INDICE:
In questa lezione saranno trattati i seguenti argomenti:
§
I concetti di
calore e temperatura
§
Misure di
Temperatura: il Principio Zero
§
Lo “Zero
Assoluto” e il Terzo Principio
§
Il termometro e
la sua taratura
§
Tipi di termometro
La temperatura è una delle sette
grandezze assunte come fondamentali nel S.I. (Sistema Internazionale).
Sicuramente è stata una grandezza poco
capita nella fisica fino al XVIII secolo, quando non si aveva ancora chiara la
distinzione tra il concetto di temperatura e calore; ancora oggi spesso si
commettono errori nel linguaggio comune dovuti proprio al fatto che si tende a
confondere l’una con l’altra.
Spesso infatti capita di sentire o leggere
frasi del tipo “un calore di 300 gradi”, mentre sarebbe più opportuno sentir
parlare di temperatura di 300 gradi.
Nell’antichità, si
pensava al calore come ad un fluido, il “calorico” con sue particolari
proprietà meccaniche ed elastiche, che passava da un corpo all’altro durante il
riscaldamento, uscendo dal più caldo, raffreddandolo, ed entrando nel più
freddo, riscaldandolo.
L’equilibrio
termico veniva cioè spiegato ammettendo che il corpo più ricco di “calorico” ne
cedesse una parte al più freddo, sufficiente a far raggiungere la stessa
temperatura ai due corpi (Fig 1).
Questa concezione è durata sino circa al
1840 quando Benjamin Thompson (il Conte Rumford di Baviera) dimostrò
inequivocabilmente in una serie di esperimenti come si potesse produrre calore
dal lavoro meccanico; questo aprì la via all’interpretazione del calore come
una forma di energia.
Da qui l’apertura ai principi della
termodinamica e alle leggi che governano le trasformazioni di energia.
Fig.1 – “Equilibrio
termico”
Il problema di misurare la temperatura
di un corpo è di non semplice soluzione.
Il primo passo in avanti
in questa direzione lo si ottiene grazie al cosiddetto “Principio Zero” della
termodinamica.
Il nome abbastanza strano
deriva dal fatto che, pur esssendo stato introdotto dopo il primo e secondo
principio della termodinamica (il principio zero risale agli anni ’30 del
Novecento), questo deve venire inserito logicamente prima degli altri due, che
si basano su di esso; così per non cambiare i nomi ormai radicati si è optato
per Principio Zero.
L’enunciato di questo
principio può essere descritto in questa forma: Se si pongono a contatto due
corpi in modo che non possano scambiare massa né energia con l’esterno, dopo un
tempo infinito (in pratica ragionevolmente lungo), essi si portano in
equilibrio termico tra loro.
Ora, quando due corpi
sono in equilibrio termico si dice che hanno la stessa temperatura: si noti che
il concetto di temperatura può essere introdotto in termodinamica solo in
questo modo, basandosi sul concetto di equilibrio termico.
Non si può infatti
utilizzare il concetto intuitivo e soggettivo che ci deriva dal quotidiano: per
esempio se d’inverno perndiamo in mano un oggetto rimasto all’aperto per molto
tempo, composto sia di parti metalliche, sia di parti in legno, sicuramente al
contatto ci appariranno più fredde le parti metalliche, meno fredde quelle in
legno.
D’altra parte il corpo
deve essere tutto ad una stessa temperatura, in quanto si trova in equilibrio
termico con l’aria.
Questo dipende dal fatto
che, toccando un oggetto, non si valuta solo la sua temperatura, ma anche la
sua capacità di sottrarre calore alla nostra mano.
Poiché il metallo sottrae
più velocemente calore alla nostra mano, esso ci sembrerà più freddo.
Un altro esempio che
spesso i sensi ingannano può essere dato da un semplice esperimento: presi tre
recipienti ne riempiamo uno con acqua calda, uno con acqua fredda ed uno di
acqua tiepida.
Immergiamo per un po’ di
tempo contemporaneamente una mano in acqua calda e l’altra in acqua fredda;
riceveremo così dalla prima mano sensazione di calore, mentre la seconda ci
darà sensazione di freddo.
Se ora estraiamo entrambe
le mani e le immergiamo nel contenitore di acqua tiepida, avremo due sensazioni
differenti da esse: quella che era immersa precedentemente in acqua fredda
valuterà l’acqua tiepida più calda che non quella che era immersa in acqua
calda.
D’altra parte
evidentemente l’acqua della stessa baccinella non può essere a due temperature
diverse, essendo in equilibrio termico, per cui sono i nostri sensi ad
ingannarci.
Un altro problema nella
misura di temperatura dipende dal fatto che non ha senso cercare di costruire
un campione come si fa per le altre grandezze fondamentali.
Infatti, mentre posso
creare un oggetto campione lungo un metro e riportandolo due volte ottenere una
misura di due metri, non posso fare altrettanto con la temperatura.
Non è vero cioè che, se
un bicchiere d’acqua che bolle a temperatura T, due bicchieri uguali d’acqua
bollente hanno temperatura 2T: la temperatura rimane T.
Si deve allora procedere
in maniera totalmente differente per definire una scala di temperature: occorre
identificare una sostanza che abbia una proprietà che varia in modo univoco al
variare della temperatura e che sia facilmente misurabile: si ottiene così una
misura indiretta della temperatura.
Tale sostanza viene detta
sostanza termometrica o caratteristica termometrica e la
grandezza fisica che dipende dalla temperatura viene detta proprietà
termometrica.
Infine si deve conoscere
la relazione che lega la temperatura alla caratteristica termometrica, per
poter tarare una scala di temperature.
In figura 2 si ha un
esempio di un grafico che mette in relazione la proprietà termometrica C di tre
diverse sostanze con la temperatura T: la più alta è fortemente non lineare
(può esser utile per misure di precisione nel tratto a pendenza maggiore, nel
quale a grandi variazioni di C corrispondono variazioni minime di T), la
seconda si scosta leggermente da un andamento lineare (è il caso più frequente
in natura), mentre la terza è perfettamente lineare (è una idealizzazione,
praticamente impossibile da ottenere che sarebbe perfetta per misure su
vastissima scala e per tarature rigorose).
Fig 2. Esempi di
variazioni lineari, quasi lineari, fortemente non lineari
Per definire una scala di
temperatura si sceglie solitamente una sostanza che abbia la proprietà
termometrica variabile il più linearmente possibile con la temperatura, perché
questo semplifica molto le operazioni di definizione e taratura, ma per alcuni
utilizzi particolari, in campi ristretti di variazione di temperatura, può far
molto comodo un comportamento fortemente non lineare, come vedremo in seguito
nell’analisi del termometro a termistore.
Così scelta una sostanza
con proprietà termometrica A variabile
linearmente con la temperatura T, essa sarà una funzione lineare T(A) del tipo
con m e q costanti da determinare in base a
due punti scelti come punti fissi per calibrare la scala.
In particolare la scala Celsius e la
scala Fahrenheit assumono come punti fissi gli istanti di cambiamento di stato
dell’acqua da solida a liquida e da liquida a vapore (alla pressione di una
atmosfera).
La differenza risiede nei diversi valori
che vengono attribuiti a questi punti fissi: mentre la Celsius definisce come
0°C e 100°C rispettivamente il punto di congelamento e di ebollizione, la
Fahrenheit assume gli stessi punti fissi ai valori di 32°F e 212°F.
Si crea così la seguente relazione di
trasformazione di scala
dove: = temperatura in
gradi Fahrenheit
= temperatura in
gradi Celsius
Discorso a parte merita
invece la scala Kelvin (detta anche scala assoluta, o scala della temperatura
termodinamica), che è la scala ufficiale in cui si misurano le temperature.
Questa scala fu
concettualmente un enorme passo avanti nella misura delle temperature, in
quanto si basa sulla misura di due grandezze (lavoro e calore), indipendenti
dalle sostanze utilizzate, svincolando finalmente la misura da caratteristiche
della sostanza che spesso portavano a valori erronei nelle misure.
Carnot, infatti, dimostrò
che compiendo un particolare ciclo (composto da due trasformazioni adiabatiche
e due isoterme),detto ciclo di Carnot, valeva una relazione particolare tra
lavoro prodotto, calore fornito e le due temperature limite a cui avviene il
ciclo.(Fig.3).
Fig.3 – Schema di Macchina di Carnot
Questa
relazione, nota come “legge di Carnot”,
afferma che
Tale legge consente
quindi l’introduzione di un nuovo metodo termodinamico di misura della
temperatura svincolando la misura dalla natura del corpo.
Calore e lavoro sono
infatti indipendenti dalla sostanza utilizzata; si trova così una legge di
validità generale che permette di definire una scala universale di temperatura.
Questa scala di valori
viene espressa in gradi Kelvin (K) dal nome del fisico che maggiormente
sostenne quest’idea.
Il termometro a gas perfetto è l’unico a
misurare direttamente la temperatura termodinamica, per questo lo si utilizza
come riferimento per gli altri
termometri.
Una cosa di fondamentale
importanza da notare è che la scala Kelvin pone il valore di zero in
corrispondenzadel valore nullo della proprietà termometrica,per cui serve solo
un punto di calibrazione.
Di solito si assume come
tale il cosiddetto punto triplo dell’acqua,che nella scala Celsius si trova a
0.01°C e gli si associa il valore di temperatura di 273.16 K.
La scelta di questo punto
di calibrazione dipende dal fatto che il punto triplo, punto in cui coesistono
acqua allo stato solido, liquido e gassoso, è fissato a un solo ben preciso
valore di temperatura e di pressione,
variando cioè una di queste due grandezze anche di poco, non si può avere la
coesistenza delle tre fasi, così si ha una calibrazione molto accurata.
Queste scelte consentono
di mantenere la stessa ampiezza dei gradi della scala Celsius che risulta
quindi solo traslata (cioè data una temperatura in K per ottenere quella
corrispondente in °C basta sommarvi 273.15).
Un altro fatto notevole è
che, così come è definita (vedi la formula 3), la scala Kelvin pone un
problema: utilizzando una macchina di Carnot tendendo al limite alla
temperatura di 0K la macchina potrebbe
compiere una trasformazione isoterma senza scambiare calore.
Una particolarità di
lavorare a temperature così basse è che diventa sempre più difficile abbassare
la temperatura di un sistema(il calore scambiato da due isoterme comprese tra
due adiabatiche diminuisce sempre più tendendo T a 0K).
Questo fatto ha portato
alla formulazione del Terzo Principio della Termodinamica che afferma che non
è possibile portare un sistema alla temperatura di 0K in un numero finito di
operazioni, qualunque sia il metodo utilizzato.
In pratica questo vuol
dire che è impossibile raggiungere una temperatura di 0K, e, a maggior ragione,
è impossibile avere temperature negative nella scala Kelvin.
Il termometro è lo
strumento che usiamo per le misure di temperatura.
Deve essere un corpo
normalmente di piccola massa (rispetto al corpo di cui si vuole misurare la
temperatura) dotato di una caratteristica fisica variabile univocamente con la
temperatura, facilmente misurabile, che viene posto a contatto con un sistema,
per sfruttare il Principio Zero e portarsi in equilibrio col sistema stesso.
Il fatto che debba essere
un corpo piccolo rispetto al sistema deriva dal fatto che si cerca di
introdurre la minor perturbazione possibile alla temperatura del sistema, e
quindi alla sua misura.
Da notare che, poiché si
deve venire a contatto col sistema per effettuare la misura, si produrrà sempre
una certa perturbazione seppure minima; questa è la ragione per cui è molto
difficile misurare temperature di sistemi molto piccoli, o a temperature molto
vicine allo zero assoluto.
Fra poco esamineremo più
in dettaglio i più utili e diffusi tipi di termometri, per ora ci soffermiamo
su una considerazione che vale in generale per tutti i termometri: la taratura.
Per essere utilizzabile,
bisogna cioè disporre di uno strumento graduato su cui si possa leggere
direttamente il valore di temperatura richiesto con ragionevole precisione
(ossia in modo da poter soddisfare gli scopi per i quali quel tipo di
termometro è stato creato).
I termometri possono
essere divisi in campioni primari (i più precisi, l’errore massimo di questi
strumenti deve essere contenuto entro il millesimo di grado), secondari,
terziari, etc. a seconda della precisione nel livello di taratura e misura di
temperatura; ovviamente i termometri primari sono strumenti da laboratorio,
assolutamente inadatti a usi industriali o domestici: vengono utilizzati per
tarare gli altri strumenti, o per esperimenti da laboratorio che richiedano
grande precisione.
In Italia per avere una
taratura precisa per i termometri e per
le misure di temperatura in generale, ci si deve rivolge all’Istituto
Colonnetti di Torino, depositario di un campione primario di termometro.
Le operazioni di taratura
vengono effettuate a pagamento, e dovrebbero essere eseguite mediamente una
volta all’anno per i campioni secondari.
A questo proposito sono
stati stabiliti alcuni punti fissi per facilitare le operazioni, riassunti
nella tabella seguente.
Sostanza |
Stato |
Temperatura (K) |
Elio |
Punto di ebollizione |
3-5 (funzione precisa e ben nota della pressione) |
Idrogeno |
Punto triplo |
13.8033 |
Neon |
Punto triplo |
24.5561 |
Ossigeno |
Punto triplo |
54.3584 |
Argon |
Punto triplo |
83.8058 |
Mercurio |
Punto triplo |
234.3156 |
Acqua |
Punto triplo |
273.16 |
Gallio |
Punto di fusione |
302.9146 |
Indio |
Punto di solidificazione |
429.7485 |
Stagno |
Punto di solidificazione |
505.078 |
Zinco |
Punto di solidificazione |
692.677 |
Alluminio |
Punto di solidificazione |
933.473 |
Argento |
Punto di solidificazione |
1234.93 |
Oro |
Punto di solidificazione |
1337.33 |
Rame |
Punto di solidificazione |
1357.77 |
A livello di
coordinazione superiore all’Istituto Colonnetti si trova il W.E.C.C. (Western
European Corporation Calibration).
Esso coordina a livello
Europeo lo scambio di campioni tra i centri di taratura nazionali.
Passiamo ora ad esaminare più in
specifico alcuni tipi di termometri con un particolare riguardo ai vantaggi e
gli svantaggi che essi hanno, e al loro campo più comune di utilizzo.
Esamineremo i seguenti
tipi:
I.
Termometro a gas
perfetto a volume costante
(proprietà termometrica: la pressione P);
II.
Termometro a gas
perfetto a pressione costante (proprietà termometrica: il volume V);
III.
Termometro a
liquido (proprietà termometrica:
il volume V a pressione non costante );
IV.
Termometro a
solido (proprietà
termometrica:Lunghezza L di un
solido );
V.
Termoresistenza (proprietà termometrica: Resistenza elettrica REL di un conduttore );
VI.
Termocoppia (proprietà termometrica: Forza elettromotrice f.e.m. prodotta da una coppia di
metalli diversi );
VII.
Termistore (proprietà termometrica: Guadagno di un transistor
);
VIII.
Pirometro Ottico (proprietà termometrica: Colore di una fiamma );
IX.
Termovisione
Quantitativa (proprietà
termometrica: Intensità di radiazione termoluminosa );
(I-II) Termometri a gas perfetto
I termometri a gas perfetto possono
essere divisi in due categorie:
In entrambi
il principio di funzionamento si basa sulla ben nota equazione di stato
dei gas perfetti:
dalla quale, noti i
valori iniziali, tenendo fissi o il volume (primo caso) o la pressione (secondo
caso), si possono ricavare i valori di temperatura misurando semplicemente la
grandezza variata.
Iniziamo dal primo caso.
1. In figura è rappresentato
un tipico termometro a volume costante.
Fig.4 –
Termometro a gas a volume costante
Il dispositivo è composto
da una piccolo contenitore ceramico collegato ad un tubicino trasparente di
sezione molto piccola a forma di “U”, riempito in parte da un liquido colorato;
nella parte inferiore della “U” si innesta un altro tubo, questa volta
flessibile che termina in una ampolla, anch’essa riempita dello stesso liquido.
Si usa la ceramica
perchè è uno dei materiali che meno si
dilatano al variare della temperatura,
in questo termometro si ha necessità di volume il più possibile costante
e si usa un liquido colorato affinchè sia ben visibile.
Lo strumento è completato
da una scala graduata inserita all’interno della “U”, che permetterà di
misurare le variazioni di altezza del liquido (e quindi di pressione).
All’interno del
contenitore ceramico si mette un gas puro, solitamente Ossigeno, Idrogeno,
Elio, o Azoto, perchè essi sono quelli che meglio approssimano i gas perfetti.
Per tarare il termometro
si segue questo procedimento: Per prima cosa si deve incidere un riferimento
sulla parte sinistra del tubo a “U”, che segnerà il volume del gas, che non
deve variare.
Poi si immerge il
contenitore in un ambiente a temperatura ben nota, per esempio in un ambiente
in cui l’acqua è al punto triplo.
A questo punto lascio
stabilizzare il termometro poi, misurando la differenza di altezze del liquido
tra i due rami della “U”, posso calcolare la pressione a cui si trova il gas in
questo sistema.
Vale infatti la relazione
Questo segnerà il valore
iniziale
Considerando come
pressione quella atmosferica di 1 bar, dall’equazione di stato dei gas perfetti
otterrò la relazione (assumendo h positivo dal riferimento verso l’alto):
Ora, mettendo in contatto il recipiente con il corpo di cui voglio conoscere la temperatura, basta attendere che il termometro sia in equilibrio termico e leggere nuova altezza h del liquido di destra, avendo cura di spostare l’ampolla del tubo flessibile in modo che il volume del gas non vari (ossia che nel ramo sinistro della “U” il liquido rimanga a livello del riferimento).
Con l’utilizzo dell’espressione 6 calcoliamo il nuovo valore P della pressione del gas, e da questo si può risalire alla temperatura del nuovo sistema grazie alla relazione
Osservando il comportamento della
pressione, a volume costante, di gas differenti su un piano cartesiano (p,T),
si può notare che tutte le rette che descrivono i diversi gas, se prolungate
verso le basse temperature, puntano asintoticamente ad un unico valore (Fig.5):
la pressione si annulla per T=0K (= -273.15 °C).
Fig.5– Pressione di un gas a volume costante al
variare di T
Anche da qui si vede, in maniera meno rigorosa che sfruttando i tre
principi della termodinamicama, ma concettualmente più semplice, come lo zero
assoluto sia una situazione fisica irraggiungibile: è assurdo pensare di poter
annullare la pressione di un gas, sarebbe come dire che il gas non c’è pur
essendoci.
Un altro problema che riguarda il termometro a volume costante è che
sperimentalmente si nota che usando gas diversi si hanno misure diverse di
temperatura, anche se le differenze sono piccole.
Si nota inoltre che se si diminuisce la quantità di gas nel recipiente, e
quindi la sua pressione, l’errore tende a svanire: tendendo la pressione a
zero, tutti i gas misurano la stessa temperatura.
Risulta allora più corretto riscrivere la formula 7 come
Fig.6 –
Grafico pressione-temperatura
2.
Seguendo sempre le leggi dei gas perfetti si può usare questo stesso
dispositivo per calcolare la variazione di volume e mantenendo la pressione
costante: il livello del liquido stavolta dovrà essere mantenuto identico nei
due rami della “U”, in modo da avere pressione costante e si dovranno misurare
le variazioni di altezza (e quindi di volume) per poi utilizzare le equazioni
precedenti, avendo cura di sostituire la 8 con
Anche se concettualmente
questo termometro è identico all’altro, esso pone maggiori problemi
costruttivi, per cui si preferisce di solito usare il modello a volume
costante.
Elenchiamo ora i pregi e
i difetti del termometro a gas perfetto.
Pregi:
·
Grazie alla sua
stessa definizione è uno strumento
molto preciso, concettualmente si può pensare a precisione infinita, “rovinata”
solo da errori di misura e dalle piccole correzioni che si devono apportare per
vari effetti secondari (quali dilatazioni termiche non volute, gas nel tubicino
a temperatura diversa da quella che si vuol misurare ……)
·
copre un vasto campo
di temperatura dai –270°C (Usando l’Elio che liquefa appunto solo a 3K) ai
1700°C (oltre si hanno problemi col materiale col quale costruire il
contenitore del gas: nessun metallo resiste senza fondere oltre tale limite);
·
ha un costo limitato
in rapporto alla precisione fornita.
·
Per come è definito
misura DIRETTAMENTE la temperatura Kelvin; per questo è ottimo
per tarare gli altri strumenti e si può considerare un termometro campione
(primario).
Difetti:
·
è fondamentalmente
uno strumento da usi di laboratorio, non è né di pratico impiego, né di facile
trasportabilità.
·
è inadatto a
misurare temperature di corpi molto piccoli (perché è molto difficile costruire
un termometro a gas molto piccolo, che non perturbi i sistemi piccoli)
·
Nelle versioni molto
precise diviene quasi inutilizzabile se le misure devono essere eseguite su
sistemi in moto: anche le minime accelerazioni perturbano di molto il livello
del liquido.
(III) Termometro a liquido
Fig.7
– Termometro a liquido
I termometri a solido (Fig.8) sono costituiti da una striscia di metallo con coefficiente di dilatazione termica elevato, solitamente saldate insieme in forma di spirale per ottenere maggior lunghezza in minor spazio: la dilatazione del metallo, al variare della temperatura, provoca un allungamento o un accorciamento del sistema che è collegato ad un indice rotante su una scala graduata, la quale segna la temperatura.
Questi termometri vengono impiegati in forni o stufe per dare una idea approssimativa della temperatura raggiunta.
Si ha a disposizione anche una versione differente di termometri a solido, basata su due metalli a coefficiente di dilatazione termica diversi.
Qui si sfrutta il fatto che, se la temperatura aumenta, il metallo con coefficiente maggiore tende a incurvare la lamina con la convessità dalla sua parte, e viceversa se la temperatura diminuisce.
Questi sono di solito usati come interruttori di circuiti elettrici (la lamina incurvandosi apre il circuito o lo chiude) di scaldabagni, stufe elettriche, etc.
Entrambi i tipi sono strumenti solitamente molto grossolani, inadatti a misure di precisione.
Pregi:
· Il costo è minimo.
· L’utilizzo è semplicissimo.
Difetti:
· La precisione e l’accuratezza sono piuttosto scarse, tanto che si può sbagliare anche di 5-10°C
Lo strumento è essenzialmente formato
da un filo metallico molto sottile e lungo (per mettere meglio in evidenza il DT), avvolto intorno a un piccolo cilindro di porcellana e racchiuso dentro
una guaina isolante.
Il filo che funge da
sostanza termometrica è collegato con un apposito circuito elettrico (Fig.11),
opportunamente schermato da campi elettromagnetici, realizzato in modo da
fornire con la massima precisione la misura della resistenza del filo.
Per questo tipo di
strumenti si hanno a disposizione anche tabelle molto dettagliate di correzione
della non linearità, in modo da migliorare al massimo l’accuratezza dello
strumento.
Le termoresistenze si classificano con sigle
indicanti il materiale usato e la loro resistenza a 0°C.
Le più utilizzate sono le
Pt-100 (termoresistenze al platino da 100W).
Fig.11 – Circuito elettrico
Pregi:
·
E’ uno strumento che
non ha bisogno di tarature continue se la resistenza è ben isolata
dall’esterno.
·
E’ sempre preciso e
piuttosto accurato, ha un’uscita elettrica, è facilmente interfacciabile a
computer, fatto che lo rende adatto a controlli automatici, per questo motivo è
particolarmente raccomandato per misure industriali di precisione.
·
Può svolgere misure
in un campo vasto compreso fra i –200°C e +1000°C e.
·
Si presta molto bene
a utilizzi a distanza (con controlli remoti).
Difetti:
·
Può essere piuttosto
costoso (cifre dell’ordine di qualche milione a esemplare);
·
Non è adatto a
misure di temperatura di corpi molto piccoli, in quanto non è facilmente
miniaturizzabile.
Questo tipo di termometro
sfrutta il principio fisico di formazione di una f.e.m. al contatto tra due
materiali diversi fra due giunzioni tenute a temperatura differente.
Poichè la f.e.m. indotta
dipende dalla temperatura secondo una precisa (ma piuttosto complessa)
relazione, si può sfruttare questa caratteristica per misurare la temperatura.
Ponendo allora a contatto
due fili metallici di materiali differenti, e mantenendo le saldature a due
differenti temperature, il sistema origina una forza elettromotrice dell’ordine
di alcuni millivolt che provoca un passaggio di corrente nel circuito,
misurabile con apparecchiature sofisticate.
Per avere una corretta taratura si mette un giunto in un ambiente a temperatura nota (ad esempio in un bagno termostatico di acqua-ghiaccio a 0°C) e l’altro nell’ambiente da misurare, la temperatura incognita può essere dedotta mediante misure di forza elettromotrice. (Fig.12).
Fig.12 – Schema diprincipio di una termocoppia
In figura 12 si vede come
i nodi sono a due temperature t1 e t2 diverse, e i
metalli A e B sono anch’essi differenti.
Nel circuito è inserito
un misuratore di corrente, dal quale si risale alla tensione. Da notare che è
preferibile misurare direttamente la d.d.p. tra le due giunture.
In figura 13 diamo invece
uno schema più simile al vero utilizzo di termocoppia.
Fig.13 – Schema di Termocoppia più realistica
Nella realizzazione di
una termocoppia si possono usare numerose combinazioni di metalli e di leghe,
le più tipiche sono le coppie:
Ø
Rame-costantana (una
lega di nichel e rame), utilizzate principalmente per misure di temperature da
–200°C a circa 400°C.
Ø
Platino-platino e
rodio, utilizzate per temperature piuttosto alte fino ad un massimo di circa
1500°C.
Ø
Ferro-costantana,
utilizzate soprattutto da 0°C a circa 800°C.
Ø
Tungsteno-tungsteno
e rodio, o anche iridio-iridio e rutenio, utilizzate per temperature intorno ai
2000°C.
Pregi:
·
Sono strumenti di
dimensioni ridotte, la loro piccola inerzia termica li rende particolarmente
adatti a misure in sistemi molto piccoli.
·
Hanno un’accuratezza
elevata, circa 0.1°C.
Difetti:
·
Sono poco precisi: con la coppia rame-constantana
si misura una forza elettromotrice di 0,42mV/°C, quindi un valore piccolo,
difficile da misurare, che risente con molta facilità di disturbi esterni
(rumore), difficili da schermare.
·
Non sono in genere
trasportabili con facilità.
(VII) Termistore
Questo tipo di termometro
è molto comodo da utilizzare, visualizza il risultato della misura direttamente
su un display.
Si basa sul fatto che il
guadagno di un transistor varia in maniera
fortemente non lineare al variare della temperatura (vedi Fig. 14).
Fig.14 – Caratteristica del guadagno di un
transistor
Il display è a tre cifre,
o tre e mezzo, con un filo collegato ad una bacchetta che è il trasduttore del
termistore: un circuito elettronico collegato al transistor provvede a
trasformare direttamente i dati di voltaggio e corrente in misura di
temperatura, effettuando tutte le elaborazioni del segnale del caso.
In questo tipo di
termometro si sfrutta solo una parte della curva G-T, quella con pendenza
maggiore, in cui cioè a forti variazioni di G corrispondono piccole variazioni
di T: questo permette di apprezzare facilmente variazioni di temperatura molto
piccole (per questo il display è a tre cifre, ossia misura variazioni di
0.001°C).
All’interno di questa fascia di
temperature il Termistore è il più preciso e accurato termometro esistente.
Per dare un’idea delle possibilità di
questo strumento descriviamo una applicazione in cui può esser usato: la misura
del grado di annacquamento del latte.
Il punto di congelamento del latte,
infatti, varia col grado di annacquamento.
La variazione è minima, ma misurabile
con un termistore, e, poiché la temperatura del “plateau” (punto di
congelamento) resta pressochè costante fino a completo congelamento, si può
determinare se il latte è stato eccessivamente annacquato confrontando la
temperatura osservata nella zona di “plateau” con quella di –0.52°C,
temperatura a cui solidifica il latte puro (Fig. 15).
La temperatura di congelamento si alza
proporzionalmente al grado di annacquamento dell’acqua.
La precisione richiesta e raggiunta,
del termistore in questa misurazione è di circa 0.0005°C.
Fig.15 – Misura dell’annacquamento
del latte
Pregi:
·
Grande precisone e
accuratezza.
·
La facilità di
impiego è notevole, basta leggere un display.
·
Le sue dimensioni
sono notevolmente ridotte.
·
Si può trasportare
con facilità.
Difetti:
·
Il costo è
particolarmente alto, anche se le prestazioni ripagano tale costo ( il rapporto
qualità-prezzo è generalmente migliore rispetto agli altri termometri).
·
Deve essere ritarato
spesso.
·
Il range di misure
per ogni particolare termistore è molto ridotto.
(VIII) Pirometro Ottico
Fig.16 - Pirometro ottico a filamento evanescente.
(IX) Termografia
Ogni corpo portato a
temperatura sufficientemente elevata emette radiazione elettromagnetica con
intensità alle varie frequenze dipendente dalla temperatura.
L’ intensità teorica
prevista per il cosiddetto “corpo nero” (idealizzazione di un corpo reale) è
legata alla temperatura dalla legge
dove s0 è la costante di Stefan e vale
Ovviamente la formula 12
è valida in prima approssimazione per i corpi reali, per i quali deve essere
così corretta
con n frequenza dell’onda emessa
dove purtroppo A(n) è un coefficiente variabile con la frequenza in maniera complessa,
differente da corpo a corpo, variabile anche a seconda dell’angolo sotto cui
viene visto il corpo.
In figura 17 è portato
l’esempio di spettro di emissione della stella Vega, nella costellazione della
Lira (il tratto irregolare), con a confronto due curve teoriche della
radiazione di un corpo nero (a 9500K e a 15000K)
Fig.17- Spettro emesso dalla stella Vega
Con strumenti opportuni si misurano le intensità luminose emesse dal corpo di cui si vuole misurare la temperatura, possibilmente in più intervalli, in modo da mediare gli errori e si tenta di risalire, grazie alla formula 12, alla temperatura del corpo.
Questo è ovviamente un metodo poco preciso, anche se è una miglioria del pirometro ottico (se non altro perché T dipende da due grandezze oggettivamente misurabili, I e n), e che richiede una grossa quantità di calcoli, ma in teoria funziona per qualsiasi temperatura e senza necessità di entrare a contatto col corpo da misurare.
Pregi:
· Funziona a qualsiasi temperatura, l’unico limite è tecnologico, ossia si deve avere la possibilità di misurare l’intensità luminosa a particolari frequenze.
· Non serve essere a contatto col sistema, così si può effettuare la misura a distanza (per esempio la stella della Fig. 17 la cui temperatura è stimata T=12000K), e si può evitare di perturbare il sistema di misura.
Difetti
· Il sistema di misura è di solito molto costoso.
· Si richiede una quantità di correzioni molto grande (quindi grande mole di calcoli) per un risultato che rimane comunque approssimativo.
· In alcuni casi si può sbagliare completamente la misura (se si sbagliano le ipotesi sotto le quali “correggere” i dati in ingresso).