Università degli Studi di Parma
Facoltà di Ingegneria Elettronica, Informatica e delle Telecomunicazioni
Corso di FISICA TECNICA
Prof. Angelo Farina
Anno Accademico 1999/2000
Lunedì 20/12/1999 - 8.30-10.30
Trascritta da Luca Dosi matr. 118420
ISOLAMENTO
Tecniche di misura dei requisiti acustici passivi
L'obiettivo di questo paragrafo è sostanzialmente quello di descrivere e analizzare le principali tecniche di misura dei requisiti acustici passivi : rumore al calpestio, isolamento per via aerea con tramezzo verticale, isolamento per via aerea delle facciate.
Fig. 1- schema di un generatore di calpestio
Vediamo come è fatta e come funziona la macchina di calpestio, quell'oggetto normalizzato che si appoggia sul pavimento del piano superiore per produrre il rumore che deve essere misurato nel piano sottostante. Come è illustrato in fig.1 si tratta di un sistema con un motore e delle canne che sollevano e lasciano cadere dei martelli d'acciaio. Le caratteristiche meccaniche sono le seguenti :
In realtà la versione più nuova delle norme (uscita nel '97) specifica con grande cura il trattamento superficiale e i dettagli geometrici della testa dei martelli : raggi di curvatura, sfasamenti, ecc.; quindi non è semplicemente sufficiente garantire diametro e peso del singolo martello, ma è necessario normalizzare con grande cura la geometria della zona di battuta. Questa richiesta di grande accuratezza ha portato ad avere martelli con teste sostituibili, poiché picchiando a lungo su pavimenti duri questi dettagli geometrici vengono compromessi ed è quindi necessario che periodicamente la macchina venga revisionata.
La seguente illustrazione mostra schematicamente in che modo avviene la misura del potere fonoisolante fra due ambienti.
Fig. 2
Posizionando nell'ambiente 1 l'altoparlante e un microfono, nell'ambiente 2 un secondo microfono e misurando i livelli sonori si ottiene il potere fonoisolante R :
( dB ) ( 1 )
dove S è l'area del tramezzo e A è la superficie equivalente dell'ambiente ricevente, in cui è compresa anche quella della parete di separazione. La norma che descrive questa misurazione, effettuata in laboratorio, è la ISO 140/III, mentre se la misura viene eseguita in opera occorre applicare la ISO 140/VI, la quale si occupa specificatamente dell'isolamento in opera ed indica come grandezza da misurare R', che non è il vero potere fonoisolante del tramezzo, si chiama infatti potere fonoisolante apparente (il suo valore tiene conto anche dei cammini di fiancheggiamento) ed è la grandezza che la normativa italiana prevede di misurare.
Un'altra grandezza che la normativa italiana prevede di misurare è il cosiddetto isolamento di facciata. Quest'ultimo si ottiene misurando il livello sonoro all'esterno di un edificio ed il livello sonoro in una stanza dello stesso. L'isolamento di facciata è normalmente costituito dall'isolamento dei "paraventi" (in particolare delle finestre). E' importante notare che in questo processo non si misurano semplicemente L1 e L2, ma poiché il rumore esterno è variabile nel tempo, è necessario mediare su un intervallo temporale lungo, calcolando i livelli equivalenti in modo da avere valori stabili sia dentro che fuori. Osserviamo inoltre che la misurazione deve essere effettuata in opera, non in laboratorio, con uno strumento a due canali poiché è indispensabile che la misura sia sincrona, non si ha la garanzia che il rumore esterno rimanga costante, sebbene sia consentito dalle norme (e caldamente consigliato) l'utilizzo di un altoparlante. Questa tecnica è sostanzialmente diversa dalle precedenti, infatti nella misura in laboratorio del potere fonisolante tutto è assolutamente stabile e invariante, quindi si può utilizzare un solo strumento, in fig.2 si nota una sorta di "switch" che mi permette di leggere prima un canale poi l'altro. Per la prova di calpestio il problema della sincronia non si pone nemmeno, poiché si utilizza un solo microfono.
C'è infine un requisito sull'isolamento dal rumore degli impianti funzionali all'edificio, su questo la normativa italiana prevede due limiti :
ovviamente il livello non va misurato nella stanza in cui si trova la sorgente del rumore, ma in quella a fianco. Si osservi che queste sono norme che regolano l'isolamento degli edifici, non il rumore prodotto dagli impianti, l'impianto può anche produrre parecchio rumore, l'importante è che non si senta "a casa del vicino", questo è il concetto che è alla base della nostra legislazione.
Prima di chiudere il capitolo sull'isolamento occorre dire che le grandezze trattate fino ad ora sono dipendenti dalla frequenza (si ricordi la legge di massa).
Fig. 3- curva di isolamento (nero), curva di riferimento (blu)
E' utile, e necessario per legge, tradurre la curva di isolamento (composta da più valori, poiché si lavora in terzi dottava) in un singolo numero, che rappresenti mediamente landamento su tutto lo spettro. Si utilizza la cosiddetta tecnica dellindice di valutazione. La normativa che stabilisce come fare il calcolo dellindice di valutazione è la ISO 717, la quale contiene uno spettro normalzzato del potere fonoisolante, spettro che, come si può vedere in fig.3, è costituito da un segmento ad alta pendenza (il valore aumenta 6 dB per ottava), un segmento a media pendenza (il valore aumenta 3 dB per ottava) e un segmento orizzontale (il valore non varia con la frequenza). Il tutto è costruito a partire da un valore di riferimento a 500 Hz che è 56 dB. La curva di riferimento viene fatta traslare in verticale sul diagramma fino a che si verifica una determinata condizione sul valor medio degli scostamenti positivi (per scostamenti positivi si intendono le differenze tra la curva alta e dato sperimentale più basso). Sostanzialmente la curva viene fatta scendere sul diagramma a passi di 1 dB e ogni volta si calcola il valor medio aritmetico delle "differenze positive" (allinizio la somma ed il valor medio saranno molto grandi) come segue :
( 2 )
considerando il valore tra parentesi se lo stesso è positivo, non considerandolo se è negativo. Ci si ferma quando si verifica per la prima volta che lo stato medio è minore di 2 dB. Quando ciò si verifica si legge il valore che si ha sulla curva di riferimento a 500 Hz, tale valore si dice Rw (il pedice "w" indica che si tratta di un indice di valutazione) ed è su di esso che sono posti dei limiti dalla vigente normativa italiana.
Per il livello normale di calpestio la cosa è speculare anche se non identica (normalmente questo è un rumore che scende andando verso le alte frequenze). La curva di riferimento in questo caso va fatta salire perché, mentre il potere fonoisolante è un parametro che è bene sia grande, il livello di calpestio è bene sia piccolo. Si parte con la curva che ha un valore a 500 Hz di 40 dB, poi la si fa salire a passi di 1 dB, finchè la somma degli scarti positivi (positivi quando la curva sperimentale è sotto la curva di riferimento) è tale per cui delta medio è minore di 2dB.
Fig.4- livello normalizzato di calpestio
ASPETTO LEGISLATIVO
Situazione base dell' impianto legislativo in Italia
Vediamo in generale la gerarchia delle leggi italiane riguardanti il rumore. Storicamente i primi due decreti risalgono al '91 :
Osserviamo che i precedenti decreti si occupano di due argomenti ben separati e che essi sono stati la causa dell'inizio dello sviluppo dell' acustica in Italia avendo creato nuove opportunità di lavoro. Riassumiamo brevemente ciò che questi decreti prevedono per i limiti di rumorosità.
Il DPCM '91 fissa due tipi di limiti detti rispettivamente assoluti e differenziali. I limiti assoluti si applicano fuori dagli edifici, all'aperto, e non sono gli stessi ovunque, ma variano a seconda della zona. Il territorio comunale è diviso in zone, a ciascuna delle quali è assegnata una classe, tali classi sono (partendo dalla meno rumorosa) :
Classe I
Aree particolarmente protette.
Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.;
Classe II
Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali;
Classe III
Aree di tipo misto.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali; aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici;
Classe IV
Aree di intensa attività umana.
Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie;
Classe V
Aree prevalentemente industriali.
Rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni;
Classe VI
Aree esclusivamente industriali.
Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.
CLASSE |
ZONA |
Limite Diurno |
Limite notturno |
1 |
protetta |
50 |
40 |
2 |
residenziale |
55 |
45 |
3 |
mista |
60 |
50 |
4 |
intensa attività |
65 |
55 |
5 |
prev. industriale |
70 |
60 |
6 |
industriale |
70 |
70 |
Va osservato che i limiti delle classi I e II sono assolutamente irrealizzabili, è stato infatti verificato mediante opportuni rilevamenti (in giornate in cui fu chiusa completamente la circolazione al traffico per motivi di inquinamento ambientale) che "mai" il livello scende sotto i 53 dB. Ciò deriva dal fatto di aver voluto meccanicizzare troppo la tabella, mettendo sempre tra una classe e l'altra una differenza di 5 dB.
I limiti differenziali si misurano all'interno degli edifici, con finestre chiuse o aperte a seconda di quale sia la situazione più gravosa. Questi non sono limiti che si applicano al rumore complessivo, ma ad una precisa sorgente disturbante. Di tale sorgente vanno individuate sia la proprietà che la tipologia, senza queste specificazioni il criterio differenziale è inapplicabile. Una volta "scelta" la sorgente si effettuano due misure (a casa del disturbato), una con la sorgente accesa e l'altra con la sorgente spenta. Si può così calcolare la differenza, per la quale esistono dei limiti:
D L < 5 dB limite diurno ( 3 )
D L < 3 dB limite notturno ( 4 )
Questo è un concetto un poco paradossale : ha portato sistematicamente coloro che hanno attività rumorose a differenziare la produzione su più macchinari, tale procedimento rende di fatto inapplicabile il decreto, il chè non era lo scopo della legge, la quale si proponeva di tutelare il cittadino.
Abbandoniamo i problemi relativi al rumore ambientale e occupiamoci del rumore nell'ambiente di lavoro. In questo caso il DL 277/91 non parla di limiti, ma di livelli di azione. Ci sono dei valori del parametro Lep al di sopra dei quali scatta tutta una serie di obblighi per il datore di lavoro :
Fig.5- Si ricorda che l'unità di misura è il dB
si creano così quattro possibili situazioni.
Lep < 80 : la situazione è accettabile, il lavoratore non corre rischi;
80 £ Lep < 85 : il datore di lavoro deve prendere una serie di provvedimenti.
Informare i lavoratori del fatto che sono esposti a un Lep compreso in questa fascia;
dare una adeguata formazione ai lavoratori (spiegare cos'è il Lep, come si calcola )
visita medica periodica;
85 £ Lep < 90 : la situazione è considerata in generale non accettabile.
Lep / 90 : è la situazione più drammatica,è una situazione che non può reggere.
Il datore di lavoro deve comunicare all'USL,entro 60 giorni da quando si è verificata, questa situazione e simultaneamente deve comunicare il piano di bonifica che intende adottare per rientrare nelle norme.In casi particolari (deroghe temporanee concesse dall'USL) scatta l'obbligo di indossare i mezzi di protezione individuale.
L'ultima cosa da dire a riguardo del rumore nell'ambiente di lavoro è che esiste anche un limite per la cresta della forma d'onda detto valore massimo di picco lineare:
LMax, Peak, Lin < 140 dB ( 5 )
questo serve in teoria a proteggere dagli eventi impulsivi (esplosioni ), ma questo valore è molto difficile da raggiungere se non impossibile. L'unica maniera in cui si rivela è per movimenti d'aria a bassissima frequenza cuasati dall'apertura o chiusura di cabine stagne o di ambienti pressurizzati. Non appena si chiude c'è uno sbalzo della pressione atmosferica media che fa un gradino, tale gradino viene letto dallo strumento come un picco che supera i 140 dB (il nostro orecchio non percepisce alcun suono!). Per quanto detto si capisce che tale parametro ha poco significato, ed è per questo che a livello europeo la situazione si è evoluta. Il livello massimo di picco lineare è diventato un livello di picco pesato C e il suo valore è stato ridotto :
LMax, Peak, C < 130 dB ( 6 )
questa situazione è molto più soddisfaciente, l'uso del filtro C evita il problema degli ambienti pressurizzati e il valore 130 dB è realistico.
Situazione attuale
Si osservi che il DPCM 1 marzo '91 è un decreto ministeriale (a rigore non è una legge dello Stato), quindi ha un valore legislativo "fiacco" (i decreti sono atti volitivi del governo). Si è sentita l'esigenza di qualche cosa di maggior potenza. Il DL 277/91, per esempio, è un decreto legge, ossia un decreto cui è stato conferito il valore di legge su deroga del parlamento. Si è trasformato il DPCM 1 marzo '91 in una vera legge : L 447/95 (legge quadro sull'inquinamento acustico). Ricordiamo brevemente la gerarchia delle leggi : costituzione, leggi quadro, decreti legge, dereti (esercizio del potere esecutivo, non legislativo). Essendo la L 447/95 una legge quadro essa stabilisce che i limiti sono indicati da decreti ai quali la legge quadro stessa conferisce delega e quindi questi assumono valore di legge. Fu così che il DPCM 1 marzo '91 acquisì valore di legge.
Sono anche previsti, e sono in corso di emanazione, dei decreti attuativi che stabiliscono i limiti di vari tipi di sorgenti di rumore. Per il momento sono usciti quelli :
METODI NUMERICI DI PREVISIONE
Torniamo a trattare di acustica nelle sale e analizziamo le metodiche di calcolo su computer della risposta all'impulso. Si è già visto come dal punto di vista sperimentale la misura della risposta all'impulso rappresenti la completa caratterizzazione di quello che succede dentro un ambiente, si è visto come si possano ricavare da essa tutti i parametri che interessano e si è visto anche in che cosa consista l'auralizzazione. Ciò che ora ci interessa è ottenere questo tipo di informazioni per una sala ancora da costruire e della quale vogliamo determinare in via previsionale, poiché siamo nella fase di progetto, la legge di propagazione del suono dentro l'ambiente.
Esistono vari tipi di modello matematico che consentono di ottenere questo risultato. Di essi ne prenderemo in considerazione sostanzialmente tre, quelli più usati, in ordine storico.
Il primo ad essere utilizzato fu il metodo alle sorgenti immagine, il nome deriva dal fatto che si ipotizzano riflessioni speculari sulle pareti. Tale metodo è particolarmente efficace in ambienti parallelepipedi, comunque può essere usato anche in ambienti a geometria diversa. Data una sorgente la si specularizza rispetto alle superfici, quindi si possono creare sorgenti del primo ordine, che specularizzate producono sorgenti del secondo ordine e così via. Un determinato ricevitore riceve il suono dalla sorgente reale e il suono (riflesso) delle altre sorgenti immagine, tale situazione è visualizzabile per via grafica con strumenti semplici come squadra e compasso (inizialmente si faceva proprio così), sebbene oggi si preferisca usare il calcolatore.
Fig.6
La precedente figura illustra la costruzione di una sorgente del primo ordine, ed a partire da questa di una sorgente del 2° ordine (riflessione doppia). Con questa tecnica di specularizzazione successiva delle sorgenti immagine, si costruiscono tutti i cammini sonori provenienti dalle sorgenti, la costruzione della posizione delle sorgenti immagine è estremamente semplice se ci mettiamo in una geometria parallelepipeda, per sorgenti immagine anche di ordine elevatissimo si è in grado di sapere dove siano e di calcolare il loro contributo. Per un ambiente parallelepipedo (in campo industriale ce ne sono tanti) questa tecnica funziona egregiamente e consente di prevedere l'intera risposta all'impulso fino a ordini di riflessione molto elevati.
La situazione non è altrettanto felice quando dobbiamo considerare sorgenti immagine di ordine elevato in presenza di geometria complicata, perché in tale situazione occorre chiedersi se una determinata sorgente immagine è visibile o meno. Questo metodo per geometria generica richiede che per ogni sorgente immagine e per ogni ricevitore considerato venga fatto un controllo di visibilità tra la sorgente e il ricevitore, questo rende il calcolo terribilmente lento. Ciò significa che, siccome il numero delle sorgenti immagine cresce esponenzialmente con l'ordine delle stesse, nel caso di geometria generica questo metodo può arrivare al massimo al quinto ordine ossia non si può prevedere l'intera coda sonora.
Una tecnica alternativa è il Ray Tracing. Questa tecnica fu inventata in campo acustico, ma ebbe il massimo successo nel rendering visivo, nella rappresentazione foto-realistica di immagini tridimensionali. In questo metodo si parte si parte da una sorgente puntiforme dalla quale si "sparano" a caso raggi filiformi (privi di divergenza), sui quali l'energia sonora viaggia intubata, che cominciano a rimbalzare. Il programma non deve fare altro che seguire i raggi nei loro rimbalzi sulla superfice del contorno (che il contorno abbia geometria semplice o complicata non cambia nulla) applicando la famosa legge di Snell : l'angolo di incidenza è uguale all'angolo di riflessione. La seguente figura illustra lo schema di generazione dei raggi, di tracciamento degli stessi, e di impatto su un ricevitore sferico a densità.
Fig.7
Tale procedimento è significativo solo se dalla sorgente si fanno partire molti raggi, nell'ordine delle decine di migliaia o del milone. Un altro grosso difetto è che i ricevitori non possono essere puntiformi. E' necessario avere un ricevitore dotato di dimensione finita, perché altrimenti la probabilità che un raggio lo colpisca è nulla, pertanto il ricevitore ha un suo volume (generalmente si usa la sfera). Il parametro che interessa calcolare, avendo un ricevitore volumetrico, è la densità di energia all'interno di tale volume :
( 7 )
dove Pwr è la potenza emessa dalla sorgente, Qq la direttività nella particolare direzione in cui il raggio iniziale era stato generato, Nrays il numero dei raggi, c la velocità del suono, Vsfera il volume della sfera, L la lunghezza del segmento con cui il raggio ha intersecato la sfera, è un coefficiente di riduzione con la distanza che rappresenta l'assorbimento dell'aria. Il metodo descritto è brillantissimo, produce previsioni.
Esiste una terza tecnica ancora più moderna, che fu sviluppata specificatamente per ridurre i tempi di calcolo del Ray Tracing, nel periodo in cui lo stesso era considerato troppo lento (una decina di anni fa), che è detta tracciamento di fasci divergenti. Inizialmente si usarono i coni (Cone Tracing). In questo caso il ricevitore torna ad essere puntiforme, e quando lo stesso è interno al cono esso gli comunica una certa intensità di energia sonora. Ovviamente i coni non coprono bene la superficie di una sfera: se essi sono adiacenti, restano degli sguinci non illuminati, mentre se essi sono sovrapposti, in modo da coprire l'intera superficie sferica, si creano delle lunette illuminate due volte. Il Cone Tracing è stato pertanto abbandonato, ed al suo posto si preferisce impiegare dei fasci di apertura non ben delimitata, in cui l'energia sonora viene fatta decrescere con legge gaussiana allontanandosi dall'asse del fascio.
La soluzione definitiva si è trovata passando dai coni alle piramidi. Il tracciamento di piramidi si è affacciato solo recentemente sulla scena delle metodiche di simulazione acustica; esso è stato sviluppato esplicitamente per risolvere tutte le limitazioni sinora contenute nei sistemi di modellizzazione. Anzichè suddividere la sfera in fasci conici si è passati a fasci triangolari, la cui generazione è è perfettamente isotropa, grazie all'algoritmo di Tenenbaum, come mostra la seguente figura.
Fig.8
I principali vantaggi di questa tecnica sono che il ricevitore ritorna ad essere puntiforme e che il numero di fasci da sparare è decisamente più contenuto rispetto al numero dei raggi filiformi. Un numero inferiore riempe uniformemente di energia lo spazio, quindi il massimo numero di fasci da prendere in considerazione è dell'ordine degli 8192 (si fanno simulazioni più che ragionevoli già con 2048 piramidi), perciò si riducono notevolmente i tempi di calcolo. L'uso di questa tecnica produce una contropartita, un errore sistematico : una perdita di riflessioni di ordine elevato, causata dal fatto che, quando un fascio interferisce con una parete, lo stesso viene considerato seguire sempre e soltanto la sorte del raggio centrale. Il fascio diventa sempre più grande e giunge un momento in cui è più grande della parete stessa, quando ciò accade una parte dell'energia che sarebbe dovuta venire riflessa in altre direzioni, continua a essere riflessa seguendo la sorte del raggio centrale. In un confronto con il metodo delle sorgenti immagine, quando la base dei fasci diviene grande rispetto alle dimensioni delle superfici di confine si ha la perdita di un numero progressivamente crescente di sorgenti immagine, giacchè l'intero cono viene redirezionato seguendo la sorte del raggio centrale allo stesso, come mostrato dalla seguente figura. Questo fatto produce inevitabilmente una sottostima della parte tardiva della coda riverberante e di conseguenza porta ad un calcolo errato del tempo di riverbero.
Fig.9
Si nota andando a valutare il numero dei fasci riflessi in funzione del tempo. In fig.10 viene riportato il numero di riflessioni ogni millisecondo. Secondo la teoria di Sabine tale valore va crescendo col quadrato del tempo, d'altra parte quando si usa un tracciatore di fasci divergenti il valore ha delle oscillazioni, dovute al fatto che il numero di piramidi sparate è tutto sommato limitato, ma l'andamento medio tende a livellarsi ad un valore costante proporzionale al numero di piramidi che ho lanciato. La differenza che continua a crescere tra andamento teorico e andamento effettivo rappresenta quantitativamente il rapporto tra l'energia che dovrebbe esserci e quella che si riceve. Il risultato viene corretto moltiplicando l'andamento effettivo per il rapporto tra le due curve, si restituisce l'energia sistematicamente persa. Siccome per via teorica è impossibile ricavare il rapporto tra i due andamenti si può utilizzare quella che in gergo si chiama correzione della coda, che ha portato i risultati ad essere sostanzialmente indipendenti dal numero di piramidi utilizzate. Tutto questo ha reso il Pyramyd Tracing la tecnica privilegiata per valutazioni di tipo ingegneristico, essendo estremamente funzionale in termini di rapporto fra tempi di calcolo e risultati ottenuti.
Fig.10
Confronto tra risultati numerici e sperimentali
Facciamo un breve confronto tra i risultati delle simulazioni e il comportamento di ambienti industriali all'interno dei quali, in teoria, si dovrebbe avere il famoso campo semiriverberante, ma nella pratica questo campo non si ha.
Consideriamo che dal punto di vista sperimentale quando si va in un ambiente industriale di tipo largo e basso, il decadimento sonoro con la distanza non segue la formula del campo semiriverberante, ma continua a decadere in funzione della distanza.
Affianchiamo ora alla definizione di distanza critica (vista nelle precedenti lezioni), ad una definizione alternativa, quella del fattore di correzione ambientale K. Si definisce fattore di correzione ambientale K la differenza, in un punto ad una certa distanza, tra il livello che c'è effettivamente e il livello che ci sarebbe alla stessa distanza se la sorgente fosse in campo libero.
In ambiente industriale l'andamento di K non segue affatto la regola che rappresenta la teoria classica di Sabine :
( 8 )
Simulando in diversi ambienti come questi, con i programmi visti prima, è stato possibile trovare per via empirica il valore corretto di K in ambienti bassi e larghi :
( 9 )
dove H è l'altezza del locale, T il tempo di riverberazione per S vale la relazione :
( 10 )
La seguente figura mostra il confronto fra landamento del fattore K con la distanza, misurato sperimentalmente in uno stabilimento e quello calcolato sulla base della precedente formulazione empirica.
Fig.11
Concludiamo osservando che da un lato è stato possibile usare i metodi di calcolo per esaminare e progettare ambienti di non facile studio, dall'altro da tali metodi si è riusciti a ricavare una formula alternativa a quella di Sabine, per ambienti in cui quest'ultima dà risultati non attendibili.