Anno accademico 2000-2001
Corso di laurea: ingegneria delle telecomunicazioni
Corso di fisica tecnica
Docente del corso : Angelo Farina
Relazione della lezione di fisica tecnica tenuta il giorno 11/01/2000 alle ore 16:30-18:30
Equazione di continuità ed equazione di Navier
Allo scopo di studiare e prevedere il comportamento di un fluido in moto, l’ingegnere dispone di due strumenti fondamentali: l’esperienza ed il calcolo. Quando l’esperienza viene meno, è necessario quindi utilizzare le leggi che governano la fluidodinamica: l’attendibilità dei risultati che derivano da tale studio risulta in ogni modo limitata dalle ipotesi semplificative introdotte e dalle tecniche matematiche utilizzate per risolvere le equazioni.
Per la descrizione completa del sistema è necessario determinare, in funzione dello spazio e del tempo, il valore delle componenti del vettore velocità secondo le tre assi del riferimento inerziale, lo stato fisico e quelle grandezze fisiche che ad esso sono legate: per un fluido isotermo, fisicamente e chimicamente omogeneo, nota la temperatura, è necessario quindi determinare 3 + 1 = 4 variabili e pertanto il problema sarebbe univocamente determinato dalla soluzione di un sistema di quattro equazioni di cui una scalare data dall’equazione di continuità e tre equazioni vettoriali date dall’equazione di Navier.
Poiché però in generale compaiono nelle equazioni derivanti dalle leggi fisiche sia la pressione sia la densità, è necessario introdurre nel sistema una quinta equazione; infine è necessario valutare la resistenza al moto in funzione della viscosità, perciò saranno necessarie ancora equazioni che n’esprimono la dipendenza dal gradiente di velocità e dal coefficiente di viscosità, nonché la legge di variazione di quest’ultimo con lo stato fisico.
Alcune tra le suddette equazioni possono essere dedotte dalle seguenti leggi fisiche :
·
principio di conservazione della materia,·
2° principio della dinamica;la soluzione completa del problema del moto richiede poi l’osservanza di altre leggi accessorie quali l’equazione della trasformazione termodinamica, quella di stato, la legge di Newton o l’equazione costitutiva.
Quanto ho detto in precedenza è molto simile a quello che succederà anche in acustica perché anche li dovremo risolvere lo stesso problema cioè determinare le tre componenti della velocità e la pressione però la differenza sostanziale tra l’equazione di moto dei fluidi e il moto nell’acustica è che nell’acustica le particelle oscillano invece nei fluidi le particelle hanno velocità in un'unica direzione. A parte questo aspetto le equazioni sono le stesse perché avremo a che fare con l’equazione di continuità e con l’equazione di Navier e comunque avremo un regime nel quale l’energia si trasforma da cinetica a potenziale e quindi di fatto la fisica del problema è la stessa ma cambiano solamente le condizioni al contorno; infatti in fluidodinamica il moto dei fluidi è causato da un eccitazione costante monolatera mentre in acustica il contorno del sistema viene eccitato con una velocità alternata.
Per studiare le caratteristiche del moto come la variazione della velocità lungo il condotto e la sua dipendenza dalla pressione, si possono adottare due diverse descrizioni(o visuali). La prima, detta Lagrangiana, prende in esame un elemento di fluido e ne segue il moto dovuto alle varie forze agenti (di volume e di superficie inclusa la forza di attrito interne se la viscosità non è trascurabile): si tratta di una descrizione analoga a quella utilizzata per il moto di un punto materiale in cui si individua la posizione del sistema, in relazione a quella di un riferimento opportunamente scelto, per mezzo di un vettore le cui derivate prima e seconda rispetto al tempo corrispondono nell’ordine alla velocità ed alla accelerazione del corpo.
L’approccio della seconda descrizione, detta Eulriana, è diversa: viene fissata l’attenzione su un determinato punto della massa fluida P(x, y, z) e si considera la velocità v(x, y, z) di un elemento fluido che passa nel punto p all’istante t. In generale tale grandezza è variabile nel tempo, cioè i vari elementi che successivamente passano nella posizione considerata P hanno velocità diverse. Se in base alle leggi della meccanica siamo in grado di determinare in tutta la massa del fluido la funzione v(x, y, z) abbiamo una rappresentazione del moto di tutti gli elementi fluidi.
Operando secondo Lagrange, l’osservatore si muove con la particella per cui vedrà variare i diversi parametri non solo per effetto dello scorrere del tempo, ma anche perché nel frattempo si è spostato egli stesso; le variazioni dei diversi parametri nel tempo saranno quindi espresse come rapporto tra il differenziale totale della grandezza in esame e quello del tempo:
(1.1)
Poiché però gli spostamenti dell’osservatore avvengono unitamente alla particella ,i rapporti dx/dt, dy/dt e dz/dt rappresentano le componenti della velocità di quest’ultima, per cui se ne conclude che per derivare i parametri del moto secondo Lagrange è necessario utilizzare l’operatore:
(1.2)
detto anche derivata sostanziale (la notazione con lettere maiuscole sta quindi ad indicare che l’osservatore si muove unitamente alle particelle).
Operando secondo Eulero, l’osservatore sta fermo, per cui la variazione dei diversi parametri si esprime più semplicemente con la sola derivata parziale nel tempo.
Consideriamo la derivata sostanziale della pressione:
(1.3)
si osserva un fenomeno di trasporto (determinato dalle derivate della pressione rispetto alle coordinate spaziali moltiplicate per la velocità) che si aggiunge alla derivata temporale. Il vettore velocità è inserito nell’ equazione per dare modo ad un osservatore che si muove assieme ad un ipotetico elemento di volume di sentire variazioni di pressioni più o meno brusche a seconda che la velocità sia più o meno elevata.
Figura 1 Sistema che si muove e si deforma nello spazio(massa sistema
= const)
Adottiamo la visuale Euleriana e cerchiamo di ricavarci l’espressione dell’equazione di continuità che esprime il concetto fisico generale di conservazione delle masse; ossia per ogni quantità di masse uscente da una regione di spazio racchiuse da una superficie chiusa S si ha una corrispondente variazione nelle masse totale contenuta nelle regione. La definizione dell’equazione di continuità richiede la premessa di alcune ipotesi semplificative; infatti il fenomeno del moto reale dei fluidi nei condotti è quanto mai complesso. A tale complessità si può ovviare supponendo che il moto sia laminare, avvenga cioè secondo traiettorie parallele (imponendo con ciò che le particelle fluide non siano dotate di componenti trasversali alla traiettoria). Una tale ipotesi contrasta con il fenomeno reale, ma è accetabile se le componenti trasversali della velocità esistenti nella realtà, non portano a spostamenti del fluido normalmente al contorno; questa condizione è pienamente soddisfatta in un condotto. L’ipotesi poi è, a tutto rigore, valida solo lungo la generica traiettoria della particella fluida puntiforme.
Si ammette anche l’esistenza del regime permanente: con ciò le grandezze di stato varieranno da punto a punto ma in ciascun punto saranno costanti nel tempo.
E’ utile infine richiamare qui la definizione di portata: si dice portata la quantità di fluido che nell’unità di tempo passa attraverso una generica sezione del condotto. L’ipotesi di moto laminare porta a considerare la velocità tangente alla traiettoria e quindi normale alla sezione del filetto considerato, mentre quella di regime permanente impone la costanza sulla sezione generica delle grandezze fisiche p, v, r , u; tali grandezze per ciascuna sezione saranno costanti nel tempo pur essendo diverse da sezione a sezione e da punto a punto della stessa sezione; nel più generale dei casi anche il valore della sezione generica, costante nel tempo, potrà variare lungo l’asse del filetto.
Consideriamo due sezioni 1 e 2 normali alla traiettoria costituenti il filetto in esame, abbiamo che
(2.1)
dove S è la pelle che racchiude l’elemento D V e n è il versore normale dalla superficie, scelto positivo se uscente da quest’ultima. La densità del liquido r in generale è funzione dello spazio e del tempo r = r (x, y, z, t) ma dato che abbiamo scelto un elemento infinitesimo di volume questo può essere ritenuto costante al suo interno, quindi dm = r dv .
Il secondo termine della (2.1) rappresenta la variazione netta di massa nel tempo, mentre il primo esprime la portata in massa che attraversa tale superficie come flusso del vettore r u dato che:
·
u× ndt = spostamento di fluido prossimo a dS verso l’esterno nel tempo dt·
u× ndSdt = volume del fluido che esce da dS nel tempo dt
Moltiplicando il tutto per r e dividendo per dt si ottiene la portata in massa che esce da dS, presa con il segno meno perché il versore normale n punta in fuori mentre io considero la massa positiva quando entra, infine integrando su S si ottiene:
(2.2)
Dal teorema della divergenza(* ) si ha poi
(2.3)
e quindi dalla (2.1) si ottiene:
(2.4)
Essendo diverso da zero il valore del volume e data l’arbitrarietà di V, deve necessariamente essere nulla la funzione integranda: si ottiene così l’equazione di continuità:
. (2.5)
In regime di flusso stazionario la velocità u in un dato punto è costante nel tempo cioè la derivata di r rispetto al tempo sparisce e l’equazione (2.5) si riduce a
(2.6)
Ma visto che r è costante perchè la sua derivata rispetto al tempo è nulla l’equazione può anche essere scritta come:
(2.7)
questo significa che il vettore u crea un campo solenoidale cioè qualunque elemento di volume noi prendiamo tanta massa ne entra quanta ne esce e quindi l’integrale di r × u mi darà lo stesso risultato indipendentemente dalla superficie di integrazione. Dato che noi considereremo solo fluidi in moto stazionario la presenza di quel termine di accumulo di massa non ci interessa a meno non nel moto dei fluidi, vedremo invece come tale termine risulterà importante in acustica dove il moto stazionario non è definito allo stesso modo è un regime mediamente stazionario ma nell’istante tale stazionarietà scompare perché la massa va avanti e indietro in modo casuale.
Consideriamo il punto P (fig. 2) nel fluido; poiché in regime stazionario la velocità u delle particelle di fluido in P non varia, ogni particella che arriva in P passerà oltre con la stessa velocità e nella stessa direzione. Quindi ogni particella che passa per P seguirà lo stesso percorso, chiamato linea di corrente. Riferendoci alla figura 2, ogni particella che passa per P, in seguito dovrà passare per Q e R (che sono a valle rispetto a P) lungo la linea di corrente; d’altra parte, ogni particella che arriva in R sarà prima passata per P e Q.
In generale il modulo del vettore velocità varia man mano che la particella si muove lungo la linea di corrente. In ogni punto del fluido la velocità è tangente alla linea di corrente passante per quel punto.
Figura 2 In regime di flusso stazionario, un elementino di fluido che passa per il punto P individua una linea di corrente che successivamente passa per Q e R. Ogni elementino di fluido passante per P, deve seguire lo stesso percorso.
Due diverse linee di corrente non possono intersecarsi; se ciò avvenisse, una particella passante per il punto di intersezione potrebbe proseguire il suo percorso lungo l’una o l’altra delle linee di corrente e il regime di flusso non sarebbe più stazionario. In regime di flusso stazionario le linee di corrente non variano con il tempo.
In linea di principio possiamo immaginare di tracciare una linea di corrente per ogni punto del fluido. Se il flusso è stazionario, possiamo considerare un numero finito di linee di corrente che formino una specie di cesto, come è mostrato in figura 3.
Figura 3 Si può schematizzare un tubo di flusso paragonandolo a un cesto costruito con le linee di corrente.
Questa regione tubolare viene chiamato tubo di flusso. La velocità delle particelle di fluido è sempre tangente alle linee di corrente che costituiscono il contorno di questo tubo. Ne segue che le particelle di fluido non possono attraversare il contorno del tubo di flusso in cui si muovono; il tubo di flusso può quindi essere assimilato a una conduttura della stessa forma. Il fluido che entra da una parte della conduttura deve uscire dall’altra.
Figura 4 Tubo di flusso di sezione A1nel punto P e A2in Q.
Si considera che il fluido che entra nel tubo solo in P ed esca solo in Q ed infatti abbiamo che div u = 0 cioè il campo delle velocità è solenoidale. Questo significa che tra P e Q non esistono altre sorgenti dove il fluido può entrare, né pozzi attraverso i quali può uscire. Inoltre il flusso è stazionario e dunque la densità del fluido tra P e Q non varia nel tempo, pur potendo essere differente da posto a posto. Quindi dall’equazione di continuità abbiamo che il flusso di massa in P deve essere uguale a quello in Q:
(2.8)
ovvero, riferendosi in modo più generale a un punto generico del tubo di flusso, r Au = costante.
Considerando il flusso incomprimibile per cui , l’equazione (2.8) diventa semplicemente
(2.9)
Ovvero, definendo il prodotto Au come flusso di volume(o portata) R, R = Au = costante.
Figura 5 Quando la sezione di un tubo orizzontale diminuisce, la velocità deve aumentare. Se sul fluido non agiscono altre forme, la pressione in P deve essere maggiore di quella in Q in modo che agisce nella direzione PQ, il moto possa avere l’accelerazione necessaria alla variazione di velocità.
Nel sistema internazionale (SI) le unità di misura di R sono . Si noti che l’equazione 3 indica che, nel caso di flusso stazionario e incomprimibile, la velocità di flusso è inversamente proporzionale alla sezione del tubo: la velocità è più elevata dove il tubo è più stretto.
La costanza della portata lungo un tubo di flusso permette una rappresentazione grafica delle linee di corrente (fig. 5). Nella parte più stretta del tubo le linee di corrente sono più addensate che nella parte più larga. Quindi, al diminuire della distanza tra le linee, aumenta la velocità. In definitiva si può concludere che le linee di corrente ben spaziate indicano una regione in cui la velocità è bassa, mentre le linee fortemente addensate indicano una regione in cui la velocità è relativamente alta.
Se applichiamo la seconda legge di Newton al flusso tra P e Q otteniamo un altro interessante risultato (fig. 5). Una particella che si trova in P con velocità u1, per poter arrivare in Q con una velocità maggiore, dovrà essere accelerata. L’accelerazione può essere causata solo da una forza che agisce nella direzione PQ che (se non ci sono altre forze esterne, come, per esempio la gravità) deve essere prodotta da una variazione di pressione nel fluido; nel caso in esame, la pressione in P deve essere maggiore di quella in Q. In definitiva, in assenza di altre cause che provochino un’accelerazione, la pressione è minore nelle regioni in cui la velocità è più elevata. Ad esempio una pompa idraulica inserita all’interno di un tubo ha come unico risultato quello di aumentare la pressione e lasciare inalterata la velocità se il diametro del tubo è lo stesso prima e dopo la pompa e se il fluido è incomprimibile.
Prendiamo in considerazione la figura 3 e indichiamo con D1 il diametro del tubo avente sezione maggiore e D2 il diametro della sezione minore. Supponiamo che D2 = 4 D1 e che il liquido sia incomprimibile;vogliamo dunque calcolarci la relazione tra la u1 e u2 .
Sfruttando l’equazione di continuità abbiamo
(2.10)
data l’incomprimibilità del liquido,
(2.11)
sostituendo ad S l’espressione dell’area di un tubo circolare ed utilizzando la relazione tra i diametri otteniamo:
(2.12)
Si può osservare come la velocità nel punto 2 aumenti con il diminuire del diametro dello sbocco mentre la pressione rimanga invariata indipendentemente dall’apertura dello sbocco perché, essendo a contatto con l’aria, coincide con quell’atmosferica. Invece la pressione nel punto 1 varia al variare di D1 e per essere più esatti sarà tanto più grande quanto più piccolo è D1 . Tale discorso vale anche per un lungo tubo cilindrico orizzontale con una strozzatura. La velocità deve aumentare (Au = costante) quando il liquido entra nella strozzatura la pressione è più bassa che altrove come è mostrato in figura 6. Avremmo potuto aspettarci esattamente l’opposto, cioè che la pressione fosse maggiore nella strozzatura. Ma se è vero che la velocità del fluido è maggiore in quel punto, il fluido deve aver accelerato; per accelerare il fluido in una data direzione, è necessario avere una forza che agisca in quella direzione, cioè una pressione più alta dietro il fluido e più bassa davanti: perciò la pressione del fluido deve diminuire nella direzione dell’accelerazione.
Figura 6
3. Equazione di Navier
Trattando dei fluidi non è possibile inseguirne le singole particelle per cui si ricorre all'ipotesi di mezzo continuo, cioè composto da un numero infinito di elementi, ciascuno di massa dm = r dv. Caratteristica principale è la possibilità di scorrimento di una qualsiasi parte di fluido rispetto ad un’altra adiacente o alla parete del contenitore. Allo scorrimento si oppone una forza di attrito interno dovuta alla viscosità del fluido. Tuttavia il fluido non può resistere allo scorrimento, cioè non esiste una forza di attrito statico che determini una situazione di equilibrio, come avviene tramite l’attrito radente statico per certi valori della forza applicata nei solidi o nel fenomeno elastico dello scorrimento, sempre nei solidi. Quindi, se un fluido è in quiete, le forze tra gli elementi di fluido devono essere normali alla superficie di separazione, altrimenti i vari elementi inizierebbero a scorrere l’uno rispetto all’altro, abbandonando lo stato di quiete. Quindi la corrispondente particella è soggetta a forze derivanti sia dall’azione dei campi esterni che dalla mutua iterazione con delle particelle vicine: per utilizzare le equazioni della meccanica del punto materiale per lo studio del moto delle particelle che costituiscono un mezzo continuo bisogna quindi poter valutare tutte queste forze.
Dal secondo principio della meccanica, espresso nella forma classica della meccanica del punto materiale, per una particella di volume D V si ha :
massa della particella x accelerazione della stessa = risultante delle forze applicate
dove l’accelerazione deve essere espressa secondo Lagrange, e cioè con una derivata sostanziale. Le forze agenti sulla particella possono essere distinte in forze di massa(dovute ai campi di gravità elettrici o magnetici eventualmente presenti) ed in forze di volume.
Le forze di massa sono dovute all’azione del campo gravitazionale terrestre che, essendo conservativo, ammette un potenziale che vale (gz) per unità di massa, dove (g) è il modulo del vettore accelerazione di gravità. Là forza per unità di massa si ottiene come il gradiente di questo potenziale:
Le forze di volume sono trasmesse alla particella dagli altri elementi di fluido ad esso adiacenti, possono essere forze di pressione o forze dovute alla viscosità del fluido; quest’ultima compare lungo l’area di contatto con verso sempre contrario a quello della velocità relativa quando si verifica una condizione di scorrimento relativo tra due elementi di fluido.
a)Forze di pressione:
Figura 7
(3.1)
(3.2)
(3.3)
(3.4)
(3.5)
(3.6)
sommando tutti i termini si ottiene la risultante delle forze di pressione vale:
. (3.7)
b)Forze viscose:
Si trova sperimentalmente che il modulo della forza di attrito interno si può esprimere come
(3.8)
dove t è la tensione che si esercita nella direzione x sulla superficie normale ad y, rivolta verso le y decrescenti. Consideriamo un elemento di volume dV, su di esso agiranno degli sforzi tangenziali che sono responsabili delle forze viscose interne al fluido che tendono a deformare tale elemento di volume; in figura sono rappresentati tutti gli sforzi nella sola direzione y poiché consideriamo il movimento del corpo in sola tale direzione:
Figura 8
Scriviamo la risultante degli sforzi nella direzione y:
(3.9)
Sostituendo nella (3.8) la definizione di sforzo tangenziale si ottiene:
(3.10)
Tenendo conto infine anche delle componenti dello sforzo lungo x e lungo z(che si determinano in modo analogo) si ottiene lo sforzo complessivo:
(3.11)
L’equazione di Navier si potrà qundi scrivere nel seguente modo:
, (3.12)
sostituendo i valori delle forze prima calcolati si ottiene:
(3.13)
infine dividendo per la densità:
(3.14)
L’ultima espressione è l’equazione di Navier per un fluido incompressibile nel quale non vi è variaziazione di massa nel volumetto di fluido considerato durante l’intervallo infinitesimo di tempo dt. Rimuovendo anche questa ipotesi l’equazione si può generalizzare se il fluido è Newtoniano. Infatti per un fluido newtoniano vale la seguente definizione generale di viscosità dinamica:
(3.15)
Questa definizione comporta una variazione del contributo dovuto alle forze viscose; riducendosi al caso di un movimento monodimensionale lungo l’asse y abbiamo:
(3.16)
Considerando la risultante delle forze
(3.17)
quindi sostituendovi l’espressione degli sforzi otteniamo:
(3.18)
dove con
Facendo analogamente per le componenti del moto lungo x e z otteniamo il termine:
(3.19)
che introdotti nell’equazione (3.12) ci permettono di definire l’equazione di Navier scritta in regime non stazionario che assume la seguente espressione:
(3.20)
in essa vi è da osservare che:
Per quelle particolari situazioni di moto che consentono di considerare la densità indipendente dalla pressione(ipotesi di incomprimibilità dei fluidi), il vettore velocità è solenoidale per cui nella (3.20) cade il termine 1/3grad div u; se inoltre sono trascurabili i contributi derivanti dai gradienti delle forze di campo e di pressione, la (numero eq di Navier) si riduce all’espressione:
(3.21)
Infine,per un fluido perfetto il coefficiente di viscosità ha valore nullo, per cui nella (3.20) si annulla il termine relativo agli sforzi tangenziali; l’equazione che così si ottiene è nota anche come equazione di Eulero:
. (3.22)
Abbiamo visto come il problema centrale della fluidodinamica sia la determinazione del vettore velocità u relativo ad un determinato fluido una volta fornite opportune condizioni al contorno e ciò è possibile, almeno in via teorica, utilizzando l’equazione di Navier.Tale equazione è estremamente potente: sarebbe utilizzabile anche per calcolare le correnti marine, se fosse possibile formalizzarne le complesse condizioni al contorno( e si noti che il problema nel farlo è puramente pratico, non teorico). Quindi sorge spontaneo chiedersi in quali casi pratici si riesce ad integrare l’equazione e quindi risolvere il campo del moto; in uno solo e cioè quando siamo nell’ipotesi di
·
Condotto circolare di sezione costante con superficie liscia· Sistema stabilizzato
·
Moto laminare·
Regime stazionario rispetto a tempo e spazio·
Fluido viscoso Newtoniano ed incomprimibile·
Forza peso trascurabile.A cosa serve l’equazione di Navier se nell’unico caso cui potrebbe servire se ne può fare a meno, dato che il caso precedente potrebbe essere risolto benissimo anche senza il suo utilizzo. In realtà l’equazione di Navier è molto importante perché:
·
L’equazione di Navier è una differenziale vettoriale in cui compaionopiù termini rispetto alle equazioni relative ad altri problemi fisici(termini che complicano molto il tutto).·
I modelli matematici utilizzati sono estremamente instabili rispetto alle condizioni al contorno.Per rendersi conto dell’entità di queste difficoltà basta ricordare che anche i programmi agli elementi finiti, che "trionfano" in altri ambiti della scienza come i calcoli strutturali o i calcoli relativi alla conduzione del calore, falliscono nel momento in cui si trovano a trattare dei fluidi in movimento
Nonostante tali vantaggi è necessario rinunciare a uno strumento potente quale l’equazione di Navier a favore di un modello semplificativo, di più limitata applicabilità ma anche più facilmente utilizzabile. Infatti integrando l’equazione di Navier su un tubo di flusso in condizioni stazionarie si otterrà quello che viene chiamata equazione di Bernulli con le perdite o anche equazione di bilancio dell’energia di sistema aperto in forma meccanica che permette la risoluzione di una gran parte di problemi fluidodinamici in condizioni stazionararie.