IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

 

 

Introduzione

 

La formulazione del concetto di energia, insieme con la formalizzazione del suo principio di conservazione, fu uno dei maggiori successi della scienza del XIX secolo. Fin da quando la dinamica di Newton si era imposta, infatti, il ruolo centrale ed unificante apparteneva al concetto di forza; anzi, nel 1849 quello stesso William Thomson, che sarebbe diventato da Lord Kelvin uno dei fondatori della termodinamica, ancora sosteneva che la fisica fosse la scienza delle forze.

D'altro canto alcuni principi di conservazione erano già noti, ma mancavano di generalità perché li si potesse considerare fondamentali: pensiamo alla Meccanica ed al classico esempio del pendolo.

 

Fig.1 - Pendolo

 

Se spostiamo la pallina dalla posizione di equilibrio osserviamo che essa tende a tornarvi, acquistando velocità, e ad oltrepassarla per risalire dalla parte opposta alla stessa quota z, iniziando così un moto oscillatorio.

Applicando schemi "moderni", analizzare questo esperimento è semplice: assegniamo alla pallina nei punti A e C una certa quantità di energia potenziale che verso B si trasforma totalmente in energia cinetica; osserviamo che in condizioni ideali questo trasferimento proseguirebbe indefinitamente e generalizziamo parlando di conservazione dell'energia meccanica. Nel XIX secolo la stesso fenomeno sarebbe stato descritto in termini di "forza viva", ma la differenza non è solo formale, bensì  sostanziale: che fine fa infatti la forza viva quando, a causa degli attriti, il pendolo si ferma? Solo in un'ottica di bilancio energetico è possibile rispondere che il lavoro della forza di gravità si converte in calore per l'attrito!

Lo studio dei fenomeni termici, tuttavia, sin dal XVII secolo si basava sul postulato dell'esistenza di un fluido imponderabile, il "calorico", in grado di trasferirsi dai corpi più caldi a quelli più freddi. Si dovette attendere il 1798 perché Benjamin Thomson, conte Rumford, documentasse un aumento di temperatura dovuto al trasferimento di energia meccanica, e non di strani fluidi, sulla base di osservazioni compiute facendo ruotare una trivella sul fondo di un tubo da cannone. Nel 1849, infine, James Prescott Joule rese pubblico il celebre "Sull'equivalente meccanico del calore", dove da accurate esperienze stabilì la diretta proporzionalità tra la "forza viva" spesa ed il calore prodotto per attrito. Quell'opera, che oggi viene semplicemente ricordata per la determinazione sperimentale del fattore di conversione tra due unità di misura, gode d'importanza storica proprio in quanto verifica empirica dell'equivalenza sostanziale del calore al lavoro come due modalità di scambio energetico.

A questo punto fu dunque possibile per i fisici del XIX secolo generalizzare il principio di conservazione dell'energia  e riconoscere alla stessa il ruolo centrale che merita, mentre noi possiamo iniziare ad approfondire la lezione.

 

 

Lavoro, Energia, Calore

 

Partiamo col definire meglio alcune delle grandezze che abbiamo già introdotto.

In Meccanica il lavoro elementare compiuto da una forza agente su una particella in moto, fig.2, è istante per istante il prodotto scalare tra la forza e lo spostamento infinitesimo della particella.

 

Fig.2 - Definizione di lavoro

 

Tradotto in formula:

                                                                             (1)

Per ottenere il lavoro eseguito durante uno spostamento finito, basta integrare la (1) lungo la traiettoria dal punto iniziale a quello finale:

                                                                                          (2)

Osserviamo che l'integrando altri non è che la componente della forza tangenziale alla direzione di moto, quindi in caso di forza costante e perfettamente tangente la (2) si riduce a:

                                                                                                        (3)

L'unità di misura del lavoro è appunto quella di una forza moltiplicata per quella di una lunghezza, e nel Sistema Internazionale è il Joule.

Si chiama invece potenza il lavoro prodotto per unità di tempo,

                                                                                                            (4)

e, se oltre alla forza è costante e parallela ad essa anche la velocità alla quale si muove la nostra particella, si può esprimere semplicemente:

                                                                                                          (5)

Le dimensioni della potenza sono infatti quelle di una forza moltiplicata per una velocità; nel S.I. si misura in Watt.

Molto più vasto rispetto a quello di lavoro è il concetto di energia; come già preannunciato il primo non è che una forma della seconda, sebbene la classica definizione che se ne dà sia: "energia è la capacità di produrre lavoro" o meglio, secondo Ostwald, "energia è lavoro o tutto ciò che può essere prodotto da o convertito in lavoro". Queste formule, comunque, non hanno grande utilità operativa, ma cercano solo di mostrare l'esistenza oggettiva di un'entità, altrimenti un po' astratta, che può essere acquistata o spesa sotto la forma tangibile di lavoro; nell'effettiva descrizione dei fenomeni fisici, invece, si definiscono e si utilizzano particolari tipi di energia.

In Meccanica, ad esempio, la quantità

                                                                                                (6)

è l'energia cinetica di una particella in moto rispetto all'osservatore, mentre

                                                                                                 (7)

è l'energia potenziale che la stessa possiede quando si trova ad una certa quota, rispetto al livello di riferimento, nel campo conservativo della gravità terrestre. La somma di queste due prende il nome di energia meccanica ed è la costante nel movimento del pendolo ideale di fig.1.

Esistono diverse altre forme, acustica, luminosa, elastica, nucleare…, molte delle quali correlate tra loro: l'energia chimica, ad esempio, ha origine da variazioni di energia atomica, la quale è a sua volta una combinazione di energia cinetica ed elettromagnetica degli elettroni di legame…

C'è poi una forma d'energia in cui tutte le suddette possono facilmente convertire, ma dalla quale è più difficile effettuare la trasformazione inversa: è il calore, che per ciò ha un valore economico minore.

Il primo principio della termodinamica, tuttavia, non si occupa di tali considerazioni qualitative; esso affronta i problemi di scambio energetico in un'ottica di bilancio e dal suo punto di vista non esistono energie "di serie B": la realtà fondamentale è che in qualunque processo l'energia totale in gioco rimane la stessa. Inoltre ciò vale indipendentemente da come la si misura, sebbene il valore numerico  possa dipendere dal sistema di riferimento scelto.

Il postulato di conservazione infatti afferma: l'energia non può essere creata o distrutta, ma può solo essere convertita in un'altra forma.

A metà del XIX questa legge ha inglobato quella di conservazione del calore, 60 anni dopo, come conseguenza della teoria della relatività, ha fagocitato quella di conservazione della massa, e ora, per usare le parole di Einstein, "domina il campo da sola". Essa, per quanto ne sappiamo, ha validità del tutto generale e non è mai stato osservato alcun fenomeno che la violi (è, appunto, un principio); discende infatti dall'invarianza delle leggi fisiche rispetto alle traslazioni temporali, che è legata ad una semplice proprietà di simmetria del tempo: l'omogeneità.

 

 

Sistema Termodinamico: definizioni

 

Stabilita l'importanza concettuale del primo principio come espressione di una fondamentale legge di conservazione, per poterlo applicare dobbiamo definire l'oggetto dei nostri studi.

Col termine di sistema termodinamico s'intende una determinata porzione di spazio delimitata da una superficie, reale o apparente, detta pelle, che racchiude una o più sostanze chimicamente definite.

Tutto ciò che si trova al di fuori di tale confine è l'ambiente o contorno, mentre la loro unione, ossia il sistema più ampio ed onnicomprensivo possibile, prende il nome di universo.

 

Fig.3 - Definizione di sistema termodinamico

 

Il sistema può interagire coll'ambiente mediante scambi di materia e/o energia: per quanto concerne i primi, se essi sono impediti da una pelle impermeabile in senso idraulico, il sistema si dice chiuso; viceversa se sono presenti sezioni d'ingresso e uscita, chiamate luci, il sistema si definisce aperto.

Per quanto riguarda gli scambi energetici, tralasciando il caso poco interessante di sistema isolato nel quale essi sono impediti, si distinguono fondamentalmente due casi: quando l'interazione è attribuibile ad una forza, di varia natura, che sposta nel tempo il suo punto d'applicazione, la quantità di energia meccanica scambiata prende il nome di lavoro termodinamico, mentre si chiama calore la quantità di energia termica trasferita in seguito allo sviluppo di una differenza di temperatura tra sistema ed ambiente.

 

 

Primo Principio della Termodinamica per sistemi chiusi

 

L'importanza pratica delle leggi di conservazione risiede nel fatto che permettono di stabilire correlazioni tra stati successivi nell'evoluzione di un sistema fisico anche quando non sono noti i dettagli dei cambiamenti caratterizzanti la trasformazione; il primo principio della termodinamica non fa eccezione.

Consideriamo come da fig.4 un sistema chiuso che passi, non c'interessa come o in quanto tempo, da uno stato iniziale, con un certo valore d'energia, ad uno stato finale con un diverso valore d'energia.

 

Fig.4 - Sistema chiuso in trasformazione

 

Supponiamo, senza perdita di generalità, che l'energia finale sia maggiore di quella iniziale ed andiamo a stenderne il bilancio.

È ovvio che, se l'energia non si crea, il fatto che quella finale sia maggiore di quella iniziale implica che il sistema ne abbia assorbita la differenza dall'ambiente:

                                                                                          (8)

Il fatto però che il sistema sia chiuso esclude il trasporto convettivo, cioè tutte le modalità di trasferimento energetico che necessitino l'ingresso di materia: niente energia chimica, niente energia elettrica… Restano insomma due sole forme d'interazione a cui si possa ricondurre questa energia scambiata: il lavoro ed il calore.

 

Fig.5 - Convenzione sui segni

 

Adottando allora la convenzione sui segni presentata in fig.5, ossia considerando positivi per il sistema il calore assorbito dall'ambiente ed il lavoro svolto su di esso, possiamo riscrivere così la (8):

                                                                                              (9)

L'equazione (9) è il primo principio della termodinamica per il sistema chiuso.

 

 

Significato fisico del Primo Principio, Energia Interna

 

La termodinamica studia in effetti le relazione esistenti tra gli stati fisici estremi di una trasformazione e le quantità di energia scambiate nel corso della stessa. Il soggetto di tale studio, tuttavia, è in genere troppo complesso per essere descritto meccanicamente come sistema di particelle, sebbene sappiamo che le varie energie in gioco sono imputabili ai moti rototraslatori delle molecole costituenti ed alle loro reciproche interazioni elettromagnetiche. Ci si deve invece accontentare di caratterizzare uno stato fisico mediante la conoscenza di pochi parametri macroscopici, direttamente misurabili da un osservatore solidale col sistema, che rappresentano poi nella sostanza medie di quelle caratteristiche microscopiche altrimenti inaccessibili: in un gas, ad esempio, la pressione è legata alla quantità di moto delle molecole, come la temperatura alla loro energia cinetica. Queste grandezze necessarie per fissare informazioni sulla materia costituente il sistema si dicono variabili di stato o coordinate termodinamiche, ed è sufficiente che una di esse cambi per poter parlare di trasformazione.

Consideriamo ora una certa massa di gas che venga in vario modo compressa passando comunque per gli stessi stati estremi iniziale e finale, e rappresentiamone l'evoluzione in un diagramma pressione volume come in fig.6.

 

Fig.6 - Diagramma pressione/volume

 

Tutti i cammini raffigurati sono ugualmente leciti, ma ciascuno di essi richiede che venga eseguito sul sistema un diverso lavoro: immaginiamo di effettuare la trasformazione in un pistone del tipo in fig.7.

 

Fig.7 - Gas in compressione

 

Nell'ipotesi di una forza costante in modulo e con direzione sempre perpendicolare al pistone possiamo applicare la (3):

                                                                                                        (10)

Esprimendo ora nella (10) la forza come prodotto della pressione applicata per la superficie dello stantuffo, e la variazione di altezza dello stesso come diminuzione di volume divisa per la medesima area:

                                                                                  (11)

Col la (11) si intuisce allora come il lavoro eseguito lungo una qualsiasi trasformazione sia rappresentato dall'area sottesa nel diagramma pressione volume.

 

Fig.8 - Lavoro come area sottesa

 

Per ciascuna della trasformazioni di fig.6, quindi, il sistema subisce un diverso lavoro e cede un diverso calore: tuttavia, afferma il primo principio, la quantità d'energia complessivamente scambiata con l'ambiente dev'essere la stessa.

Consideriamo infatti una trasformazione reversibile che porti il sistema da i a f lungo t e di nuovo da f a i lungo t'. La variazione totale di energia "nell'andata" deve essere uguale e contraria a quella "nel ritorno", perché altrimenti, al termine del ciclo, risulterebbe creata o distrutta energia in contrasto col primo principio. La variazione  di energia nel sistema che passa da uno stato all'altro, quindi, deve dipendere solamente dagli stati iniziali e finali, non dalla via seguita.

Detto in altra maniera, la somma di tutte la energie possedute da un sistema dipende unicamente dallo stato nel quale il sistema si trova: questo è il significato fisico del primo principio. A tale somma, inoltre, si dà il nome di energia interna, ed essa costituisce, per quanto sopra, una funzione di stato.

Formalmente si può pensare ad essa come risultante dai contributi di energia cinetica interna ed energia potenziale interna, legate rispettivamente alla temperatura ed al volume del sistema (guarda caso altre due variabili di stato!), e considerarla un indicatore dell'agitazione termica delle molecole.

Nella maggior parte dei problemi di termodinamica, essendo l'osservatore solidale col sistema, vengono trascurati gli eventuali scambi energetici che modifichino moto o posizione di questo, ed assumono un ruolo preponderante quelli che al contrario ne interessino l'energia interna, tanto che la versione più utilizzata del primo principio della termodinamica è infine:

                                                                                            (12)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Esercizi sul Primo Principio della Termodinamica

 

Premettiamo che per le esercitazioni il nostro modello base di sistema sarà una sorta di "scatolone adiabatico", ossia un contenitore rigido e termicamente isolato, tale da essere indeformabile e da impedire gli scambi di calore con l'ambiente.

 

 

Esercizio 1

 

Un recipiente del tipo appena descritto contiene 100 l d'acqua alla temperatura iniziale di 20 °C. Come in fig.1, un'elica mescolatrice azionata da un motore da 0.5 CV di potenza agita il liquido per un tempo di 20 min.

Calcolare la variazione di energia interna e di temperatura del fluido.

 

Fig.1 - Sistema del 1° esercizio

 

Soluzione

 

In primis convertiamo i dati del problema in unità SI:

                                                                                      (1)

                                                                                          (2)

Osserviamo poi che, essendo nulla la cessione di calore all'ambiente, in questo caso il primo principio della termodinamica si riduce a:

                                                                                            (3)

Il lavoro in questione è quello prodotto dal motore, preso col segno meno in quanto subito dal sistema:

                                                             (4)

Sostituendo nella (3) si ottiene subito la variazione di energia interna richiesta:

                                                                                               (5)

Per ricavare la corrispondente variazione di temperatura è necessario conoscere la capacità termica specifica dell'acqua a volume costante, definita dalla:

                                                                            (6)

Sapendo di avere 100 Kg di acqua, dalla (6) si ha facilmente:

                                                                 (7)

 

 

Esercizio 2

 

Consideriamo ancora il sistema di partenza dell'esercizio precedente; questa volta, tuttavia, i 100 kg di acqua sono riscaldati per effetto Joule da una corrente di 6 A che passa per 5 min. su una resistenza da 0.2 W.

Se volessi ottenere lo stesso aumento di temperatura meccanicamente, con un sistema a puleggia come quello mostrato in fig.2, quale caduta di quota dovrebbe subire la massa di 100 kg collegata all'elica mescolatrice?

 

Fig.2 - Sistema del 2° esercizio

 

Soluzione

 

Convertiamo subito i dati in unità del Sistema Internazionale dove necessario:

                                                                                            (8)

Ancora partiamo dall'applicazione del primo principio e osserviamo che trasferendo calore all'acqua mediante la resistenza elettrica non viene compiuto lavoro sul sistema, mentre utilizzando l'agitatore meccanico gli scambi propriamente termici sono nulli; ossia nelle due trasformazioni, rispettivamente:

                                                                                            (9)

                                                                                         (10)

Ricordando la formula (11) della potenza dissipata per effetto Joule, calcoliamo allora il calore ceduto dalla resistore percorso da corrente:

                                                                                                     (11)

                                                 (12)

Per la (9), esso si traduce completamente in aumento dell'energia interna del sistema; se vogliamo ottenere lo stesso effetto meccanicamente, per la (10) è necessario che l'elica esegua una pari quantità di lavoro. Quest'ultimo è equivalente alla variazione di energia potenziale della massa sulla carrucola secondo la legge:

                                                                                               (13)

Dunque basta ricavare dalla (13) la variazione di quota sufficiente per produrre attraverso la (10) quanto garantito in altro modo dalla (12) e dalla (9):

                                                 (14)

Chiaramente il risultato negativo indica che il grave diminuisce la sua altitudine.

 

 

 

Esercizio 3

 

Un gas perfetto subisce un'espansione che lo porta da uno stato A, caratterizzato da una pressione di 32 bar ed un volume di 1 l, verso uno stato B, a 1 bar e 8 l.

Come rappresentato sul diagramma di fig.3, esso può compiere tale variazione di stato seguendo tre differenti "cammini":

a)      Trasformazione isobara (a pressione costante), seguita da isocora (a volume costante);

b)      Trasformazione in cui la pressione varia linearmente col volume;

c)      Trasformazione adiabatica (senza scambio di calore), in cui la relazione tra pressione e volume è del tipo

                                                                                                         (15)

Determinare per ognuno di questi "percorsi" il lavoro compiuto dal sistema ed il calore scambiato con l'ambiente.

 

Fig.3 - Diagramma pressione / volume

 

Soluzione

 

Iniziamo al solito normalizzando le unità di misura:

                                                                                           (16)

                                                                                             (17)

                                                                                             (18)

                                                                                            (19)

Osserviamo quindi che, essendo l'energia interna una funzione di stato, poiché le tre trasformazioni hanno in comune gli stati iniziale e finale, dovranno produrre la medesima variazione di tale grandezza; ciò, tradotto in termini di primo principio della termodinamica, significa:

                                                 (20)

Il dato notevole, infatti, è che l'adiabatica ha scambi termici nulli, dunque conviene calcolare subito il lavoro eseguito dal fluido lungo di essa per ottenere immediatamente il salto di energia interna comune a tutte le altre trasformazioni!

Sappiamo che il lavoro è rappresentato dall'area sottesa nel diagramma pressione volume, come in fig.4.

                                                                                                 (21)

 

Fig.4 - Area sottesa dalla trasformazione c)

 

Tuttavia, prima d'integrare dobbiamo ottenere dalla (15) l'espressione analitica della curva c), per esempio imponendone il passaggio nel punto A:

                                                                                          (22)

Ricavando la pressione in funzione del volume dalla (22), allora:

                          (23)

Col risultato ottenuto, non ci resta che calcolare analogamente il lavoro svolto lungo gli altri  cammini per ottenere dalla (20) anche i rispettivi calori assorbiti.

Per la trasformazione a) in fig.5:

 

Fig.5 - Area sottesa dalla trasformazione a)

 

                                 (24)

E con la (20), ovvero il primo principio della termodinamica:

                                  (25)

Infine per la trasformazione c) in fig.6:

 

Fig.6 - Area sottesa dalla trasformazione c)

 

  (26)

Con l'assorbimento dall'ambiente di:

                                    (27)