Q = MCp(T2 – T1) 

 

dove M è la massa del gas e Cp la capacità termica a pressione costante. Uguagliando la (-6-) e la (-7-) otteniamo:

 

  (-8-)                             U2 + p2V2 – (U1 + p1V1) = MCp(T2 – T1) 

 

       Dalla definizione di entalpia, segue che:

 

  (-9-)                                       H2 – H1 = MCp(T2  – T1)

 

Quindi in una trasformazione a pressione costante, detta ISOBARA, il calore scambiato è uguale alla variazione di entalpia.

Dall’esperimento fatto si deduce che l’energia interna e l’entalpia sono grandezze simmetriche che si utilizzano, rispettivamente, in caso di volume o pressione costante. Inoltre, grazie all’entalpia, è possibile riscrivere il Primo Principio della termodinamica in forma entalpica:

 

  (-10-)             du = dq – dl Þ  du = dq – pdv Þ  dq = du – pdv

 

scrivendo l’espressione dell’entalpia in forma differenziale osserviamo che: 

 

  (-11-)                                       dh = du + pdv + vdp  

 

sostituendo ora la (-10-) nella (-11-) otteniamo:

 

  (-12-)                                       dh = dq + vdp  

 

Quest’espressione è utile per il calcolo diretto dell’entalpia conoscendo il calore specifico a pressione costante CP: infatti, se una trasformazione è isobara il termine vdp si annulla e rimane dh = dq. Sapendo che il calore specifico a pressione costante vale:

 

  (-13-)                                             Cp     

 

segue che, noto CP, si può ottenere h integrando l’espressione (-13-):

 

  (-14-)                            Þ    h =  (T - T0 ) 

 

dove    indica il calore specifico medio a pressione costante.

 

 

ENTROPIA:

Trattazione concettuale dell’entropia

L’energia di un sistema è una proprietà che possiamo utilizzare per decidere se un determinato stato è raggiungibile o meno. Ma c’è un modo per sapere se un determinato stato è raggiungibile spontaneamente? Ci dovrebbe essere una proprietà che sia in grado di comportarsi come un indicatore di una trasformazione naturale e spontanea, che possa avvenire senza interventi esterni. Una tale proprietà esiste ed è l’entropia. L’entropia può essere definita in questo modo: consideriamo due stati particolari di un sistema isolato, che chiameremo stato A e stato B; se l’entropia è maggiore nello stato B allora questo può essere raggiunto spontaneamente dallo stato A del sistema. Viceversa, lo stato A non può essere raggiunto spontaneamente dallo stato B del sistema, cioè non lo possiamo raggiungere senza rompere l’isolamento del sistema. L’entropia di un sistema quindi aumenta ogni qual volta che avviene una trasformazione spontanea, mentre può diminuire nel caso di una trasformazione non spontanea, che però, proprio perché non spontanea, rompe l’isolamento del sistema. Se consideriamo l’intero Universo, dove non possono avvenire trasformazioni non spontanee (altrimenti dovremmo ammettere un altro sistema esterno all’Universo, ma noi con il termine Universo intendiamo “tutto ciò che esiste”), l’entropia non diminuisce mai, ma aumenta sempre. Anche il concetto di entropia quindi afferma l’asimmetria della natura, e può quindi essere visto come un altro aspetto del Secondo Principio della Termodinamica. Esso può essere enunciato in questo modo:

Qualunque trasformazione spontanea è accompagnata da un aumento

dell’ entropia dell’Universo. 

Questo enunciato del Secondo Principio è talvolta chiamato anche “ Principio dell’entropia”.

 

       Trattazione rigorosa dell’entropia

       Prima di entrare nell’argomento è utile dare la definizione di alcuni termini che ci aiuteranno nel approfondire meglio il concetto:

§         EQUILIBRIO: un sistema si dice in equilibrio quando i valori dei parametri che definiscono il suo stato non variano nel tempo, a meno che non cambi l’iterazione con l’ambiente esterno;

§         INTERNAMENTE INVERTIBILE: un sistema si dice internamente invertibile o reversibile se può ritornare lungo la stessa linea di trasformazione nello stato iniziale i senza che si verifichino variazioni nello stato dell’ambiente circostante;

§         INTERNAMENTE NON INVERTIBILE: un sistema si dice internamente non invertibile o irreversibile se passa da uno stato iniziale i a uno stato finale f, ma non può più effettuare il processo inverso.

Tutti i processi di trasformazione del lavoro in calore sono spontanei, mentre le trasformazioni da calore in lavoro avvengono solo se accompagnate da altri processi.

       Consideriamo il ciclo 1C2D1 (Figura 3) una trasformazione ciclica internamente invertibile subita da un corpo il cui stato fisico è determinato dalle variabili P e V. Si scomponga il ciclo in un numero infinito di cicli infinitesimi mediante una serie di adiabatiche.

       Sia abdg uno di tali cicli. Siano ab e cd tratti infinitesimi di isotermiche (compresi tra le adiabatiche ag e bd) corrispondenti rispettivamente a temperature comprese tra i valori della temperatura nei punti a e b e nei punti g e d.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                           

                                                -Figura 3-

 

 

       Il ciclo abdca è un ciclo di Carnot, quindi, il calore dQ dato lungo il tratto infinitesimo di isotermica ab a temperatura T’ è uguale, a meno di un infinitesimo di secondo ordine, al calore dQ1 dato lungo la ab; così pure il calore dQ’’ sottratto lungo la isotermica dc a temperatura T’’ è uguale, sempre a meno di un infinitesimo di secondo ordine, al calore dQ2 tolto lungo dg. Per il ciclo abdga si ha quindi:

 

  (-15-)                                               =   

 

       Poiché la stessa relazione sussiste per tutti gli altri cicli infinitesimi nei quali si può scomporre il ciclo dato con una serie di adiabatiche, si avrà (indicando genericamente con dQ la quantità di calore data o tolta lungo un tratto infinitesimo del ciclo nel quale la temperatura è T) che:

 

  (-16-)                                        

                                   

Si può quindi concludere che per una trasformazione internamente invertibile l’integrale definito dipende unicamente dallo stato iniziale e finale; cioè, è indipendente dalla linea di trasformazione, purché questa sia internamente invertibile.

       Tale integrale è quindi uguale alla variazione subita da una grandezza funzione di stato, che viene detta entropia, e che verrà indicata col simbolo S.

       Se gli stati 1 e 2 coincidono, se si tratta cioè di una trasformazione ciclica, tale integrale si annulla, quindi si ha, per un ciclo internamente invertibile:

 

                                              

  (-17-)                                       = 0   

 

      Come si è visto, la variazione di entropia subita da un corpo nel passare da uno stato ad un altro stato dipende unicamente dallo stato iniziale e dallo stato finale, è indipendente dalla curva di trasformazione. In altre parole: l’entropia, come l’energia interna e l’entalpia, è funzione dello stato fisico, cioè   è un differenziale esatto; si era visto precedentemente che dQ non è un differenziale esatto; si è ora constatato, e lo dimostreremo in seguito, che è un fattore integrante di dQ.

       E’ importante rilevare che l’integrale  definisce e permette di calcolare le variazioni di entropia,non i valori assoluti. Per fare in modo che per un dato corpo ad ogni stato corrisponda un valore determinato dell’entropia si fa una convenzione analoga a quella fatta a suo tempo per l’energia interna: si ammette cioè che in corrispondenza ad uno stato determinato l’entropia valga zero. Bisogna tener presente che questa è una semplice convenzione, che è possibile precisamente perché il suddetto integrale definisce soltanto le variazioni (e non i valori assoluti) della entropia.

Fatta questa precisazione, si constata che se un corpo passa dallo stato 1 allo stato 2 subendo una trasformazione non invertibile, non è vero che l’integrale , calcolato per la trasformazione realmente avvenuta, dipenda soltanto dagli stati iniziali e finali (anzi il più delle volte tale integrale non ha senso perché nel medesimo istante la T varierà da punto a punto nella massa del corpo). Però anche in questo caso si può parlare di variazione di entropia subita dal corpo, che risulta ancora espressa dall’integrale  intendendosi però l’integrale calcolato non per la trasformazione realmente avvenuta, ma per una trasformazione qualunque internamente invertibile, nella quale il corpo passi dal medesimo stato 1 al medesimo stato 2. 

      

       Uguaglianza di Clausius

       L’uguaglianza di Clausius è di grande importanza perché permette di affermare che la quantità  è un differenziale esatto e quindi che l’integrale  calcolato per una trasformazione invertibile dipende soltanto dagli stati iniziali e finali. Vediamo la dimostrazione di quanto detto.

Si consideri un corpo (o un sistema di corpi) A qualunque,che subisce una serie di trasformazioni alla fine delle quali ritorna allo stato iniziale.

       Durante la trasformazione, A scambia con le sorgenti di calore 1, 2, …, n , aventi temperature T1, T2, …, Tn (misurate nella scala termodinamica), le quantità di calore Q1, Q2, …, Qn , intese positive se date al corpo e negative se tolte (la dimostrazione risulta più chiara se si esamina la figura 4, nella quale si è posto che A riceva calore dalle sorgenti 1 e 2, e ceda calore alle sorgenti 3 e 4).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                     -Figura 4-

 

 

Poiché alla fine della trasformazione A è ritornato nello stato iniziale, si ha che l’unico risultato è che si siano tolte alle sorgenti le quantità di calore Q1, Q2, …, Qn (positive o negative), e si è prodotta una certa quantità di lavoro LA (positiva o negativa).

Per il Primo Principio si ha:

                           

  (-18-)                             Q1 + Q2 + … + Qn = LA  

                              

Si abbia una sorgente ausiliaria di calore a, avente una temperatura Ta, che in linea di principio potrebbe essere qualunque, ma che per comodità di esposizione si suppone maggiore delle temperature delle sorgenti 1, 2, …, n (figura 4). Valendosi di questa sorgente e di n macchine di Carnot C1, C2, …, Cn, nelle quali un corpo intermediario scambia calore con la sorgente ausiliaria a e, rispettivamente, con le sorgenti 1, 2, …, n, si può riportare con una serie di trasformazioni invertibili tutte le sorgenti 1, 2, …, n, nello stato iniziale. Considerata, infatti, una qualunque delle sorgenti 1, 2, …, n, che si indicherà con i, e dalla quale A aveva sottratto il calore Qi supposto, per fissare le idee, positivo, si può immaginare che la macchina di Carnot Ci percorrendo un ciclo diretto, versi il calore Qi alla sorgente i e sottragga il calore Qi alla sorgente ausiliaria. Se invece Qi è negativo (cioè il corpo A ha versato calore alla sorgente i) si deve supporre che la macchina di Carnot Ci compia un ciclo in senso inverso (funzionando cioè come macchina frigorifera), nel quale sottrae il calore  ( inteso in valore assoluto) alla i e versa una certa quantità di calore alla sorgente ausiliaria. In entrambi i casi, dalla relazione esprimente il rendimento del ciclo di Carnot, si ottiene che:

 

(-19-)                         =   

 

Questa relazione vale, non soltanto in valore assoluto, ma anche tenendo conto dei segnali delle Qi ove si faccia la convenzione di considerare le quantità di calore Qi come  positive se sono sottratte alla sorgente a, e come negative nel caso contrario. Dopo che con le n macchine di Carnot si sono in tale modo compensate le quantità di calore Q1, Q2, …, Qn scambiate tra le sorgenti 1, 2, …, n e A, si ha che non soltanto A, ma anche tutte le sorgenti 1, 2, …, n sono ritornate allo stato iniziale. L’unico risultato residuo è che si è sottratta alla sorgente ausiliaria la quantità di calore         Q =     e si è prodotto una certa quantità di lavoro L, somma algebrica del lavoro LA compiuto nel ciclo percorso dal sistema A, e del lavoro totale LC compiuto dalle macchine di Carnot C1, C2, …, Cn. Per il Primo Principio si ha    Q = L, quindi, tenendo conto delle (-19-) segue che:

 

  (-20-)                                L = Q =  = Ta   

 

Il lavoro L, e quindi il calore Q, non possono essere maggiori di zero, infatti, poiché alla fine delle trasformazioni considerate il sistema costituito da A, dalle sorgenti 1, 2, …, n e dai corpi operanti nelle macchine di Carnot C1, C2, …, Cn è ritornato nelle condizioni iniziali, se L e Q fossero positivi, si sarebbe realizzato un complesso di trasformazioni il cui unico risultato sarebbe stato la trasformazione in lavoro della quantità di calore Q tolta alla sorgente ausiliaria, in opposizione al Secondo Principio. Quindi si ha:

 

  (-21-)                                              L = Q = Ta  

                                           

cioè, poiché Ta è positiva:

 

  (-22-)                                             0

 

Tutto questo vale sia nella ipotesi che il ciclo percorso dal sistema A sia internamente invertibile, sia nell’ipotesi contraria.

Analizziamo i due singoli casi:

·        Si supponga che tale ciclo non sia internamente invertibile. In tale caso la trasformazione subita dal sistema termicamente isolato costituito da A, dai corpi operanti nelle macchine di Carnot C1, C2, …, Cn e dalle sorgenti di calore 1, 2, …, n ed a ha subito una trasformazione che non è completamente invertibile, alla fine della quale non può quindi essere ritornato nello stato iniziale. Perciò in questo caso Q ed Lnon possono essere uguali a zero. Quindi si ha:

 

  (-23-)                                               < 0 

 

                   Si noti che in questa relazione le Ti sono le temperature delle sorgenti

                   con le quali A scambia calore, e non le temperature di A, che d’altra

                   parte non sono   definite perché, essendo per ipotesi la trasformazione

                   subita da A non invertibile, si avrà che istante per istante la temperatura

                   del corpo sarà in generale diversa da punto a punto.

 

·        Si supponga che tale ciclo percorso da A sia internamente invertibile e che quindi la sua temperatura sia in ogni istante uniforme. In questo caso, si può supporre che, quando una generica sorgente i scambia la quantità di calore Qi  con A, le temperature della sorgente e del corpo siano uguali. In questa ipotesi il sistema termicamente isolato ha subito una trasformazione completamente invertibile. Ne segue per il Secondo Principio, che Q ed L non possono essere minori di zero. Infatti, se nella trasformazione considerata Q ed L fossero negativi, cioè l’unico risultato fosse stato una trasformazione di una certa quantità di lavoro  in calore versato alla sorgente a, in opposizione al postulato di Kelvin. Quindi nel caso di cicli internamente invertibili si ha:

 

  (-24-)                                               = 0     UGUAGLIANZA DI CLAUSIUS

 

Si era supposto finora che il corpo A scambiasse calore con n sorgenti. Se il numero delle sorgenti diviene infinito, le sommatorie che compaiono nelle relazioni precedenti devono essere sostituite da integrali estesi alla trasformazione ciclica subita da A. Indicando con l’integrale esteso ad un ciclo, si ha quindi, se il ciclo non è internamente invertibile:

 

  (-25-)                                                < 0   

 

e, se il ciclo è internamente invertibile:

 

  (-26-)                                                = 0     INTEGRALE DI CLAUSIUS 

In entrambi i casi dQ è la quantità di calore infinitesima scambiata da A con una sorgente generica avente temperatura T.

Dalla (-26-), segue che in una trasformazione internamente invertibile 1 ® 2 , l’integrale  dipende soltanto dagli stati estremi 1 e 2, cioè è indipendente dagli stati intermedi per i quali è passato il corpo A.

       Si considerino infatti due trasformazioni entrambe internamente invertibili 1m2 ed 1n2, che hanno comune gli stati estremi 1 e 2. La trasformazione 1m2n1 è una trasformazione ciclica internamente invertibile, per la quale vale l’integrale di Clausius. Si ha quindi, spezzando l’integrale   in due, relativi alle trasformazioni 1m2 e 2n1:   

                                                                     

  (-27-)                                       +   = 0    

 

cioè:

 

  (-28-)                                          =     

 

che dimostra l’asserto.

       Si scelga ora ad arbitrio uno stato 0 di equilibrio del sistema A (stato standard), e

si indichi con f uno stato, pure di equilibrio, che può essere qualunque, cioè variabile.

Si ha allora che  (esteso naturalmente ad una trasformazione invertibile) per

un dato stato 0 dipende esclusivamente dai parametri che individuano lo stato f. Il

valore di tale integrale viene detto entropia del sistema A nello stato f e verrà

indicato col simbolo Sf. In particolare, per due stati 1 e 2 di equilibrio si avrà:

 

  (-29-)                                    = S1                 = S2 

 

E’ ovvio che nello stato 0 l’entropia è uguale a zero per convenzione.

Si consideri ora una trasformazione invertibile che conduce dallo stato standard 0 allo stato 2 passando per lo stato 1. Si avrà allora:

 

  (-30-)                                         =  +   

 

 

cioè per le (-29-):

 

  (-31-)                                              = S2 – S1   

 

Si vede cioè che, mentre il valore che assume l’entropia in uno stato fissato f dipende dallo stato 0 scelto come standard, la variazione di entropia tra due stati dipende soltanto da questi, cioè l’entropia in uno stato risulta determinata a meno di una costante additiva arbitraria che dipende dallo stato 0 scelto come normale.

Una proprietà importante è che la variazione di entropia di un sistema è uguale alla somma algebrica delle variazioni di entropia subite dalle varie parti in cui si può immaginare scomposto il sistema. Si ha infatti, in una trasformazione infinitesima:

 

  (-32-)                                          dQ = dU + p dV  

 

essendo U l’energia interna e V il volume del sistema. Il volume gode ovviamente della proprietà additiva, cioè il volume del sistema è la somma dei volumi delle parti in cui si può immaginare scomposto il sistema. La medesima proprietà sussiste per l’energia interna. Ne segue, poiché l’entropia Sf in un generico stato f è espressa da 

 

  (-33-)                                        =   

 

che l’entropia di un sistema è la somma delle entropie delle varie parti in cui si può immaginare scomposto il sistema.

In conseguenza l’entropia di un corpo omogeneo in un dato stato, determinato ad esempio dalle variabili p, v , T, è proporzionale alla massa o al peso misurato con una bilancia a leva. Cioè si ha per un corpo omogeneo:

 

  (-34-)                                             S = P × s  

 

dove P è il peso o la massa del corpo, ed s l’entropia specifica, riferita all’unità di peso o di massa, che dipende, a meno di una costante additiva, esclusivamente dai parametri che individuano lo stato del corpo, ma è indipendente dalla sua massa.

 

Teorema dell’aumento dell’entropia

Le considerazioni precedenti definiscono l’entropia in uno stato generico f a condizione che sia possibile immaginare una trasformazione internamente invertibile, cioè una successione di stati di equilibrio, che conduca dallo stato 0 allo stato f. Questa condizione  è in generale soddisfatta se f è uno stato di equilibrio, ma non può ovviamente essere valida nel caso contrario.

Anche per stati di non equilibrio si può sovente definire l’entropia se si ammette come postulato che la proprietà di additività dell’entropia, che è stata dimostrata per gli stati di equilibrio, valga anche per gli stati di non equilibrio.

Infatti spesso un corpo non in equilibrio può immaginarsi suddiviso in un numero, finito o infinito, di parti, ciascuna delle quali, considerata da sola, cioè supposta divisa dal resto del sistema mediante diaframmi rigidi ed isolanti per il calore, sarebbe in equilibrio.Per ciascuna di queste parti l’entropia è definita, quindi essa risulta definita per tutto il sistema se si ammette come postulato che l’entropia del sistema sia uguale alla somma delle entropie delle parti in cui può essere suddiviso, pertanto queste considerazioni valgono soltanto se si trascurano i fenomeni di superficie, perché trascurano il fatto che, a rigore, l’introduzione dei diaframmi indicati, altera lo stato del sistema.

Si consideri un sistema di corpi che subisce una trasformazione internamente non invertibile 1m2 dove gli stati estremi 1 e 2 sono in equilibrio. Sia 1n2 una trasformazione internamente invertibile che conduce da 1 a 2, cioè una successione continua  di stati di equilibrio che ha per estremi i medesimi stati 1 e 2. Il ciclo 1m2n1 è internamente non invertibile, perché di esso fa parte la trasformazione non invertibile 1m2. Quindi per tale ciclo si ha < 0, cioè spezzando l’integrale:

 

  (-35-)                                           +  < 0 

 

cioè:

 

  (-36-)                                           <   

 

Quindi, poiché è:

 

  (-37-)                                             S2 - S1 =   

 

risulta:

 

  (-38-)                                             S2 - S1 >   

 

Si supponga  che il sistema sia termicamente isolato. In questo caso è dQ = 0, e quindi:

 

  (-39-)                                             S2 – S1 > 0 

 

Se la trasformazione del sistema termicamente isolato fosse invertibile, si avrebbe invece, come risulta dalla (-31-):

     

  (-40-)                                             S2 – S1 = 0 

 

 

Si può quindi concludere che:

L entropia di un sistema termicamente isolato aumenta nelle trasformazioni non    invertibili e resta invariata nel caso limite di trasformazioni invertibili.

Ne segue quindi che, nelle trasformazioni adiabatiche invertibili, l’entropia resta costante, vale a dire che tali trasformazioni sono isoentropiche. Su questo teorema sono basate le ricerche delle condizioni di equilibrio; infatti, se un sistema termicamente isolato si trova in condizioni tali che qualunque trasformazione virtuale supposta avvenire nel sistema conduce ad una diminuzione dell’entropia, allora dal teorema dimostrato si ha che tali trasformazioni non possono avvenire e che quindi il sistema è in equilibrio.

       Nel definire le trasformazioni invertibili e non invertibili di sistemi termicamente isolati, ci si era riferiti unicamente agli stati iniziale e finale. Ciò è ben chiarito dal teorema appena dimostrato, dal quale risulta che se si considera una trasformazione 1®2 di un sistema termicamente isolato si hanno queste due alternative:

·        S2 - S1 > 0     Allora non soltanto la trasformazione considerata, ma anche qualunque altra trasformazione che conduca dal medesimo stato 1 al medesimo stato 2  è non  invertibile;

·        S2 - S1 = 0      Allora non soltanto la trasformazione considerata, ma anche qualunque altra trasformazione che conduca dal medesimo stato 1 al medesimo stato 2 è invertibile.

 

 

ESERCIZI SUL SECONDO PRINCIPIO

 

Esercizio 1

 

 Una locomotiva viaggia, per 80 km, lungo un piano inclinato con velocità di traslazione pari a 80 km/h. Inizialmente ha una massa pari a 100 tonn, ma il consumo orario di combustibile della caldaia è di una tonnellata l’ora. Sapendo che la temperatura della caldaia, T1, è di 100°C, la temperatura dell’ambiente esterno, T2, è di 20°C, che il rendimento termodinamico, è pari a 0.25 e infine il potere calorifico della macchina, Pci, vale 14000BTU/lb, si calcoli l’inclinazione del piano che la locomotiva percorre.

N.B.: BTU = British thermal unit è l’equivalente anglosassone della caloria, cioè la quantità di calore che bisogna fornire a una libbra di acqua per innalzare la sua temperatura di un Farad.

 

 

 


                                                                           

 

 

 

 

 

 
 


                                                                                                      

 

                                                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Soluzione:

 

Innanzitutto ricaviamo il potere calorifico espresso in unità del Sistema Internazionale sapendo che una libbra equivale a 0.4536 kg e un BTU equivale a      1 kJ:

 

                               Pci = 14000  

 

La locomotiva procede per 80 km ad una velocità di 80 km/h, quindi con un dispendio di combustibile pari ad una tonnellata ed una conseguente energia data da:

 

                               Eprimaria = Q1 = Pci × 1 tonn = 30864000 kJ

 

di questa energia una parte viene trasformata in calore, mentre l’altra si trasforma in lavoro meccanico. Sapendo che, h è dato dal rapporto del coefficiente economico reale della macchina termica, e, con il coefficiente di una macchina termica di Carnot, ec ,che, nel nostro caso, è dato dal ciclo di Carnot che opera tra i due serbatoi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

possiamo ricavare il coefficiente economico reale della locomotiva:

      

                               e = h× ec = 0.21 × 0.25 = 0.0525

*       

Il lavoro generato dalla locomotiva è dato dal prodotto del coefficiente economico reale per l’energia primaria:

 

                           L = e × Eprimaria = 0.0525 × 30864000 = 1.62 × 106 kJ

 

Il lavoro trovato corrisponde all’energia potenziale acquisita dalla locomotiva per raggiungere l’estremità della salita, dove, la sua massa è diminuita di una tonnellata ed è soggetta alla accelerazione di gravità. Uguagliando le due quantità si ha:

 

                                                  Epotenziale = L

 

quindi:

 

                                            M× g × H = e × Eprimaria

 

da cui ricaviamo, l’altezza H

 

                                   

 

e quindi, l’angolo di inclinazione del piano:

 

                                             q = arcsin H = 1.282°

 

Esercizio 2

 

       Sapendo che la capacità termica dell’acqua a pressione costante è pari a   4187 J/kg e che il serbatoio contiene 1000 kg di acqua, calcolare il lavoro fatto da una macchina di Carnot che lavora tra due serbatoi di cui, il primo si trova ad una temperatura iniziale T1 di 100°C e il secondo ad una temperatura T2 costante e pari a 20°C.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Soluzione:

 

Il calore Q1 ceduto dal serbatoio è dato da:

 

                                 Q1 = M× Cp × (T2 – T1) =1000× 4187 × 80 =334960 kJ

 

Il coefficiente economico della macchina di Carnot è:

 

                                      ec = 1 -

 

Quindi il lavoro prodotto dalla macchina di Carnot è:

 

                                                  L = ec × Q1

 

Poiché la temperatura del serbatoio diminuisce a causa del calore ceduto si ha un lavoro dipendente da questa variazione. Quindi il lavoro infinitesimo per una variazione infinitesima di temperatura è pari a:

 

                                                  dL = ec × dQ1

 

 e integrando tra T1 e T2 otteniamo:

 

                                   

 

Sostituendo i valori numerici otteniamo:

 

             L = 1000 × 4187 × 80 – 1000 × 4187 × 293 × ln 0.78 = 38805 kJ