ANALISI DI SUONI COMPLESSI

 

Lo scopo dell’analisi in frequenza è quello di definire il contenuto di un suono complesso, che contiene componenti a diverse frequenze, anche variabili istantaneamente.

Ricordando che il campo sonoro udibile umano va circa dai 20 Ha ai 20 kHz e che l’orecchio non percepisce tutte le frequenze allo stesso modo, si capisce come mai in molte applicazioni tecniche che vanno dalla registrazione e riproduzione della musica all’analisi del rumore prodotto da macchinari o ambienti, si è interessati a valutare non tanto il livello sonoro complessivo, cioè l’energia totale del suono, bensì la sua distribuzione alle varie frequenze.

In natura non esistono però solo suoni puri (le sinusoidi utilizzate in teoria e molto comode per un’analisi matematica sono molto lontane dalla realtà); sono presenti forme d’onda molto strane (ad esempio dall’analisi della voce umana si nota che essa non ha nulla a che fare con una semplice sinusoide). Anche il suono prodotto da uno strumento musicale (una ben precisa nota) non è fatto unicamente di sinusoidi.

In un suono reale sono quindi sempre presenti sinusoidi discrete con opportune ampiezze, frequenze e fasi alle quali è sovrapposta una quota di rumore.

Effettuare l’analisi in frequenza significa partire da una rappresentazione del suono nel dominio del tempo, cioè dalla forma d’onda, ed arrivare a definire lo spettro (un procedimento analogo è fatto nell’ottica dove la luce è scomposta nelle sue componenti cromatiche, nient’altro che onde a diversa frequenza).

In sostanza, un suono puro è  un’ onda sonora la cui pressione acustica istantanea  è una semplice funzione sinusoidale del tempo, esprimibile quindi mediante  una relazione lineare del tipo :

 

 

In pratica, i suoni puri permanenti sono un’ eccezione : normalmente, infatti, il fenomeno sonoro si presenta come suono complesso costituito da un insieme discreto o continuo di oscillazioni sinusoidali. Se la funzione DP(t) che rappresenta il fenomeno sonoro è periodica, essa è analizzabile in serie di fourier in quanto un’oscillazione periodica complessa può essere considerata come una somma di una serie di oscillazioni sinusoidali semplici, le cui frequenze costituiscono una progressione aritmetica.

Cioè, se considero un segnale x(t) periodico di periodo T e frequenza f = 1/T, lo posso sviluppare come somma di infiniti termini armonicamente correlati,  ciascuno dei quali è caratterizzato da una frequenza multipla della frequenza f (frequenza fondamentale) . In formule risulta che

 

 

                                   

 

dove i coefficienti dello sviluppo sono

 

            

 

 

 

 

 

 

La frequenza f1, più bassa, viene chiamata frequenza fondamentale, mentre le altre componenti, di frequenze f2=2f1, f3=3f1...,sono dette armoniche (va tenuto presente che la prima armonica è la fondamentale, la seconda armonica la f2, e così via).  Sono di questo tipo i suoni emessi dagli strumenti musicali.

Oltre alle frequenze multiple della stessa fondamentale, un suono può risultare costituito anche da frequenze che stanno ancora in rapporto semplice, ma non intero, con la più bassa ; queste frequenze sono chiamate parziali e rivestono un ruolo importante in acustica musicale, ad esempio negli strumenti a percussione. Armoniche e parziali caratterizzano il timbro del suono. Possono presentarsi anche casi in cui il suono complesso è costituito da una serie di frequenze pure che stanno tra loro in relazione non armonica. Cio accade, ad esempio, quando quando si eccitano contemporaneamente  più modi propri di di oscillazione di corpi vibranti, quali le membrane tese o le piastre, che possiedono appunto frequenze proprie di risonanza in relazione non armonica.

In ogni caso, i suoni complessi sopra definiti possono essere rappresentati mediante un certo numero (teoricamente infinito!) di termini sinusoidali semplici i quali, come è noto, restano individuati ciascuno dai parametri A, f, φ, ossia dall’ ampiezza massima di oscillazione, dalla frequenza e dalla fase. La conoscenza di tali grandezze permette quindi di ricostruire l’ oscillazione complessa.

Potendosi trascurare, agli effetti dell’ ascolto, la fase in quanto l’ orecchio avverte principalmente le differenze di ampiezza e frequenza di oscillazione, il suono complesso poò essere rappresentato graficamente da una successione di righe, ciascuna delle quali individua con la sua ascissa la frequenza e con la sua ordinata l’ intensità.

 

 

       Se, invece, il suono periodico non è puro, ma è complesso, allora la situazione in frequenza è quella della figura seguente :

 

 

           

 

 

 

Normalmente, si usa prendere come grandezza rappresentativa dell’ intensità il valore efficace P della pressione acustica,  definita come :

 

 

dove      non è altro che la pressione istantanea al quadrato.

     

Il valore efficace (RMS) è quello che rappresenta meglio il contenuto energetico dell'onda.

 

L’ insieme di righe del grafico prende il nome di spettro acustico, o diagramma di analisi armonica.

 

Il valore efficace dell’ oscillazione armonica nel suo insieme è dato dalla relazione :

 

essendo Pn  il valore efficace dell’ ennesima armonica.

Nella maggior parte dei casi pratici, la funzione ΔP(t) che definisce la pressione sonora in un punto, non è analizzabile in serie di frequenze pure, ma e una funzione aleatoria che presenta uno spettro continuo in frequenza. E’ questo il caso di un gran numero di rumori quali, ad esempio, il rumore termico di apparecchiature elettroniche, il rumore generato da aviogetti, ecc.

Infine esistono fenomeni acustici (musica, linguaggio parlato, ecc.) costituiti da un gran numero di suoni di breve durata che si susseguono in rapida successione; ciascuno di tali suoni risulta in genere caratterizzato da un transitorio di attacco e un transitorio di estinzione, durante i quali l’ ampiezza della perturbzaione di pressione cresce sino ad un valore di regime e, rispettivamente, decresce fino ad annullarsi.

Anche questi tipi di fenomeni acustici possono essere convenientemente rappresentati da un diagramma spettrale, purchè si tenga conto della variazione temporale delle grandezze acustiche che li caratterizzano.

 

 

 

 

 

 

 

 

SPETTRO SONORO : FILTRAGGIO

 

 

Lo spettro di un segnale (e quindi la forma stessa del segnale) può essere modificato se sottoposto ad un’operazione di filtraggio. Un filtro è appunto un dispositivo che opera una trasformazione sulla struttura spettrale di un segnale, trasmettendone una parte ed eliminandone le parti restanti. In altre parole un filtro ha la proprietà di agire, modificandola, sulla ampiezza delle componenti, lasciando inalterata la loro frequenza. Consideriamo ad esempio un segnale periodico le cui armoniche abbiano tutte la stessa ampiezza, cioè le cui righe spettrali siano tutte della stessa altezza (A). Esistono quattro modalità tipiche di trasformarlo con un’operazione di filtraggio. Se il filtro trasmette solo le armoniche aventi frequenza inferiore alla cosiddetta frequenza di taglio (ft), si parla di filtraggio passa-basso (B); si parla invece di filtraggio passa-alto (C) quando sono trasmesse solo le armoniche di frequenza superiore a quella di taglio. Quando le armoniche trasmesse sono quelle di frequenza compresa fra due frequenze di taglio   si parla di filtraggio passa-banda (D); mentre se le armoniche comprese fra due frequenze di taglio vengono eliminate si tratta di un filtraggio elimina-banda (E).

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Le trasformazioni spettrali descritte sono realizzate da filtri ideali; per esempio un filtro passa basso ideale, come si è visto, trasmette senza attenuazione tutte le frequenze inferiori a ft, ed elimina completamente tutte quelle superiori. In realtà non esistono filtri ideali: ogni filtro «reale» inizia ad attenuare (leggermente) in prossimità della frequenza di taglio e dopo di questa opera una attenuazione progressiva (più o meno marcata) e non una drastica eliminazione. Nel caso dei filtri reali, la frequenza di taglio ft, è definita come la frequenza a cui il filtro attenua di 3 dB il livello di ampiezza massimo. Inoltre il tasso di attenuazione oltre la frequenza di taglio viene chiamata pendenza e si misura in dB per ottava (dB/oct). Quanto più la pendenza di un filtro (reale) è grande, tanto più esso si avvicina al corrispondente filtro ideale. Nel caso di un filtro passa-banda, in alternativa alle due frequenze di taglio è più usato il parametro larghezza di banda, o banda passante, definito come la differenza fra le frequenze di taglio stesse.

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Inoltre, nel caso di un filtro passa-banda simmetrico un ulteriore suo parametro caratteristico è la frequenza centrale (fc), definita come la media delle due frequenze di taglio. Spesso nei passa-banda simmetrici la «simmetria» non è definita su una scala lineare di frequenza, bensì su una scala logaritmica del «valore percentuale» di frequenza.

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La tabella illustra i «valori preferenziali» di frequenza (centrale) utilizzati negli analizzatori, rispettivamente, «di ottava», di «1/2 ottava». di «1/3 d’ottava».Questa serie di frequenze è intesa per misure acustiche e non concerne il campo musicale. Come base di tutte e tre le serie di frequenze preferenziali è stata scelta (come è tradizione in acustica) la frequenza di 1000 Hz. Si noti che in queste serie di valori di frequenza si utilizza un «incremento percentuale» costante e non un «incremento assoluto» costante. Per esempio, nella scala «di ottava», un dato valore di frequenza è pari al 200% del valore precedente, cioè l’incremento (percentuale costante) è del 100% e ad esso corrispondono incrementi assoluti (in Hz) crescenti col crescere della frequenza.

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L’altra tecnica fa ricorso ad un singolo filtro passa-banda di cui viene fatta variare nel tempo la frequenza centrale: in tal modo il filtro compie una «esplorazione» della scala di frequenza e misura in successione l’ampiezza (e la frequenza) di ciascuna armonica. In questo caso l’analisi avviene in tempo differito, cioè intercorre un certo ritardo fra l’immissione del segnale e la definizione completa del suo spettro. E’ importante, perché il filtro passa-banda estragga ciascuna armonica singolarmente, che la sua larghezza di banda sia inferiore all’intervallo di frequenza che separa due armoniche adiacenti; in altre parole la larghezza di banda deve essere inferiore alla frequenza del segnale complesso periodico da analizzare. In tal caso si dice che il filtro è a banda stretta. Di contro si parla di filtri a banda larga, quando la loro larghezza di banda è maggiore della frequenza del segnale, per cui essi misurano nello stesso tempo due o più armoniche del segnale. In questo caso, si ottiene un risultato (spettrale) che è ancora largamente utilizzabile in Fonetica.

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Rappresentazione schematica della tecnica di analisi di un segnale complesso periodico composto da due armoniche ad opera di un filtro passa-banda che «esplora» l’asse delle frequenze.

 

 

 

 

TIPI DI RAPPRSENTAZIONE DELLO SPETTRO

 

 

Uno spettro, a seconda della tecnica utilizzata per ricavarlo e del tipo di visualizzazione impiegata, può cambiare notevolmente d’aspetto. Esiste, infatti, una prima differenza tra l’analisi in banda stretta e in banda percentuale costante, ed una seconda differenza nella rappresentazione con asse delle frequenze lineare e logaritmica.

 

Prendiamo, di seguito, in esame lo spettro di uno stesso segnale, analizzato con lo stesso strumento e rappresentato in quattro differenti modi.

 

1.      Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala logaritmica (fig. 1) (i terzi presentano tutti la stessa larghezza). Graficamente notiamo un segnale piuttosto livellato con un picco alla frequenza di circa 2000 Hz.

 

Fig.1

 

 

2.      Analisi per bande percentuali costanti in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala lineare (fig. 2) (aumentando la frequenza i terzi si allargano). Dallo spettro si nota un segnale che presenta un picco a frequenza apparentemente bassa e che va diminuendo di livello salendo ad alta frequenza.

Fig. 2

 

Apparentemente i due spettri sono molto differenti, ma in realtà rappresentano sempre lo stesso segnale: si può vedere questo osservando il valore indicato dal cursore. In entrambi i casi si ha un picco di 87,3 dB alla frequenza di 1982,1286 Hz.

 

Passiamo ora dai filtri a banda percentuale costante a quelli a banda costante.

 

3.      Analisi in banda stretta con asse delle frequenze logaritmica (fig. 3).

Fig. 3

 

 

 

 

 

4.      Analisi in banda stretta con asse delle frequenze lineare (fig. 4).

 

Fig. 4

 

 

Negli ultimi due casi, essendo le bande più strette, esse riescono a catturare frequenze ad un’energia mediamente inferiore a quella catturata dalla banda in terzi d’ottava. Normalmente, rispetto all’andamento in terzi d’ottava, un segnale visualizzato in banda stretta, tenderà ad attenuare i livelli ad alta frequenza ed ad incrementare quelli a bassa frequenza. Questo si può notare sia dalla fig. 18 sia dalla fig. 19.

Infine passando dall’analisi in terzi d’ottava alla banda stretta il valore in dB del segnale varia. Notiamo che a 2 kHz nei primi due grafici si otteneva un picco a 87,13 dB mentre negli ultimi due esso valeva 66,87 dB (circa 20 decibel di differenza).

 

Possiamo concludere con certezza che è necessario stabilire il tipo d’analisi in frequenza in quanto la scala tipografica della rappresentazione dello spettro ne può alterare notevolmente la lettura.

 

Resta comunque da sottolineare che il nostro udito è meglio rappresentato dall’analisi in terzi d’ottava con asse delle frequenze in scala logaritmica.

 

INTENSITA’  ACUSTICA

 

       Un altra grandezza che è interessante calcolare per valutare il fenomeno del trasporto di energia dell’onda piana progressiva è l’intensità acustica che rappresenta il valore medio nel tempo dell’intensità istantanea Ii(t)

 

                                                        (19)

 

       da cui l’intensità media

 

                                                 (20)

 

       Dopo aver riscritto le equazioni della velocità e della pressione in funzione dell’impedenza:

 

              (21)

 

      (22)

 

posso calcolare l’intensità media (ricordando la formula trigonometrica :

                                                     (23) 

la quale vale ½ se integrata mediamente nel tempo ) ottenendo tre possibili risultati:

 

                                                         (24)

 

                                                             (25)

 

                                                              (26)

 

       Se poi si utilizzano le espressioni dei valori medi efficaci ,in quanto si parla di grandezze sinusoidali,  e (l’acronimo rms sta per Root Mean Square):

 

                                                                (27)

 

                                                                 (28)

 

l’intensità può essere riscritta come:

 

                                      (29)

 

                                                 (30)

 

                                                (31)

 

       In generale c’è la tendenza ad abusare di queste formule per la loro estrema comodità di calcolo e semplicità,soprattutto per quanto riguarda la (30).Infatti fino agli anni Ottanta questa espressione era usata per calcolare l’intensità di qualsiasi forma d’onda,commettendo un grossolano errore dal momento che recentemente si è appurato che vale solo per l’onda piana progressiva!Ciò che aveva tratto in inganno era il significato fisico di equivalente energetico del valor medio efficace.Si  indicava con esso ,sbagliando, l’energia immagazzinata dal sistema invece di far riferimento solo all’energia potenziale.Avendo calcolato solo il valor medio efficace della pressione in un campo acustico generico,non si è in grado di valutare l’energia cinetica in quanto non è detto che tutta l’energia potenziale si trasformi in energia cinetica!Anzi solitamente l’energia immagazzinata come energia potenziale è mediamente maggiore dell’energia cinetica e viceversa ci sono casi in cui è vero il contrario ,cioè che l’energia immagazzinata in termini di velocità,e quindi l’energia cinetica, è superiore all’energia potenziale.Solo per l’onda piana progressiva sussiste la seguente uguaglianza:

 

                                                              (32)

 

e dall’uguaglianza dell’intensità si scrive:

 

                                                            (33)

 

       Quindi nell’apprestarsi allo studio di un onda qualsiasi non è sufficiente conoscere solo la pressione per valutare l’intensità,occorrono pressione e velocità. L’unico termine che rimane sempre valido è l’intensità valutata come media integrale nel tempo.

 

 

 

MISURE FONOMETRICHE

 

 

Le misure fonometriche ci permettono di analizzare e quantificare il suono.

Ogni giorno siamo investiti da onde sonore rumori, voci, musica e talvolta può essere utile poterli misurare: in ambienti di lavoro, di studio, strade ecc. allo scopo di rilevare il livello di inquinamento acustico.

Per effettuare tali misure si utilizza il fonometro.

Si possono trovare in commercio diversi tipi di fonometro con diverse prestazioni e diverse caratteristiche.

Lo strumento, grazie al microfono di cui è dotato,  è in grado di rilevare le variazioni di pressione generate dalle onde sonore e di visualizzare successivamente su un display  (eventualmente su un elaboratore elettronico) il livello di campo misurato.

Oggigiorno i fonometri sono anche in grado di effettuare l’analisi in frequenza del segnale captato.

 

 

Fig.1) Partendo da sinistra: microfono, fonometro, generatore di tono puro    (indispensabile alla calibrazione del fonometro),  cuffietta  di  protezione  anti-vento.

 

 

 

Prima di descrivere il funzionamento del fonometro avvalendomi dello schema a blocchi, devo effettuare alcune importanti premesse.

 

Grandezze misurate e definizione di Livello Equivalente (LEQ)

 

Il fonometro è in grado di misurare i livelli di pressione, esso campiona il segnale in ingresso ad intervalli di tempo ben definiti che possono variare a seconda della costante di tempo (τ = RC) scelta dall’utente; esistono tre tipi di costanti di tempo:

 

τ

Periodo “ T “ (ms)

N° di campioni al sec.

SLOW

1000

1

FAST

125

8

IMPULSE

35

28

 

 

Una volta scelta la costante di tempo desiderata, il fonometro rileva  nell’unità di tempo i livelli di pressione  (LP)  istantanei. (Es: 8 rilevazioni al secondo nel caso di costante FAST ).

 

                                        

Matematicamente il livello di pressione (Lp) è definito da:                         

 

dove:

 

 

PRMS  rappresenta il valore medio efficace.

Pi = Pressione istantanea del campo sonoro.

P0 = Pressione di riferimento, circa 2x10-5 (Pa)

 

Possiamo dare, a questo punto ,la definizione matematica di livello equivalente         (LEQ)

 

 

                        

 

Per calcolare “fisicamente” il LEQ possiamo avvalerci di un semplice circuito elettronico (RC) che, utilizzato come rivelatore del valore medio efficace, fornisce una risposta di questo tipo:

 

CIRCUITO  RC :

 

SCHEMA  A  BLOCCHI:

 

SCHEMA  ELETTRICO:

 

Supponiamo di applicare in ingresso un segnale delta-di-Dirac ( δ(t) ) allo scopo   di trovare la risposta impulsiva ( h(t) ) del filtro.

La funzione di trasferimento del filtro sarà quindi:

 

 

ma:

 

 

imposto quindi l’equazione differenziale:

 

 

 

risolvo l’equazione applicando il metodo della variazione delle costanti:

 

 

 

 

integrando ambedue i membri…

 


             

 

 


quindi:

 

   

                    

 


a questo punto posso sfruttare h(t)  per trovare il generico segnale di uscita (Vout); l’elevamento al quadrato deriva dal fatto che mi interessa il valore medio efficace.

 

 

 


il segnale di uscita Vout è quindi ottenuto dalla convoluzione tra Vin e h(t) :

 

 

 

 

(t – τ < 0 ) è h(t) = 0         quindi il segnale di uscita sarà:

 


 

 


Il termine esponenziale, presente all’interno dell’integrale, rappresenta una “memoria” in funzione del tempo; dal grafico riportato qui sotto (Fig.2) si nota l’andamento ideale (rappresentato con un tratto di linea più spesso) e l’esponenziale negativo, che rappresenta la memoria presente nei fonometri analogici:

Oss. L’esponenziale decresce infinitamente, ma dopo un tempo pari a 5τ non influenza più il nostro sistema.

 

 


FORMULA PRATICA PER DETERMINARE LEQ
 

                                                                                                                      

 Il livello equivalente è una media energetica: cioè una media dei valori di intensità del segnale campionato, non di livello.

 

Li = Livello campionato (dB)

Ni= numero di campioni rilevati per il livello Li

 

Il calcolo del livello equivalente (LEQ) può essere fatto direttamente dal fonometro oppure i dati del segnale campionato possono essere elaborati per esempio da un foglio di lavoro .

 

 

Per la misura di Leq è necessario effettuare il campionamento dell’andamento temporale. Questo stesso campionamento ha un'ulteriore rilevanza, dovuta al decreto misure del marzo '98, il quale afferma che sul suono misurato possono essere effettuate tre possibili correzioni:

 

1)                C1    (per componente impulsiva)

2)                C2    (per componente tonale)

3)                C3    (per componente tonale a bassa frequenza)

 

Per ogni correzione di questo tipo vengono addizionati 3 dB e il livello del rumore ambientale (LAMB) è dato dalla somma :

LAMB = Leq + C1 + C2 + C3                                           

 

E' necessario, allora, stabilire secondo il decreto misure del marzo '98 che cosa si intenda per rumore impulsivo. Il decreto afferma che:

 

"Il rumore è considerato avente componenti impulsive quando sono verificate le condizioni seguenti:

 

·                  l’evento è ripetitivo;

·                  la differenza tra LAImax ed LASmax è superiore a 6 dB;

·                  la durata dell’evento a -10 dB dal valore LAFmax è inferiore a 1 s."

 

La prima condizione è chiarita nel decreto qualche riga più avanti.

 

"L’evento sonoro impulsivo si considera ripetitivo quando si verifica almeno 10 volte nell’arco di un’ora nel periodo diurno ed almeno 2 volte nell’arco di un’ora nel periodo notturno."

 

Passiamo quindi al secondo punto. LAImax, e LASmax rappresentano rispettivamente il massimo livello misurato secondo la metodologia IMPULSE e secondo la metodologia SLOW. Allora per avere un rumore impulsivo deve valere la condizione:

LAImax - LASmax > 6 dB                                   

 

 

La formula precedente, tuttavia, è soddisfatta anche dalla voce umana (il che significa che è una condizione debole, perché facilmente verificabile). Per questo motivo è stata introdotta la terza condizione, dove compare il termine LAFmax che indica il massimo livello misurato con la costante di tempo FAST. La terza condizione può essere schematizzata dal seguente grafico (Fig. 3).

 

 

Fig. 3)

 

 

Data la traccia FAST del segnale, deve essere verificato che, abbassandosi di 10 dB rispetto al valore massimo, la durata dell'impulso sia minore di un secondo. Si vede così che è necessario misurare contemporaneamente l’andamento  temporale con le tre costanti di tempo IMPULSE, FAST e SLOW. Tuttavia l'unico strumento che permette direttamente una misura di questo tipo è il fonometro della Larson Davis ed è molto costoso. La maggior parte dei fonometri invece permette una misurazione per volta. Quindi l'unica soluzione è quella di registrare il segnale e poi inserirlo nuovamente nel fonometro in metodologia IMPULSE, FAST e SLOW.

Devo però fare attenzione a registrare il segnale in modo da non perdere nessuna informazione e da non introdurre nessun disturbo. Un modo corretto è quello di registrarlo su disco fisso nel computer o su un sistema di registrazione "senza perdite". Infatti se decidessi di fare la registrazione ad esempio su un CD, perderemmo molte delle informazioni necessarie, proprio perché il CD utilizza algoritmi di compressione che perdono parte del segnale.

 

 

 

 

 

ESEMPIO:

Fig. 4) Osservando il grafico, che riporta un segnale campionato con costanti SLOW, FAST, IMPULSE; notiamo che siamo in un classico caso di applicazione della penalizzazione.

 

FONOMETRO:

 

SCHEMA  A  BLOCCHI:

 

 

DESCRIZIONE  DEI  SINGOLI  BLOCCHI:

 

MICROFONO (MICROPHONE): Il microfono è il trasduttore  pressione - tensione che permette di rilevare le variazioni del campo sonoro. Contenuto in una struttura tubolare è sensibile unicamente alla pressione, e non alla velocità del campo. E’ quindi totalmente privo dell’effetto “ prossimità “ (per il quale si avrebbe una sovramplificazione delle basse frequenze).

La caratteristica fondamentale di questi microfoni, è la “ Sensibilità “.

La sensibilità microfonica è espressa in  mV/Pa (millivolt/Pascal). I valori tipici rientrano nella fascia da 2 – 100 mV/Pa. Per esempio un microfono con sensibilità 100 mV/Pa è molto sensibile, e viene utilizzato per misure di precisione. Differentemente un microfono con sensibilità di 2 mV/Pa è un microfono poco sensibile (duro), usato per rilievi in cui non è necessaria una particolare precisione.

 

Il microfono a noi in dotazione ha una sensibilità di 50 mV/Pa, ha quindi una discreta precisione.

I microfoni per misure fonometriche sono di due tipi:

-                    per misure in campo libero

-                    per misure in “campo diffuso

I microfoni per misure in campo libero hanno una risposta piana, quando investiti da un’onda piana progressiva di testa. Possono essere usati all’aperto, puntandoli verso la sorgente sonora oppure in tutti gli ambienti a patto che siano orientati verso la sorgente sonora predominante.

Usati scorrettamente, ossia ad esempio orientati con un angolo di 90° rispetto la sorgente, essi sottostimano le componenti ad alta frequenza.                        

 

Fig.5) Esempio di microfono per misure in campo libero orientato correttamente

Fig. 6) Risposta in frequenza per un microfono a campo libero

 

Per poter effettuare misure in ambienti con più sorgenti acustiche con presenza di rimbombi, e quindi molto ricchi di campi sonori,  sono stati inventati i microfoni a campo diffuso. Usato scorrettamente, ossia orientato verso la sorgente sonora,  produce una sovrastima delle alte frequenze.

 

 

Fig. 7) Risposta in frequenza per il microfono a campo diffuso

 

 

Avendo uno dei due microfoni, è possibile usarlo per una misura in campo opposto, apportando alcune correzioni, in base all’ambiente in cui si effettua la misura.

Dovendo infatti utilizzare un microfono per campo libero in campo diffuso, si corregge la curva tramite circuiti di compensazione interni al fonometro stesso (per esempio in quello della Bruel&Kjaer).Questi circuiti correggono la curva dei livelli tramite un’operazione di filtraggio. Per il caso contrario (microfono per campo diffuso in campo libero), è sufficiente orientare lo stesso a 90° rispetto alla sorgente sonora.

E’ bene sapere che tutti questi microfoni, sono in CLASSE 1.

Questo significa che la ditta produttrice garantisce la risposta in frequenza del dispositivo entro i limiti di tolleranza indicati e previsti dalle norme.

 

 

Il microfono è costituito da due membrane: una vincolata agli estremi esposta al campo sonoro, ed una sottostante libera nella quale sono presenti delle fessure per il passaggio dell’aria. Queste membrane sono sottoposte ad una differenza di potenziale (DV), detta di polarizzazione, solitamente di 200 Volt. Le due membrane costituiscono un “ condensatore ” .

Il microfono viene di conseguenza chiamato “ microfono a condensatore “.

All’arrivo del campo sonoro, le membrane si avvicinano e si allontanano proporzionalmente alla pressione del campo, e  si ha così una variazione di capacità e quindi di tensione. In serie  al condensatore costituito dalle membrane se ne trova un altro, necessario per bloccare la componente continua e, permettere unicamente il passaggio della variazione di tensione.

 Esistono in commercio anche microfoni autopolarizzati ,che hanno la polarizzazione internamente, ma sono meno stabili e quindi meno affidabili. 

Il segnale in uscita è ora un segnale elettrico.

 

 

ADATTATORE  DI  IMPEDENZA  ELETTRICA  (IMPEDANCE  CONVERTER):

 

Questo dispositivo non è altro che un adattatore di impedenza che consente al sistema di funzionare.

Infatti il microfono a condensatore non funziona se chiuso su di un carico, poichè si ha l’innesco del processo di scarica del condensatore stesso (attraverso la resistenza del circuito a valle), per la quale non verrebbero rilevate le variazioni di tensione.

Chiudendo invece il circuito su di una impedenza infinita o comunque molto grande, il condensatore (microfono), non si scarica e, la variazione di tensione, viene rilevata dal circuito a valle. Questi adattatori sono comunemente costituiti da transistori unipolari (JFET – transistori ad effetto di campo) a guadagno unitario, i quali “disaccoppiano” il microfono dal resto del circuito. La caratteristica di questi dispositivi è proprio quella di riportare a monte un’impedenza elevata, e a valle una impedenza bassa sulla quale può scorrere una corrente non trascurabile.

Parecchie volte erroneamente questo stadio viene chiamato “ preamplificatore microfonico “; questo termine è improprio, perchè come già detto,  il guadagno è unitario e di conseguenza non si ha amplificazione del segnale. E’ possibile inoltre porre il microfono a distanza dal fonometro tramite l’applicazione di un cavo tra l’uscita del convertitore di impedenza e lo strumento vero e proprio.

 

 

ATTENUATORE  E  FILTRI  DI  PONDERAZIONE (AMPLIFIER  Fr WEIGHTING ATTENUATOR):

 

Questo dispositivo consente più operazioni:

 

-                    selezionare il fondo scala desiderato

-                   selezionare il tipo di ponderazione

-                   selezionare eventualmente l’analisi in frequenza

 

Selezionare il fondo scala è importante perché, un suono troppo forte, può saturare lo strumento il quale non riesce più a leggere il segnale. In questa condizione il fondo scala selezionato è troppo basso. Analogo è il discorso nel caso in cui è stato selezionato un fondo scala troppo alto per un segnale piuttosto debole, il quale non viene rilevato.

Il  fondo  scala  va’  quindi  adattato  in  modo  che  il  livello  sonoro,  rientri nel

range “ di valori selezionato.

Il nostro strumento della Delta – Ohm ha un range di lavoro di 60dB per quattro fondo scala:

-                    24 – 84   dB

-                    44 – 104 dB     per misure ambientali   

-                    64 – 124 dB     per misure in ambienti di lavoro

-                    84 – 144 dB

 

I più usati sono i due della fascia centrale.

 

Per esempio:

- il livello della voce di un professore che parla in aula con il microfono è di       circa 79 – 80 dB

- il rumore di fondo causato dai soffioni di un’aula di università è di circa 49 –  50 dB

E’ possibile inoltre la scelta della ponderazione ( A,B,C,D ) oppure dell’analisi in frequenza.

Un errore in cui spesso si incorre è quello di affrontare l’analisi in frequenza del segnale già ponderato. Come visibile nello schema a blocchi, questo fonometro permette di selezionare o una o l’altra analisi del segnale, grazie ad un commutatore, che determina il collegamento del resto del sistema o con l’attenuatore, o con un sistema di filtri per l’analisi in frequenza.

 

 

INDICATORE  DI  OWERFLOW e UNDERFLOW (OWERFLOW  DETECTOR):

 

Questo stadio indica quindi quando si presentano gli stati di “ overflow “ o di “ underflow “, in modo che l’utente venga informato, e selezioni l’esatto fondo scala per poter effettuare la misura.

 

 

FILTRI  ESTERNI  (EXTERNAL  FILTER):

 

Questo insieme di filtri rende possibile l’analisi in frequenza del segnale. Negli strumenti moderni questo blocco è interno al sistema e realizzato da circuiti elettronici. I fonometri  non recenti venivano collegati invece ad un dispositivo secondario, contenente appunto i filtri (a valvole) che occupavano però molto più spazio. Ecco perchè erano collegati esternamente.

 

 

RILEVATORE  DI  PICCO  LOGARITMICO (LOG – RMS  PEAK  DETECTOR):

 

Passando attraverso questo stadio, il segnale precedentemente filtrato e predisposto per la ponderazione o per l’analisi in frequenza, viene innanzitutto raddrizzato (elevamento a quadrato),  viene poi rilevato per farne la media efficace (RMS).

Da questo stadio viene quindi operata una conversione da logaritmico ad un valore efficace RMS.

 

 

SISTEMA   DI  CALCOLO  E  DI INDICAZIONE (CALCULATOR  INDICATOR  SYSTEM):

 

Il sistema di calcolo campiona il segnale con costante assegnata (FAST, SLOW, IMPULSE).

 Se ad esempio, la misura viene effettuata su un intervallo di tempo di 10 minuti, ed il campionamento avviene con costante “FAST”, si ha:

10 min = 600 s

costante  “Fast” = 125 ms

N = n°  campioni = 600 * 8 = 4800

Come sarà specificato poi in seguito, il sistema fornisce in uscita il livello equivalente del campo.

Viene eseguita cioè dal sistema di elaborazione una media di tutti i valori campionati.

La stessa viene poi aggiornata nel tempo, ed è possibile vedere il cosiddetto “running della media”, ossia, l’andamento della media nel tempo.

 

 

DISPLAY

 

I vecchi strumenti erano analogici (a lancetta) e anche se non erano particolarmente precisi, fornivano un’indicazione molto intuitiva del livello di rumore misurato.

Gli strumenti moderni, con display digitale, sono sicuramente più precisi, ma anch’essi riportano al di sopra del display una “lancetta digitale” che fornisce l’indicazione analogica della stessa misura.

 

 

HOLD (“IMPULSE”  ONLY)

 

E’ una cella di memoria che permette di mantenere la misura eseguita fissa sul display (come un tasto pause in un registratore). Nella pratica è poco usato.

 

 

 

DISPOSITIVI  DI  USCITA DEL  SEGNALE:

 

Il fonometro, riporta diversi tipi di prese per poter prelevare il segnale:

    

-                    presa AC pre-filter (nei fonometri recenti)

Da questa presa è possibile prelevare il segnale non ponderato, ottimo per l’analisi in frequenza.

-                    presa AC post-filter (nei fonometri recenti)

Da questa presa è possibile prelevare il segnale già ponderato.

-                    presa DC (nei fonometri non recenti)

Questa presa oggi poco usata, era dedicata a strumenti di registrazione della vecchia generazione.

-                    una porta seriale per la eventuale connessione ad un Pc

    

Le prese AC vengono utilizzate anche per la registrazione dei campioni tramite registratori digitali, come i DAT, schede di campionamento, Pc, ecc.

 

 

LA SCALA DEI DECIBEL

 

 

        Lo scienziato statunitense Graham Bell (1847-1922) osservò che la sensazione sonora, alla frequenza campione di 1000 Hz, raddoppia se l’intensità del suono che la provoca cresce di un fattore pari a circa 3.16 @ . Tale valore è naturalmente approssimato, in quanto la risposta ad una variazione in pressione dipende dalle caratteristiche dell’onda sonora, ma risulta essere abbastanza preciso. In particolare tale valore convinse Bell ad usare una scala logaritmica per misurare la sensazione sonora: scegliendo ad esempio una scala arbitraria alle varie pressioni si avrebbero i seguenti risultati

Pressione sonora (Pa)

Sensazione (S)

0.01

1

0.0316

2

0.1

3

0.316

4

1

5

 

dove l’aumento di S di un’unità indica il raddoppio della sensazione.

Bell definì quindi la sensazione sonora come:

utilizzando come unità di misura per tale grandezza il Bel [B] (dove lg indica il logaritmo in base dieci). Si può notare come le pressioni usate non siano quelle massime associate all’onda, ma il valor medio efficace (RMS) mediato su un periodo, in quanto tale valore è più semplice da calcolare. La quantità P0 è la pressione di riferimento, fissata al valore Pa, che corrisponde al più basso suono udibile avente frequenza 1000 Hz. I valori ottenuti con tale formula corrispondono bene a quelli trovati sperimentalmente, ma tale scala si rivelò presto troppo grossolana: è per questo che ancora oggi si usano i suoi sottomultipli, in particolare il Decibel [dB]. Il Decibel non è una vera e propria unità di misura, ma indica il livello della grandezza al quale è riferito:

il risultato di tale espressione è quindi il livello di pressione associato al suono.

Il Decibel viene riferito a qualsiasi grandezza di cui sia necessario avere una scala logaritmica; ad esempio le scale usate per indicare il volume di molti stereo sono espresse in decibel negativi: esse misurano il livello di attenuazione del segnale sonoro originario. Un’altra caratteristica importante del decibel risiede nella sua semplicità pratica ai fini del calcolo. Se, ad esempio, due suoni hanno una differenza nel livello della pressione pari a 6dB, attraverso semplici calcoli si può risalire alla differenza di pressione sonora che li distingue:

Se il segnale sonoro è trasmesso da un’onda piana sinusoidale con velocità e pressione in fase, è utile definire un livello per tutte le sue grandezze caratteristiche. Si definisce quindi il Livello di velocità:

che indica la velocità dell’onda sonora rispetto alla velocità di riferimento; quest’ultimo valore si ricava facilmente ricordando che :

 

 

 

Livello di pressione sonora:

con p0 = 2 µPa valore di riferimento.

 

 

Il Livello di intensità sonora:

dove il valore di riferimento è dato da:

Infine il Livello di densità sonora:

dove il valore di riferimento è dato da:

Utilizzando i livelli così definiti per analizzare un’onda piana sinusoidale si ottiene:

 

 

ESEMPIO : SOMMA DI SEGNALI

 

      Somma coerente

Dati due segnali sonori è possibile calcolare i livelli associati nei due casi:

                   

Se i due segnali sono perfettamente in fase, istante per istante le due pressioni sonore possono essere sommate per trovare un livello totale:

Se, inoltre, P1=P2:

Sommando in pressione due livelli si ottiene un incremento massimo di 6 dB.

Per cui giungiamo all’inaspettato risultato che .

Somma incoerente

Nel caso in cui si abbiano a disposizione due altoparlanti che emettono lo stesso segnale, ricevere con un microfono due suoni assolutamente identici è praticamente impossibile: spesso, infatti, due segnali sono già lievemente differenti in partenza e percorrono distanze diverse prima di raggiungere il microfono. In un punto arbitrariamente lontano, quindi, a volte i segnali si sommano raddoppiando la pressione sonora, s'annullano oppure si presentano sono a fasi intermedie.

 

Generalmente, per somma di due livelli si considera una somma incoerente.

 

Quindi, per ottenere il livello sonoro totale si sfrutta il principio di conservazione dell'energia: esso prevede che la densità d'energia sonora sia uguale alla somma aritmetica delle due prese singolarmente.

Fig. 12: Somma incoerente

 

Quindi, sommando le intensità dei due segnali si ottiene:

Se I1=I2 allora:

 

Per cui, ad esempio, e non .

Possiamo quindi affermare che: sommando due livelli L1 ed L2, si ottiene un segnale che è dato dal maggiore dei due incrementato al massimo di 3 dB (lo si può notare anche dal grafico seguente).

Fig. 13

Dalle proprietà del logaritmo possiamo inoltre capire che il valore da sommare al maggiore dei due suoni dipende unicamente dalla differenza di livello tra i due, non dal livello di partenza.

In fig. 13 è indicato quanto si deve sommare al livello del maggiore tra i due segnali per ottenere il livello totale.

Come si può notare, se i due livelli differiscono per più di 10 dB, l’incremento sul maggiore è sostanzialmente nullo (di soli +0,4 dB).

Ad esempio .

 

Supponiamo allora di essere in presenza di una sorgente forte e di una debole: l’orecchio umano percepisce entrambe le sorgenti, un fonometro invece soltanto la prima. Il suono è quindi trascurabile dal punto di vista del livello totale, ma è comunque udibile (sempre che non sia presente il fenomeno del mascheramento).

 

Interferenza

In presenza dello stesso segnale riprodotto da due altoparlanti si possono avere effetti di interferenza: vi sono, cioè, zone in cui i due segnali sono in fase (la somma avviene in pressione per un incremento massimo di 6 dB) ed altre in cui essi sono in controfase (uno ha un massimo e l’altro un minimo). In queste zone i due segnali elidono mutuamente i loro effetti. In particolare, i minimi d’intensità si trovano a distanza proporzionale a mezza lunghezza d’onda.

Gli effetti d’interferenza sono problematici quando si hanno solo due sorgenti di segnale. Con più sorgenti sarebbe praticamente impossibile trovare un punto in cui il segnale totale si annulla completamente.

 

L’operazione di cancellazione di un suono con un controsuono è praticamente irrealizzabile in una vasta regione: solo in condizioni geometriche molto favorevoli è ottenibile una zona di cancellazione più grande di ¼ di lunghezza d’onda. In condizioni normali, invece, le bolle silenti che si vengono a creare sono relativamente piccole (già ad una frequenza di 1000 Hz ho una lunghezza d’onda di 34 cm e quindi una bolla di raggio molto piccolo).