Fluidodinamica
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La fluidodinamica è la parte della meccanica che si occupa della dinamica dei fluidi all’interno ed all’esterno di condotti. Essa serve a descrivere lo stato termodinamico e meccanico delle sostanze che sottoposte a forze esterne si deformano, senza mostrare alcuna tendenza a conservare la propria forma.
Nello schema è riportata la suddivisione degli stati della materia:
SOLIDI: il corpo ha volume proprio e tende a mantenere forma propria. Se al corpo sono applicate forze tali da modificarne la forma, esso rimane deformato.
SOSTANZE DI BINGHAM: il corpo ha volume proprio e tende a mantenere forma propria ma, sottoposto a forze esterne, dopo una certa soglia, la perde completamente.
FLUIDI a loro volta suddivisi in:
· LIQUIDI: sostanza delimitata da superficie ben definita che ha volume proprio ma forma causata dal recipiente che la contiene.
· AERIFORMI: sostanze costituite da molecole in moto caotico che urtando tra di loro tendono a disperdersi: non hanno forma né volume, tendono infatti ad occupare lo spazio loro consentito, costituiti da Gas, Vapori, Nebbie e Aerosol.
Fra le caratteristiche che accomunano i liquidi e gli aeriformi c’è la comprimibilità che è molto più evidente nei secondi e meno nei primi per cui nel nostro studio sarà trascurata. Un esempio della comprimibilità del liquido è evidente nel "colpo d’ariete": bloccare improvvisamente un liquido in movimento all’interno di una tubatura tramite, ad esempio, un rubinetto provoca un enorme aumento di pressione dovuto alla compressione del fluido, rilevabile anche acusticamente, tale da poter, in certi casi, rompere la tubatura.
FLUIDO IDEALE: fluido che si muove senza attriti (oltre a essere incomprimibile, omogeneo ecc.).
Il fluido ideale, in realtà, è un paradosso in quanto non esistono sostanze con queste caratteristiche infatti, quando una di esse si muove, è sottoposta a forze ritardatrici cioè dirette in senso contrario a quello di movimento dovute alla viscosità.
Le stesse considerazioni che vengono fatte per i liquidi valgono anche per gli aeriformi solo se è lecita l’ipotesi di densità costante (r = cost).
Viscosità e aderenza
Già nel linguaggio ordinario si parla comunemente di VISCOSITA’ a proposito di liquidi, qualche volta confondendo la vera e propria viscosità con la densità. Così è esatto dire che l’olio è più viscoso dell’acqua; che l’acqua è a sua volta più viscosa dell’etere etilico, ecc.; invece è errato dire che l’olio è più denso dell’acqua, perché la densità, cioè la massa rapportata al volume, è una cosa completamente diversa. In realtà la viscosità è considerabile come l’insieme delle forze tangenziali fra superficie e fluido e fra strati di fluido diversi che si oppone al moto di questo fluido rispetto alla superficie. Queste forze tangenziali sono dette TENSIONI (t ) e hanno una forma del tipo:
Dove F è la forza che agisce su un elemento di area A che si oppone al verso del movimento del liquido.
Immaginiamo di avere un fluido in moto relativo rispetto ad una superficie solida: se si traccia in un dato istante un segmento colorato diretto normalmente alla superficie, e se dopo un intervallo di tempo si fotografa nuovamente la porzione di liquido considerato, si vede che in breve tempo tale segmento si è deformato nel senso del moto, dando luogo ad una figura geometrica (fig.1) che rappresenta la scala di velocità del fluido al variare della distanza dalla superficie solida in quiete. Si nota che la particella colorata a contatto della superficie solida non si è spostata: trova quindi conferma sperimentale l’ipotesi dell’ADERENZA, secondo la quale in tutti i fluidi le particelle a contatto diretto con i confini solidi non scorrono rispetto al confine stesso. La porzione di fluido, all’interno del quale il fluido subisce questa rapida variazione della velocità con la distanza dalla superficie, prende il nome di STRATO LIMITE.
Fig. 1-Profilo di velocita` di un fluido in moto e strato limite
Un fluido che investe un determinato corpo non solo produce tensioni tangenziali (t ) dovute alla viscosità ma anche forze normali dovute alla pressione (p) prodotta dalle particelle del fluido (fig.2).
Un fluido ideale è un fluido privo di effetti viscosi ma non necessariamente privo di forze normali.
Fig. 2-Forze tangenziali e normali agenti sul corpo create dal fluido in movimento
Legge di Newton o della viscosità
La legge di Newton (2) riguarda i fluidi in moto su superfici solide (fig.1) e lega le tensioni che si creano con il gradiente di velocità del fluido tramite la costante di viscosità, e si basa sulle ipotesi di:
· Viscosità
· Aderenza
t Tensione che si esercita nella direzione (x) sulla superficie normale ad (y), rivolta
verso le (y) decrescenti, si misura in [Pa]
u Velocità
m Costante di viscosità propria di ogni fluido e le unità di misura che la
caratterizzano sono:
Per misurare sperimentalmente questa costante si usano diversi metodi:
· Viscosimetri a capillare
· Viscosimetri a caduta di solido
· Viscosimetri basati sullo sforzo tangenziale esercitato dal liquido su un solido in rotazione
Osserviamo quest’ultimo tipo (fig.3):
All’interno di un cilindro cavo, mantenuto a temperatura costante, contenente il liquido in esame, vi è, coassiale, un secondo cilindro massiccio, che può essere tenuto in rotazione intorno al suo asse da un momento motore, fornito da una serie di pesi che esercitano la loro forza su una funicella avvolta da una puleggina. Si deve misurare la differenza tra il momento motore necessario a produrre la rotazione del cilindro interno, quando il livello del liquido è in 1e quando il livello è in 2: la velocità di rotazione deve ovviamente essere la stessa. Dalla differenza dei 2 momenti si può risalire al valore della viscosità.
Fig. 3-Viscosimetro a rotazione
O
oOo
sservando il grafico (fig.4) che riporta la viscosità di alcuni fluidi riusciamo a distinguere tre diversi andamenti:
Fig. 4-Diagramma della viscosita` dei fluidi
Le linee tratteggiate del grafico rappresentano l’isteresi che i dilatanti e gli pseudoplastici compiono quando la loro velocità ad un certo istante viene diminuita, essi infatti rallentando percorrono un’altra curva rispetto a quella di andata. Si dice che questi fluidi hanno memoria e si chiamano non Newtoniani per distinguerli dai Newtoniani che, come si nota, non presentano isteresi.
Esperimento e Numero di Reynolds
Fig.5-Schematizzazione esprimento di Reynolds
L’esperimento di Reynolds (fig.5) è stato eseguito con la seguente attrezzatura: un serbatoio pieno d’acqua con un’apertura sulla parete nella quale è innestato un tubo di materiale trasparente, lungo circa 200 diametri (D). Risulta così possibile studiare l’andamento del liquido nel condotto al variare della sua velocità media w: per migliorare l’osservazione viene iniettato del liquido colorante nei pressi del condotto. La velocità viene invece misurata in base al tempo impiegato dal liquido a riversarsi nel recipiente graduato. Si sono ottenuti i seguenti risultati:
· Moto LAMINARE per velocità w bassa cioè il liquido rilevatore colorato mantiene la propria individualità e non si mescola con il resto del fluido.
· Moto TURBOLENTO per velocità w alta cioè il liquido rilevatore perde rapidamente la propria individualità, il colorante si disperde entro la massa del fluido: la direzione e l’intensità del vettore velocità risultano in ogni punto caoticamente variabili nel tempo.
Dopo aver scoperto sperimentalmente che la transizione da un regime all’altro è caratterizzata dal valore costante del prodotto velocità per diametro del condotto il passo successivo risulta essere la definizione di un parametro chiamato NUMERO DI REYNOLDS (Re) (3). Il passaggio laminare-turbolento avviene ad un valore di Re » 3000, anche se realisticamente si parla di moto laminare per Re < 2300 e di moto turbolento per Re > 4100. Non è purtroppo possibile prevedere l’evoluzione del comportamento del sistema all’interno di tale intervallo.
Il NUMERO di Reynolds è un numero puro e perciò non dipende dal sistema di misura delle grandezze utilizzate.
Questo fenomeno è importante per vari motivi uno dei quali consiste nei condotti di raffreddamento. Un fluido in regime turbolento riesce ad assorbire una quantità di calore molto maggiore rispetto allo stesso fluido in regime laminare che invece tende a scaldarsi rapidamente: la sua temperatura cala in modo graduale con la distanza dalle pareti del condotto.
Sperimentalmente si è notato che all’interno di un condotto si hanno sempre perdite di carico proporzionali alla lunghezza del condotto inoltre, in pratica, i tratti rettilinei sono collegati tra loro da raccordi, curve, valvole di conseguenza si ha che la velocità non è la stessa su tutte le sezioni normali all’asse del condotto. Si nota che in un tronco di condotto si ha un tratto iniziale in cui il profilo di velocità si modifica fino a raggiungere la forma che gli compete in relazione al tipo di condotto e di moto.
Una particolare situazione si verifica quando un fluido imbocca un condotto provenendo da un grande serbatoio: il profilo di velocità, inizialmente ‘piatto’ o quasi, si deforma via via fino ad assumere la configurazione detta PARABOLA di POISEVILLE, che si otterrà dopo analiticamente. Nella figura (fig.6) sono riportati schematicamente lo sviluppo dello strato limite ed alcuni profili di velocità in regione di ingresso. Al rallentamento del fluido all’interno dello strato limite corrisponde un’accelerazione di quello che si trova fuori, dovendo essere garantita la continuità di portata; se la lunghezza del condotto è sufficiente in relazione al suo diametro, i confini dello strato limite tendono a incontrarsi sull’asse del condotto: in teoria il contatto si ha solo asintotticamente ma in pratica a circa 20 ¸ 30 diametri dall’imbocco si può ritenere che il profilo abbia ormai raggiunto la sua configurazione definitiva, che viene detta di PROFILO COMPLETAMENTE SVILUPPATO, sia esso laminare o turbolento. Notevole importanza sulle modalità di sviluppo del profilo è legata alla forma del raccordo.
Fig.6-Sviluppo dello strato limite dinamico nella regione di ingresso
Problema di Poiseuille
All’interno di una conduttura di raggio R, ove vi sia del liquido in moto con velocità u, si consideri un elemento di volume di lunghezza L e area A (raggio r), centrato rispetto al piano di simmetria del condotto (fig.7). Sfruttando le seguenti ipotesi:
· Condotto circolare di sezione costante con superficie liscia
· Sistema stabilizzato
· Moto laminare
· Regime stazionario rispetto a tempo e spazio
· Fluido viscoso Newtoniano e incomprimibile
· Forza peso trascurabile
Si vuole determinare la perdita di pressione, anche detta di carico, del fluido dovuta a fenomeni di tipo viscoso. Il fenomeno della riduzione di pressione è dovuta alle tensioni tangenziali che frenano l’elemento fluido in movimento o, considerando un punto di osservazione solidale con il fluido, le tensioni tangenziali che il fluido scarica sulle pareti del condotto in modo da trascinarlo nel suo moto.
Fig. 7-Bilancio delle forze agenti su un elemento di volume di fluido in moto
Dall’equilibrio delle forze che agiscono sul fluido abbiamo:
Quindi ricordando la legge di Newton:
Semplificando e osservando che r ha la stessa direzione di y :
Risolvendo l’equazione differenziale a variabili separate, con l’ausilio dell’ipotesi di aderenza otteniamo:
Da cui:
Abbiamo così ottenuto la PARABOLA DI POISEVILLE (8) cioè il profilo di velocità del fluido nel tubo. Adesso si può ricavare il valore della velocità media w considerando le componenti parallele a x dei vettori velocità u:
Sostituendo la (9) nella (8) si ottiene il legame fra u e w in funzione di r (10) oltre a u max (11), rilevata sull’asse del condotto: