ACUSTICA PSICOFISICA

 

L’apparato uditivo umano è in grado di percepire un range di pressione sonora compreso tra 20 mPa e 60 Pa (per pressioni superiori possono insorgere danni uditivi immediati); la capacità dinamica del nostro udito si estende cioè per oltre 6 ordini di grandezza. E’ stato inoltre provato che la risposta soggettiva ad uno stimolo, sia esso uditivo, olfattivo o comunque relativo ai nostri 5 sensi, risulta correlata alla sua energia e quindi al quadrato della pressione (infatti la densità di energia è data da , dove  è il valore efficace della pressione sonora e è l’ampiezza della pressione) ancor più che alla pressione stessa, quindi il campo di variazione diventa dell’ ordine di 1012.

Per questo comportamento non lineare dell’udito e per evitare di lavorare con valori di pressione, intensità, potenza, densità di energia e velocità (queste sono le grandezze fondamentali per lo studio di un onda sonora) molto grandi o molto piccoli dispersi su un campo troppo esteso, si è deciso di adottare una scala compressa, di tipo logaritmico. Una scala di questo tipo permette il confronto tra i valori in esame di una determinata grandezza con dei valori standard di riferimento della stessa grandezza. Si è così introdotto il decibel (dB) per misurare, ad esempio, il livello di pressione sonora:

,   mPa è la pressione di riferimento.

E’ evidente che il decibel definisca una quantità adimensionale, ciononostante nella pratica è adoperato come una vera e propria unità di misura.

Per meglio capire perché la risposta dell’apparato uditivo agli stimoli sia non lineare si fa riferimento alla sensazione sonora e all’anatomia dell’udito stesso.

 

Sensazione sonora (S)

Quando si parla di sensazione sonora, in inglese loudness, ci si riferisce alla caratteristica di un suono che lo fa giudicare più o meno intenso da un ascoltatore.

Per misurare tale sensazione si è introdotto il concetto di livello di sensazione sonora, ottenuto variando il livello di intensità di un suono rispetto ad un altro di riferimento e si sono determinate delle curve dette isofoniche che rappresentano un ugual livello di sensazione.

 Fletcher e Munson nel 1937 ottennero la prima famiglia di curve isofoniche, per ascolto binaurale in cuffia , presentando a soggetti otologicamente normali un suono puro, alternato ad un suono di riferimento alla frequenza di 1 kHz con livello di pressione sonora variabile. Il livello di pressione sonora del suono di riferimento, per cui la sensazione sonora è uguale a quella del suono puro in esame, fu definito come livello di sensazione sonora espresso in phon. F. e M. confrontarono le sensazioni prodotte per una serie di suoni puri di diversa frequenza e intensità, ottennero una famiglia di curve, ciascuna delle quali è caratterizzata da un valore in phon, numericamente uguale al livello di pressione sonora del tono di frequenza 1 kHz, che causa la stessa sensazione.

 

 

 

 

 

Figura 1: Curve isofoniche di Fletcher e Munson.

 

Il livello di sensazione sonora è però una grandezza soggettiva, in quanto legata alla sensibilità uditiva dell’individuo, relativa, essendo ottenuto dal confronto con un tono puro a 1 kHz e fortemente influenzata dalle condizioni di ascolto (ad esempio potrei fare le misurazioni con suoni presentati in cuffia, con ascolto monoaurale o binaurale, o potrei usare un altoparlante, in campo libero o diffuso).

Un miglioramento delle misurazioni di F. e M. fu eseguito da Robinson e Dadson nel 1956 che scoprirono le curve isofoniche adottate dalla normativa attuale (ISO 226).

Figura 2: Curve isofoniche riportate nella norma ISO 226.

 

Essi utilizzarono suoni puri riprodotti direttamente da un altoparlante, in campo libero. Con questo termine si intende che il suono generato da una sorgente si propaga in un mezzo illimitato, privo di discontinuità od ostacoli. Ovviamente condizioni del genere sono solo una idealizzazione delle reali condizioni in cui un suono si propaga. Tuttavia se siamo in uno spazio all’aperto, con condizioni atmosferiche stabili e omogenee, e in cui non vi siano superfici od ostacoli in una zona sufficientemente ampia attorno alla sorgente, possiamo approssimare la situazione con quella di campo libero. Oppure, a livello di laboratorio, se operiamo nella cosiddetta camera anecoica, in cui tutte le superfici assorbono completamente le onde sonore che le investono e l’unico suono esistente all’interno è quello prodotto dalla sorgente per assenza di suono riflesso dalle superfici.

 Rispetto all’audiogramma normale di F. e M. le differenze si hanno soprattutto nei campi di frequenza prossimi a 4 kHz e 8 kHz, questo perché R. e D. lavorarono in assenza di un ascoltatore e quindi non ebbero problemi di diffrazione dell’onda sonora intorno alla testa e al padiglione auricolare. In entrambe le famiglie di curve si nota una zona di scarsa sensibilità sonora in corrispondenza delle basse frequenze, mentre intorno ai 3-4 kHz si ha una zona di massima sensibilità. Ciò significa che a basse frequenze la sensazione sonora aumenta rapidamente all’aumentare del livello di pressione sonora; ad alti valori di frequenza le isofoniche sono quasi parallele e la sensazione aumenta meno rapidamente, il che è un indicatore di non linearità. Una novità introdotta da R. e D. è la curva isofonica a 4,2 phon, indicata con MAF (Minimum Audible Field), rappresenta, per ogni frequenza, il minimo livello di pressione sonora per cui un suono è udibile, e corrisponde alla soglia uditiva. La norma ISO 226 è attualmente in fase di revisione e molto probabilmente nella nuova versione riporterà curve isofoniche leggermente diverse, sulla base di studi condotti negli anni ottanta e novanta in numerosi laboratori.

A livello teorico attraverso le curve isofoniche sarebbe possibile stabilire per qualsiasi suono di frequenza diversa da 1 kHz  la corrispondenza tra sensazione sonora (phon) e livello di pressione  sonora (dB), ma in realtà per suoni di tipo complesso servirebbe una valutazione diretta della sensazione. Servirebbe cioè conoscere la relazione sensazione – livello di pressione di un suono a 1 kHz. Per la norma ISO 131, la relazione fra sensazione s (in son) e livello di sensazione (in phon) era espressa dalla relazione:

,

ossia:

.

Per definizione il son è la sensazione prodotta da un suono puro di frequenza 1 kHz e Lp= 40 dB. Anche se la ISO 131 non è più in vigore la definizione del son è data sempre da quella norma. Poiché P e per definizione pari alla Lp di un suono puro a 1 kHz, che produce nel soggetto la stessa sensazione del suono in esame (cioè per frequenza di 1 kHz,  phon), si ricava che per il suono puro a 1 kHz:

 .

Questa relazione è confermata da numerose prove sperimentali e stabilisce che la dipendenza della S da p è esponenziale, e quindi la relazione tra livelli di sensazione sonora e livelli di pressione è lineare. Per un aumento di 10 dB del livello si ha un raddoppio di sensazione.

 

 

 

 

Figura 3: Relazione fra sensazione sonora e livello di pressione sonora per un suono di frequenza 1 kHZ.

 

Cenni all’anatomia e al funzionamento del sistema uditivo

In natura ci sono mammiferi come i cani, che sono in grado di captare suoni con frequenze comprese tra 15 e 40.000 Hz, i pipistrelli, tra 1.000 e 120.000; i delfini e le orche sono quelli con sensibilità acustica più sviluppata e percepiscono ultrasuoni fino a una frequenza di 200.000 periodi. L’uomo invece è limitato all’ intervallo di frequenze 16–20.000 Hz e nel grafico seguente sono rappresentate, su base sperimentale, alle varie frequenze la soglia di udibilità (intensità minima di un suono per essere udito) e quella di dolore (intensità minima per avere danni uditivi anche per brevi esposizioni).  

Figura 4: Area della sensazione uditiva.

 

In anatomia l’apparato uditivo umano si suddivide in:

a)      orecchio esterno;

b)      orecchio medio;

c)      orecchio interno.

 

a)      L’orecchio esterno è costituito dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno. Il padiglione auricolare ha una struttura cartilaginea ricoperta di cute ed ha la funzione di convogliare i suoni verso il condotto uditivo esterno; nell’uomo questa funzione è trascurabile dato che il padiglione ha perso l’originaria mobilità. Il condotto uditivo esterno ha la lunghezza di 2,5 cm nell’adulto, nel suo decorso trasversale presenta 2 curvature e si chiude con la membrana timpanica. Il condotto uditivo svolge una funzione protettiva, sia meccanica sia termica, nei riguardi della membrana timpanica e attraverso il cerume si mantiene pulito. La funzione più importante del condotto è quella di convogliare l’energia sonora sulla membrana timpanica e di amplificare i suoni, comportandosi come un risonatore con frequenza di risonanza tra 3e 4 kHz.

 

Figura 5: Schema anatomico dell’orecchio medio e della coclea.

 

b)      L’orecchio medio è costituito da: cassa timpanica, tromba d’Eustachio e cellule mastoidee. La cassa timpanica è una piccola cavità a forma di lente biconcava, ripiena d’aria; in essa ci sono 3 piccole formazioni ossee che costituiscono la catena degli ossicini: il martello, l’incudine e la staffa. La membrana timpanica, che separa la cassa timpanica dal condotto uditivo esterno, da un punto di vista fisico è molto sofisticata, in quanto la disposizione delle fibre al suo interno le consente di comportarsi come una membrana aperiodica (infatti è in grado di vibrare ugualmente in uno spettro molto ampio di frequenza) e smorzata (cioè si arresta immediatamente allorché cessa la stimolazione vibratoria). La membrana timpanica, saldata al manico del martello, insieme con la catena degli ossicini e al legamento anulare della staffa, si comporta come un’unica struttura vibrante, le cui caratteristiche meccaniche possono essere in parte modificate dalla contrazione di due piccoli muscoli striati: il tensore del timpano e lo stapedio. Le cellule mastoidee sono costituite da una serie di cavità ossee ma hanno scarsa importanza per l’udito. La tromba d’Eustachio è un sottile condotto, circa 4 cm lungo, che fa comunicare la cassa timpanica con l’ambiente esterno; la sua funzione principale è quella di equalizzare la pressione che si genera sulla faccia interna della membrana timpanica con quella che si realizza sulla faccia esterna, consentendo il passaggio dell’aria dall’esterno all’interno della cassa timpanica. Se tale passaggio è inibito all’interno della cassa si crea una modica depressione che altera in maniera sensibile le capacità vibratorie del timpano. Da un punto di vista funzionale, l’orecchio medio funziona da adattatore di impedenza, trasmette cioè le vibrazioni dall’aria ai liquidi cocleari, senza perdita di energia nella trasmissione. Il sistema uditivo è in grado di variare l’impedenza dell’orecchio medio principalmente attraverso la contrazione del muscolo stapedio, che fa irrigidire la catena degli ossicini. Il riflesso stapeidale è attivato da un stimolo indicativamente superiore agli 85 dB ed è crociato, nel senso che uno stimolo all’orecchio destro provoca una reazione anche nel sinistro. Tale riflesso non svolge propriamente una funzione protettiva, come si sarebbe portati a pensare, perché la riduzione di trasmissione dei suoni si ha per frequenze inferiori a 1kHz e in quanto il riflesso ha un tempo di reazione pari a 150 – 200 ms mentre il suono perviene alla coclea in 5 – 6 ms; esso allora serve a modificare le capacità vibratorie per recepire meglio i suoni a basse frequenze. Una mancanza congenita o una distruzione delle strutture dell’orecchio medio portano non alla sordità completa, ma bensì ad un deficit massimo di 60 dB.

c)      L’orecchio interno è costituito da una serie di canali che sono in comunicazione tra di loro e che costituiscono il labirinto osseo. Asportando il labirinto osseo si trova un labirinto membranoso separato da quello osseo da un liquido chiamato perilinfa. All’ interno del labirinto membranoso è presente l’endolinfa e il labirinto si distingue in posteriore (dove hanno sede le strutture deputate alla funzione dell’equilibrio) e anteriore o coclea (dove vengono svolte le funzioni uditive).

 

Figura 6: Sezione trasversale della coclea.

 

La coclea è paragonabile ad un tubo attorcigliato su se stesso, lungo circa 35 mm, in cui si riconoscono 3,75 giri. Essa è divisa in tre parti da lamine membranose, una di queste è la membrana basilare su cui trova posto l’organo del Corti. Tale organo è costituito da cellule di sostegno e da cellule sensoriali, dotate di formazioni filamentose rigide: le cellule ciliate. Quando la staffa, sollecitata dalla catena degli ossicini, impone all’endolinfa un movimento ondoso, l’onda si propaga dalla base all’apice della coclea e quindi anche all’organo del Corti; allora una flessione delle cellule ciliate  crea un potenziale elettrico che stimola il nervo acustico. E’ la teoria detta dell’onda migrante per la quale, si afferma che, se la coclea è stimolata da suoni ad alta frequenza, la massima escursione di vibrazione si ottiene a livello di giro basale, mentre i suoni a bassa frequenza riguardano l’apice.

L’apparato uditivo è più sensibile a suoni ad alta frequenza perché la sensibilità in ambito frequenziale varia in funzione della distanza lungo la membrana basilare e per suoni bassi in frequenza la massima risposta è in prossimità dell’apice della coclea, dove l’orecchio è meno sensibile.

Figura 7: Sezione longitudinale della coclea con corrispondente posizione del massimo della risposta.

 

Il progresso tecnologico ha permesso di costruire apparecchiature capaci di analizzare fenomeni acustici di energia estremamente bassa; si è introdotto un microfono nel condotto uditivo e si è scoperto che l’orecchio emette suoni detti emissioni oto-acustiche. Queste sono di tre tipi:

              I.      Eco acustico: dopo che si è inviato un segnale nel condotto, tempo di risposta 10-20 ms si rileva un eco; poiché tale eco non è stato rilevato su animali morti, non si tratta solo di un fenomeno di riflessione;

           II.      Prodotto di distorsione acustica: se si inviano due toni con frequenze molto vicine f1 e f2  si registra nel condotto un tono di frequenza ;

         III.      Emissione spontanea: nel condotto uditivo di alcuni soggetti normali si rilevano dei toni puri anche in assenza di stimolazione, il che è in linea con il modo di funzionare dell’orecchio: un trasduttore instabile di segnali acustici, capace di trasportare segnali sia dall’esterno verso l’interno che viceversa.

 

Curve di ponderazione

Quando si è parlato delle curve di Fletcher e Munson si è accennato al fatto che le misurazioni furono ottenute usando solo toni puri (mentre nella realtà quasi mai ci confrontiamo con suoni descritti da sinusoidi perfette, ma il più delle volte i suoni non hanno proprio nulla di armonico) e trascurando le varie possibilità di provenienza direzionale del suono (trattando solo il caso della diffusione frontale), si trattava in altre parole di un’analisi troppo semplicistica. Da un punto di vista pratico poi, era difficilissimo con l’elettronica analogica di cui si disponeva sino a pochi decenni fa, creare degli strumenti di misura capaci di implementare curve dall’andamento così complesso come le isofoniche. Si è allora introdotto negli strumenti di misurazione del suono un circuito elettrico analogico, costituito di soli elementi passivi, che implementa una certa curva che al variare della frequenza dà luogo ad una valutazione del livello sonoro che si avvicina alla valutazione non lineare compiuta dagli esseri umani.

In particolare, prendendo alcune isofoniche e ribaltandole si possono ottenere dei filtri di ponderazione in frequenza fatti in modo che ad una soglia di sensazione più alta corrisponda una ponderazione più penalizzante. Ad esempio con la curva dei 40 phon si ottiene la curva “A” e ribaltando quelle a 70 e 100 phon si ottengono le ponderazioni “B” e ”C”. Per alcune tipologie di rumore particolari sono state proposte delle apposite curve di ponderazione, ad esempio per il disturbo arrecato dal rumore aeronautico c’è la curva “D”. Un livello sonoro misurato con il filtro “A” viene espresso in dB(A) e cosi per gli altri filtri avremo i dB(B), i dB(C) ecc.

Per visualizzare altre curve di ponderazione B, C, D fare clic col destro sulla figura e dal sottomenù Oggetto Grafico scegliere Apri, poi ciccando 2 volte sulla riga di una delle curve si disegnano/cancellano le stesse.

 

 

 

 

La curva “A” è risultata in media meglio correlata con la risposta soggettiva umana a rumori generici a larga banda, se a ciò si aggiunge la facilità di una misurazione fonometrica in dB(A), si capisce il perché questa curva sia stata adottata in molte norme e leggi a livello nazionale e internazionale.

 

Tabella 1: Valori della curva ”A” per le frequenze da 20 Hz a 20 kHz.

 

Frequenza (Hz)

Ponderazione “A” (dB)

Frequenza (Hz)

Ponderazione “A” (dB)

20

-50,5

800

-0,8

25

-44,7

1000

0,0

31,5

-39,4

1250

0,6

40

-34,6

1600

1

50

-30,2

2000

1,2

63

-26,2

2500

1,3

80

-22,5

3150

1,2

100

-19,1

4000

1,0

125

-16,1

5000

0,5

160

-13,4

6300

-0,1

200

-10,9

8000

-1,1

250

-8,6

10000

-2,5

315

-6,6

12500

-4,3

400

-4,8

16000

-6,6

500

-3,2

20000

-9,3

630

-1,9

 

 

 

E’ necessario puntualizzare che dB e dB(A) sono grandezze tra loro incommensurabili; se, cioè, devo fare la somma: la risposta non è univoca. Devo vedere la frequenza del suono e in base ad essa trasformare i dB in dB(A) usando la curva di ponderazione. Poi posso fare la somma e solo a 1 kHz ho: 

Volendo fare un esempio pratico si consideri un motore da 3000 giri/min che equivalgono a 50 Hz e tale motore è costituito da 4 pale allora ho una frequenza . Il livello sonoro è di 91 dB, mi chiedo: quanti dB(A) sono? Dalla curva “A” vedo che a 200 Hz ho una ponderazione di –10,9 dB. Allora i miei 91 dB corrispondono a circa 80,1 dB(A). Se voglio diminuire i dB(A) posso intervenire sul motore utilizzando magari del materiale fonoassorbente, ma posso anche considerarne un altro con caratteristiche diversi. Adopero un motore da 3000 giri/min con 2 pale cioè ho una frequenza .  La ponderazione corrispondente a 100 Hz è di  -19,1 dB per cui i miei 91 dB questa volte diventano 71,9 dB(A). Dal punto di vista fisico il rumore non è cambiato, infatti l’energia è rimasta la stessa, ma il lavoratore nel caso del motore con 2 pale sarà disturbato di meno: ciò che conta sono i dB(A)!

 

 

 

Inquinamento acustico

Da un punto di vista fisico “rumore” e “suono” non sono definibili perché troppi sono i fattori soggettivi che concorrono alla definizione dell’uno e dell’altro. Si può dire che il rumore è un suono non caratterizzato da una frequenza determinata o da vibrazioni regolari. Quindi qualsiasi cosa può emettere un rumore, il che rende difficile stabilire, per legge, limiti assoluti o fissare standard minimi a protezione della popolazione e dell’ambiente. L’inquinamento acustico può dipendere non solo da rumori, ma anche da suoni, da quelli che per qualcuno sono suoni e per qualcun altro sono rumori; per questo la legislazione si occupa di inquinamento acustico e non di rumore.

Per poter paragonare fra loro rumori di diversa intensità e durata, si può calcolare il valore del rumore mediato in un determinato periodo di tempo: è il cosiddetto “livello continuo equivalente (Leq)”. Eventi sonori con un uguale valore di Leq, a parità di tempo di misura, hanno lo stesso contenuto di energia sonora e quest’ultima può essere correlata ai possibili danni al sistema uditivo. La caratterizzazione oggettiva del disturbo da rumore tener conto dei seguenti parametri:

ü      Livello di rumore percepito istante per istante;

ü      Spettro delle frequenze componenti;

ü      Durata;

ü      Distribuzione nel tempo;

ü      Caratterizzazione acustica dell’ambiente in cui il rumore viene immesso (si tratta del cosiddetto “rumore di fondo”, che si riscontra in assenza della sorgente disturbante).

 

Tabella 2: Alcuni livelli sonori indicativi riferiti a sorgenti

SORGENTE SONORA

LIVELLO SONORO IN dB(A)

Soglia di udibilità

                                 0

Soglia di rilevabilità di un normale fonometro

                                20

Ambiente considerato molto silenzioso

25

Conversazione sussurrata

30

Frigorifero

35

Condizionatore d’aria autonomo

50

Auto a bassa velocità

55

Lavabiancheria lavaggio

60

Conversazione normale

60

Aspirapolvere

70

Cacciata di W.C.

70

Automobile

71

Lavabiancheria centrifuga

75

Traffico intenso

75

Pianoforte

80

Autocarro

80

Treno in transito

85

Strumento musicale a corda

90

Clacson d’auto

97

Strumento musicale a fiato

100

Aereo in fase di decollo

120

Soglia del dolore

130

 

Il rumore può incidere profondamente sullo stato di benessere e quindi di salute dell’individuo. La scienza medica è concorde nell’affermare che gli eccessi di rumore oltre a danneggiare l’apparato uditivo, possono provocare disturbi al sistema nervoso, all’apparato cardiovascolare e a quello digerente e respiratorio. Alcune correlazioni tra causa (rumore) ed effetto (disturbo) sono ormai assodate:

è              Il disturbo aumenta proporzionalmente al tempo di esposizione;

è              I tempi di recupero del disturbo sono più lunghi di quelli di esposizione al rumore;

è              Gli effetti sono maggiori nel riposo e nel sonno;

è              Interessa maggiormente i cittadini in età non lavorativa (bambini ed anziani);

è              Non si determina adattamento;

è              Si manifesta anche in assenza di disturbi soggettivi;

è              Non è influenzato dall’atteggiamento motivazionale positivo o negativo.

 

Figura 9: Esempio di tracciato audiometrico normale.

 

In ambito lavorativo gli effetti uditivi del rumore sono di tipo diverso e sono rappresentati essenzialmente dall'ipoacusia da rumore, patologia determinata dall'esposizione ad elevate intensità di rumore. L'ipoacusia da rumore di natura professionale è certamente la malattia più frequentemente indennizzata dalle compagnie assicuratrici.

Si possono distinguere tre tipi di disturbo arrecato dal rumore:

Œ     Effetti nocivi sull’organo dell’udito

      Il danno specifico più grave dell’organo dell’udito è rappresentato dalla sordità. La perdita dell’udito è un danno permanente (le cellule danneggiate non possono riprodursi) ed è un evento che si verifica in genere in seguito ad esposizione a livelli molto elevati di rumore, per periodi prolungati e dell’ordini di anni. Generalmente si possono raggiungere tali livelli di rumore solo in ambiente lavorativi, più rara è la perdita di udito a causa di eventi occasionali (esplosioni, traumi…). La sensibilità al rumore ha comunque una spiccata variabilità individuale: mentre alcuni individui sono in grado di tollerare alti livelli di rumore per lunghi periodi, altri nello stesso ambiente vanno rapidamente incontro ad una diminuzione della sensibilità uditiva (ipoacusia). Non esiste una cura per l'ipoacusia da rumore e, considerata la non facile applicazione delle protesi, l'unico rimedio è rappresentato dalla prevenzione.

Figura 10: Tracciati audiometrici caratteristici di tre stadi evolutivi del danno uditivo da rumore.

 

Si distinguono due tipi di ipoacusia: da trauma acustico cronico e da trauma acustico acuto.

     Nel primo caso vediamo come si manifesta il deficit uditivo da un punto di vista sintomatologico. Dopo alcuni giorni dall'inizio di un lavoro rumoroso, soprattutto alla fine della giornata lavorativa, possono comparire fischi o ronzii alle orecchie con sensazione di orecchio pieno, lieve cefalea, senso di intontimento. Successivamente questi sintomi tendono a scomparire tanto che il lavoratore esposto ha l'impressione di abituarsi al rumore. Esaurita la resistenza dell'apparato uditivo, si assiste ad un progressivo peggioramento della soglia uditiva; il lavoratore non sente più il ticchettio dell'orologio e lo squillo del telefono (deficit per i suoni con frequenze alte). Successivamente il lavoratore prova difficoltà ad udire la voce dei familiari e dei colleghi di lavoro e chiede loro di parlare a voce più alta, ha bisogno di alzare il volume della radio e della televisione per comprendere bene le parole (deficit per i suoni con frequenze più basse). Il deficit uditivo fino a questo punto instauratosi è irreversibile e nella maggioranza dei casi non evolutivo una volta cessata l'esposizione a rumore. Perdurando l'esposizione a rumore e senza mezzi di protezione il deficit progredisce fino a che si raggiunge a distanza di qualche anno o di molti anni la sordità.

     Nel caso di ipoacusia da rumore acuto la patologia è la seguente:

     si instaura dopo esposizione ad un fronte sonoro di elevata intensità e di breve durata. È frequentemente monolaterale in quanto il capo fa da schermo all'orecchio controlaterale. Si può verificare la rottura della membrana timpanica e le lesioni possono interessare sia l'orecchio medio che l'orecchio interno.

     Pur tenendo conto della variabilità individuale, esistono livelli di rumore che possono essere ritenuti sicuri: generalmente nei soggetti esposti a livelli inferiori a 75 dB(A) non compaiono disturbi all'udito. Possono verificarsi i primi danni solo a seguito di un'esposizione a 75 dB(A) per 8 ore al giorno per 40 anni.

  Effetti extrauditivi psicosomatici

      Quando avvertiamo un rumore fastidioso, la prima reazione è quella di   individuarne la sorgente e, se possibile, evitare il disturbo. In numerose   occasioni questo non è possibile, per cui l'organismo rimane esposto ad un  agente che gli è nocivo. Ciò determina l'instaurarsi di una condizione stressante: il rumore è il più noto e studiato fattore di stress fisico dell'ambiente.Esso determina, come gli altri fattori di stress, una serie di reazioni di difesa (modificazioni del ritmo del respiro e accelerazione della frequenza cardiaca) e se lo stimolo permane a lungo o se le capacità di difesa dell'organismo vengono meno, possono verificarsi vere e proprie malattie psicosomatiche: disturbi all'apparato cardiovascolare (aumento della pressione e del battito cardiaco), gastroenterico (aumento della secrezione acida dello stomaco, aumento della motilità intestinale), respiratorio (aumento della frequenza respiratoria) e del sistema nervoso centrale. Tali disturbi vengono indicati come effetti extrauditivi del rumore proprio perché interessano altri apparati dell'organismo. A seconda della reattività dei singoli soggetti gli effetti si possono manifestare già per livelli di rumore inferiori ai 70 dB(A), tuttavia possono comparire anche a seguito di stimolazioni molto lievi. Considerando che i livelli di rumore urbano generalmente sono compresi tra i 40 e gli 80 dB(A) è comprensibile la rilevanza di insorgenza di effetti extrauditivi tra la popolazione. Va considerato che l'abitudine ad un certo tipo di rumore non salva chi lo subisce dai danni fisiologici che provoca.

Ž    Effetti generali di disturbo

Anche per livelli molto bassi e per esposizioni brevi possono verificarsi condizioni di alterazione della stato di benessere. Il rumore può disturbare il riposo, il sonno e la comunicazione degli esseri umani, come singoli e come comunità. Le interferenze con le varie attività umane, la ridotta comprensione delle parole, i disturbi del sonno e del riposo, le interferenze sull'attenzione, sul rendimento e sull'apprendimento determinano condizioni che possono ostacolare le attività di relazione e in generale peggiorare la qualità della vita. E' stato identificato nell'esposizione ad un livello sonoro continuo equivalente nell'arco delle 24 ore non superiore a 55 dB(A) il limite compatibile per la buona salute dei cittadini.

 

Analisi spettrale

Quando abbiamo a che fare con un suono complesso non siamo nel caso semplice del suono puro, in cui con una precisa legge sinusoidale riusciamo a descrivere completamente il segnale. Per un suono complesso non è facile analizzarne il contenuto energetico, si ricorre allora all’analisi spettrale. Questa utilizza un sistema costituito da un microfono, un amplificatore, un filtro, o meglio un banco di filtri ed un voltmetro tipo Root Mean Square (RMS). Come filtro posso usare, ad esempio, la curva “A”, in modo da avere un guadagno variabile per ogni frequenza ed avere una misurazione in dB(A), o un filtro passa-banda che permette di far passare solo una certa banda di frequenze, relativamente stretta e centrata sulla frequenza che mi interessa studiare,  e annulla il contributo delle frequenze  al di fuori della banda passante. Il più delle volte comunque si usa un banco di filtri.

 

Figura 11: Analisi spettrale con un banco di filtri d’ottava.

 

Volendo rappresentare un filtro passa-banda non ideale esso è costituito da una zona di guadagno pari pressoché a 0 dB detta banda efficace Df, e da due zone di forte attenuazione ai lati di Df in cui il guadagno cala velocissimamente. I punti f1 e f2 che delimitano la banda efficace sono dette frequenze di taglio esse sono a metà energia rispetto alla frequenza di centro banda fc (G(fc) = 0) e per definizione G(f1) = -3dB = G(f2).

Figura 12: Filtro passa-banda.

Se uso più di un filtro consecutivo, questo deve incrociarsi col successivo per legge a –3 dB. Così se ho un suono di 90 dB che cade proprio nel punto di incrocio di due filtri: il primo filtro mi misura 87 dB ed il secondo, nello stesso punto, pure 87 dB. Sommando i dB su tutto lo spettro riottengo il valore 90 dB di origine.

Nell’analisi spettrale ci sono 2 tipi di filtri:

i.                     Filtri ad ampiezza costante;

ii.                   Filtri ad ampiezza percentuale costante.

Per i filtri del primo tipo ciascuna banda ha sempre la stessa ampiezza. Se per esempio scegliamo 100 Hz come ampiezza di banda ci  vuole un banco da  200 filtri per coprire tutto il campo dell’udibile 20-20000 Hz.

I filtri del secondo tipo sono i più usati. Da un punto di vista fisiologico, come in termini di ampiezza la risposta dell’uomo è proporzionale al logaritmo dell’ampiezza del segnale, così in termini di frequenza la risposta è proporzionale al logaritmo della frequenza, ma non si misura in dB bensì si usa il concetto musicale di ottava. Un ottava è un raddoppio di frequenza; in musica infatti un fa di una ottava ha frequenza doppia rispetto al fa dell’ottava precedente e così per uno qualsiasi dei 12 semitoni (note) di un ottava. In musica si è unanimi sul fatto che il passaggio da un’ottava alla successiva comporti un raddoppio di frequenza , ma non si sa bene come le bande di ottave stesse si collocano nella gamma di frequenze percepibili. In acustica invece lo IEC (International Electrotechnical Commission) ha normalizzato le bande d’ottava fornendo dei precisi valori di centro banda e dei punti di incontro fra una banda e la successiva.

Tabella 3: Frequenze di centro banda d’ottava, standard IEC.

fc1 (Hz)

fc2 (Hz)

fc3 (Hz)

fc4 (Hz)

fc5 (Hz)

fc6 (Hz)

fc7 (Hz)

fc8 (Hz)

fc9 (Hz)

fc10 (Hz)

31,5

63

125

250

500

1000

2000

4000

8000

16000

 

In un’ottava il limite inferiore (f1), quello superiore (f2), e la frequenza di centro banda (fc) verificano le seguenti relazioni:

   risolvendo ho: 

Se ad esempio la fc = 1 kHz, allora f1 = 707 Hz e f2 = 1414 Hz e per la successiva ottava f 3 = f2  = 1414 Hz e f4  =2828 Hz.

L’analisi in filtri d’ottava può essere accettabile in campo rumoristico ma è grossolana per calcolare ad esempio la risposta di un altoparlante, in cui è necessaria un’analisi con più risoluzioni in frequenza, cioè con più filtri più stretti. Si usa in questi casi una analisi in frequenza in bande di frazioni di ottava (1/3, 1/6, 1/12, 1/24, ecc.); se si vogliono le relazioni tra i limiti di sottobanda f1 e f2 e si chiama con N il numero di parti in cui suddivido un’ottava ho:

,  e in generale:  con i = 1, 2, …, N+1.

 

Per calcolare le frequenze di centro banda nelle varie sottobande uso la relazione:

Così se ho un N = 12, cioè in dodicesimi di ottava, per un suono a 1 kHz:

,  per cui le frequenze di taglio sono:

 

f1

(Hz)

f2

(Hz)

f3

(Hz)

f4

(Hz)

f5

(Hz)

f6

(Hz)

f7

(Hz)

f8

(Hz)

f9

(Hz)

f10

(Hz)

f11

(Hz)

f12

(Hz)

f13

(Hz)

707

749

793,6

840,8

890,4

943,3

999,4

1058,9

1121,8

1188,5

1259,1

1334,6

1414

Tabella 4: Frequenze di taglio per le bande di 1/12 d’ottava di un suono a 1 kHz

 

Quella in dodicesimi d’ottava e la risoluzione che meglio approssima le capacità dell’orecchio umano normale. Una persona otologicamente normale è infatti in grado di arrivare a percepire fino ad una nota di differenza fra due suoni simili, per frazioni d’ottava inferiori non si riescono a cogliere differenze. Nella realtà l’analisi in frequenza ad ampiezza percentuale costante più usata è di un terzo d’ottava.

Con N = 3, , per cui se fc = 1 kHz:

 

f1

(Hz)

f2

(Hz)

f3

(Hz)

f4

(Hz)

707

890,8

1122,3

1414

Tabella 5: Frequenze di taglio per bande di 1/3 d’ottava a 1 kHz.

 

Figura 13: Filtro di banda di 1/3 d’ottava.

 

Le frequenze di centro banda in questo caso sono:

 e nominalmente

e nominalmente

 

Tabella 6: Frequenze nominali per filtri di 1/3 d’ottava per tutto lo spettro udibile.

fc1

(Hz)

fc2

(Hz)

fc3

(Hz)

fc4

(Hz)

fc5

(Hz)

fc6

(Hz)

fc7

(Hz)

fc8

(Hz)

fc9

(Hz)

fc10

(Hz)

fc11

(Hz)

fc12

(Hz)

fc13

(Hz)

fc14

(Hz)

fc15

(Hz)

25

31,5

40

50

63

80

100

125

160

200

250

315

400

500

630

 

fc16

(Hz)

fc17

(Hz)

fc18

(Hz)

fc19

(Hz)

fc20

(Hz)

fc21

(Hz)

fc22

(Hz)

fc23

(Hz)

fc24

(Hz)

fc25

(Hz)

fc26

(Hz)

fc27

(Hz)

fc28

(Hz)

fc29

(Hz)

fc30

(Hz)

800

1k

1250

1,6k

2k

2,5k

3,15k

4k

5k

6,3k

8k

10k

12,5k

16k

20k

 

Lo spettro di un suono assume un aspetto grafico molto diverso in base al tipo di rappresentazione. Se utilizzo filtri ad ampiezza percentuale costante si tende ad usare l’asse delle frequenze logaritmico, mentre per filtri ad ampiezza costante l’asse delle frequenze si presta ad una scala lineare. Iniziando dai filtri d’ottava in figura 14 si nota come lo spettro (f scala logaritmica) sia rappresentato con molte componenti a basse frequenze, che invece con una scala lineare risultano compresse in modo da concentrare in un breve intervallo un numero notevole di informazioni (figura 15). Essendo la scala delle ascisse logaritmica ogni tacca verticale individua un margine di taglio di una delle 30 sottobande in cui si divide lo spettro (infatti ho 31 tacche!).

Figura 14:filtro di 1/3 d’ottava con asse delle frequenze logaritmico.

 

Figura 15:filtro di 1/3 d’ottava con asse lineare delle frequenze.

 

Quando passo all’analisi spettrale ad ampiezza costante mi accorgo subito di una grossa differenza: il livello sonoro segnalato alla frequenza di 1902 Hz passa da 87 dB circa, per l’analisi con filtri di 1/3 d’ottava, a 67 dB circa per l’analisi ad ampiezza costante. Questo calo si spiega col fatto che le bande da 1/3 d’ottava sono molto più larghe di quelle costanti e quindi possono far passare frequenze con energia mediamente elevata anche se non filtro il picco massimo. In ogni caso lo spettro più usato, che approssima meglio il nostro udito, è quello con frequenze in scala logaritmica e filtro in terzi d’ottava (figura 14).

 

Figura 16: Spettro in banda stretta con frequenza logaritmica.

 

Figura 17: Spettro in banda stretta con frequenza lineare.

 

 

 

Esercizio

Di un segnale sonoro, tramite analisi spettrale, mi vengono forniti i livelli sonori a diverse frequenze:

 

Frequenza (Hz)

Livello sonoro (dB)

Ponderazione “A”

Livello ponderato (dB(A))

31,5

90

-39,4

50,6

63

87

-26,2

60,8

125

80

-16,1

63,9

250

82

-8,6

73,4

500

79

-3,2

75,8

1000

80

0

80

2000

75

+1,2

76,2

4000

72

+1

73

8000

70

-1,1

68,9

16000

70

-6,6

63,4

 

Determinare il livello totale in dB e quello ponderato in dB(A).

, con p0 = 20 mPa  per definizione di livello sonoro.  

Sapendo che se ho 2 livelli L1 e L2 con

 e 

se ne faccio la somma incoerente ottengo:

.

Quindi nel mio caso il livello sonoro totale è:

Se voglio il livello ponderato: